Al recente festival della canzone di Sanremo tanto si è parlato meno di musica quanto più della direttrice di orchestra che non ha problemi a farsi chiamare direttore. Questioni di genere, di parole e di declinazioni.
Se sono davvero le parole a descrivere il mondo, a disvelarlo e a condurci alla sua comprensione, anche quella del conservatore e della conservatrice rimane una questione aperta. Non una questione di genere, ma di fronte alle evoluzioni che ci sono state all’interno del settore negli ultimi almeno venti anni, la questione vera è una questione di senso.
Non più solo restauro, archivio e musealizzazione. Oggi il conservatore e la conservatrice hanno nuove sfide che si aggiungono a quelle di sempre. Si confermano solidi i cardini sui quali i conservatori si basano e che mettono insieme le migliori conoscenze, l’etica professionale e principi di conservazione.
Il più importante tra tutti Primum non nocere (“Primo non nuocere”) che invoca l’analogia della cura dei beni culturali e della medicina. E subito a seguire l’impiego delle migliori conoscenze e i migliori standard ottenibili con il minimo intervento necessario. Meglio ancora se reversibile e riconoscibile.
Resta il ruolo centrale della documentazione e dell’archivio ai fini di tutela e conservazione. Infine, la musealizzazione permanente e temporanea, con e sue opportunità di studio e divulgazione. Ma il mondo sta cambiando e con esso il nostro modo di pensare alle cure e al ruolo dell’arte.
Always keep an open mind è la felice traduzione di questa evoluzione. Incarna le note più evidenti della mutazione: la propensione all’approccio dialogico, alla negoziazione, alla condivisione e alla comunicazione.
Il nuovo conservatore e la nuova conservatrice, infatti, hanno una formazione spesso diversa da quella tradizionale e spesso è una formazione trasversale su più ambiti. Una forte disponibilità all’apertura e al confronto con tutti gli stakeholders: dai tecnici, agli artisti, ai comunicatori, ai social media manager e ai fruitori sempre più eterogenei.
Le sue mansioni riguardano come sempre l’intera vita dell’opera dalla preacquisizione, ai contatti con artisti o con i famigliari o con i collezionisti o altre istituzioni. La sicurezza e il mantenimento. La gestione delle opere nelle collezioni, documentazione e ricerca.
Ma la comunicazione, divulgazione, valorizzazione, condivisione e tutti quei processi che portano alla presa in carico della consapevolezza del ruolo sociale che hanno l’arte ed i luoghi della cultura stanno diventando un settore fondamentale.
Abbiamo già toccato l’importanza della comunicazione e dell’approccio dialogico nella conservazione negli articoli “Il restauro nell’arte contemporanea? È dialogo.” Clarenza Catullo, registrar al MART, ci racconta quanto l’#approcciodialogico sia necessario per la scienza della conservazione dei beni culturali e in Quando al Kröller-Müller Museum acquistarono un’idea e come decisero di conservarla. Ovvero, di come permettere ad un’installazione di un’opera variabile e deperibile di arte concettuale di sopravvivere nel tempo.
Infatti, soprattutto oggi, il museo oltre alle sue funzioni tradizionali ha un rinnovato ruolo politico e sociale. Un ruolo che lo fa stare al centro delle dinamiche della comunicazione tra micro e macro-realtà del tessuto sociale sia di prossimità, sia dall’altra parte del mondo. Può essere un legante tra pubblico e privato, partecipare allo sviluppo sostenibile, ed esercitare queste funzioni attraverso lo studio e la ricerca, la condivisione e la partecipazione.
Dell’importanza della comunicazione, delle sue nuove possibilità, della freschezza e velocità nel raggiungere registri diversi ne abbiam parlato già su A un passo da Rembrandt: l’operazione Night Watch e l’arte di conservare.
Ma rimaniamo in Italia e vediamo altri esempi. Attrice attiva di questo nuovo modo di intendere i luoghi della cultura è la Reggia di Caserta che a inizio marzo è uscita con l’iniziativa La cultura si costruisce insieme: manifestazione d’interesse per le proposte di valorizzazione partecipata e di cui siam curiosi di seguire gli sviluppi.
Oppure gli Uffizi con il progetto intitolato Fabbriche di storia e realizzato tra il 2018 e il 2019 su impulso del direttore Eike Schmidt, del dipartimento Mediazione culturale del museo e di due curatrici esterne, Simona Bodo e Maria Grazia Panigada. Ancora di Simona Bodo e Maria Grazia Panigada con Silvia Mascheroni sempre dell’associazione Patrimonio di storie due analoghi cicli a Brera, curati insieme alle storiche dell’arte della pinacoteca Emanuela Daffra e Paola Strada, Brera: un’altra storia (2013) e Raccontamibrera (2014).
Restauro, documentazione, archiviazione, musealizzazione & comunicazione, condivisione, partecipazione. Primum non nocere & always keep an open mind. Un ruolo complesso quindi quello del conservatore e della conservatrice, complesso come quello di un direttore o … di una direttrice d’orchestra.