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Come conservare la tua collezione guardando al modello PNRR

del

Credo sia più di un anno che sentiamo citare il – ormai celebre – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il PNRR. E credo anche che nessuno di noi abbia capito come questo epocale momento storico-politico-finanziario possa realmente influire sulla nostra vita e come potrà aiutarci nelle piccole cose di tutti i giorni.

Lasciando da parte piani attuativi e decreti che, ovviamente spero, possano supportare lo sviluppo culturale e incrementare l’interesse nei confronti del nostro Patrimonio, ciò che mi incuriosisce è capire come analizzando un modello di grande scala come è il PNRR si possano trovare soluzioni da applicare ai contesti quotidiani.

In sostanza: se il Ministero prevede di migliorare la conservazione e la fruizione del Patrimonio culturale pubblico attraverso un imponente piano di digitalizzazione, come un piccolo/medio collezionista può replicare – in maniera sostenibile – lo stesso progetto virtuoso e implementare così la gestione del suo patrimonio personale?

Può apparire provocatorio, ma assicuro ogni lettore che non lo è affatto.

Consultando il sito web PNRR Cultura si possono individuare molte parole chiave: innovazione, competitività, sostenibilità, sicurezza. Sopra fra tutte la digitalizzazione. Sì perché accanto al PNRR, il Ministero della Cultura sta lavorando a un nuovo Piano Nazionale, quello di digitalizzazione. Anche conosciuto come PND. L’obiettivo è proprio quello di progettare, sviluppare e costruire una nuova infrastruttura tecnologica che permetta un accesso più facile e immediato alla gestione e alla fruizione culturale.

Si stima che entro la fine del 2025 dovranno essere digitalizzate ben 65 milioni di risorse. E proprio da questo approccio 4.0 vorrei far partire la mia analisi.

La logica con cui verranno scritti (o forse sono già stati scritti) i bandi per partecipare a questa – possiamo chiamarla – rivoluzione ruota intorno all’idea di un approccio integrato alla gestione del patrimonio, che includa molti aspetti sociali e culturali.

Alla stessa maniera credo potrebbe cominciare a ragionare il collezionista privato che, senza poter accedere per la sua collezione a importanti finanziamenti, può però guardare verso quell’idea di management integrato.

Direi che, per semplificare, si potrebbe partire dal digitale.

E cosa significa? Senza farsi spaventare da paroloni come processo di digitalizzazione, si potrebbero sperimentare alcune piccole incursioni nel mondo digitale iniziando a organizzare la catalogazione della propria collezione con un sistema digitale. E cioè? Trasferire faldoni, scansionare autentiche cartacee e anche smembrare complicati fogli Excel con l’obiettivo di riorganizzare tutto all’interno di un unico sistema, magari web.

Questo assicurerebbe una migliore accessibilità alle informazioni che ogni collezionista possiede intorno e riguardo le sue opere. E se ci si ferma a riflettere, è esattamente ciò che il PNRR richiede di fare ai musei e alle Istituzioni per velocizzare le operazioni di ricerca o di valorizzazione del nostro immenso patrimonio nazionale

Inoltre, questa attività di catalogazione in digitale semplificherebbe di molto un eventuale passaggio di eredità della collezione. Colmerebbe un gap generazionale, permettendo a un padre di raccontare la sua collezione a un figlio (anche in termini economici). Allo stesso modo, il PNRR richiede di fare tra addetti ai lavori e pubblico allargato di visitatori.

Un patrimonio più fruibile, d’atra parte, è un patrimonio meno soggetto al deterioramento fisico perché è monitorato, conosciuto e mai dimenticato. E se questo vale per le opere conservate nelle sale museali e nei depositi statali, perché non dovrebbe valere per gli oggetti di una collezione anche più piccola? Infatti! Proprio lo stesso principio si può applicare a una collezione privata, che senza un reale sistema di documentazione che la supporta fa più fatica ad essere conservata e valorizzata correttamente.

Proprio seguendo il modello del PNRR, quindi, ogni collezionista potrebbe creare la sua infrastruttura digitale privata, mettendosi a disposizione uno strumento innovativo per prendersi cura al meglio della sua collezione.

Francesca Gasparetto
Francesca Gasparetto
Restauratrice-conservatrice di formazione con una passione per il data management e la documentazione digitale delle collezioni d'arte. E’ autrice di diverse pubblicazioni scientifiche sul tema della documentazione per la conservazione del Patrimonio. Collabora con l’Università degli Studi di Urbino nell'ambito di progetti internazionali sul tema della conservazione del Patrimonio e tiene un corso sulla documentazione digitale. E’ co-fondatrice della start-up arturo, società che si occupa di conservazione e documentazione delle collezioni d’arte.
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