Chi si aggira tra aste e fiere con la voglia di fare un acquisto d’arte, magari il primo, spesso si trova schiacciato tra una sorta di soggezione e insicurezza instillate da un ambiente dove tutti sanno, o sembrano sapere, tutto e al contempo da un mare magnum di informazioni da dover carpire, distillare, assorbire, capire e meditare. Se non si ha a disposizione una somma ingente di denaro da poter investire, o una galleria di fiducia che corrisponde ai nostri interessi e che coltiva artisti affini ai nostri gusti, l’unica soluzione è davvero guardarsi in giro e iniziare a chiedere, senza troppi scrupoli: chiedere prezzi, chiedere spiegazioni tecniche, chiedere dati biografici, chiedere di esposizioni e mostre. Chiedere e non lasciarsi intimorire da risposte troppo mirabolanti.
L’arte non è un complemento d’arredo
Per prima cosa l’opera ci deve parlare e poi ci deve convincere tutto quello che ha intorno. È capitato anche a me, affascinata da un grande quadro in una vetrina che, devo ammetterlo, mi coinvolgeva principalmente per motivi estetici, di essere travolta, una volta informatami sul prezzo e l’autore, prima da una cifra assolutamente al di sopra delle mie aspettative e poi da informazioni sul pittore che difficilmente riuscivo a mandare a memoria. Avuto tempo in seguito di elaborare in maniera autonoma i dati ottenuti, vale a dire facendo un’estesa indagine su vari motori di ricerca, ho deciso che l’investimento non era per me: l’autore era poco conosciuto e si era mosso molto poco all’interno del sistema artistico contemporaneo che, per forza di cose, ti impone e propone, corsi, concorsi, residenze, esposizioni, biennali, premi etc. o per lo meno il dover avere un sito internet. Il quadro mi piaceva molto, ma alla fine tanta della fascinazione era legata al fatto che lo focalizzavo già appeso sopra il divano e devo dire la verità: la motivazione “elemento d’arredo” non dovrebbe rientrare tra le opzioni di chi si accinge a comprare un’opera d’arte; o, per meglio dire, secondo me un’opera d’arte deve mantenere la sua potenza al di là del luogo in cui è esposta.
Il fascino (in)discreto degli autori storici
Spesso rifugiarsi negli artisti storicizzati può dare maggiori garanzie; affidarsi a nomi già noti ci fa sentire più protetti e più inclini ad avere manica larga sui prezzi. Anche questo, però, spesso può trarci in inganno. Mi è capitato recentemente di condurre una lunga valutazione su alcuni quadri di Macchiaioli toscani, noti e meno noti, e di altri artisti italiani. Tra le varie “sorprese” che ho trovato due mi sembrano di valenza più universale: mai farsi ingannare da un nome conosciuto e mai credere che l’opera “tipica” di un artista sia garanzia di buon investimento.
Mi spiego meglio: capita che alcuni artisti nel corso degli anni subiscano dei rovesci di fortuna a livello di mercato apparentemente inspiegabili, ma di fatto duraturi ed irreversibili. In particolare i Macchiaioli, dall’essere stati associati, con le dovute cautele, agli Impressionisti francesi e ad aver tenuto banco nel mercato nazionale con quotazioni di tutto rispetto fino agli inizi degli anni Novanta, si ritrovano oggi ad essere un fenomeno quasi regionale, con presenze principalmente nelle aste toscane e con stime assolutamente accessibili anche per dipinti di dimensioni consistenti. E’ chiaro che nelle gallerie queste opere manterranno invece una quotazione più in linea con i fasti passati, per tutta una serie di garanzie e operazioni che la galleria stessa ha condotto intorno all’opera (studi specifici, prestiti per mostre etc.). Ma sperare che ciò che si acquista oggi all’asta a poco, possa riscattarsi in futuro in questo caso mi pare utopistico.
Riguardo alla mia seconda asserzione, ritengo che spesso il nostro ego sia gratificato nel riconoscere il soggetto tipico di un pittore o, se più allenato, il suo tratto tipico. Ma se una volta tale esercizio di valutazione era davvero indice di capacità critica, oggi certe caratteristiche sono così smaccate che anche i bambini sanno riconoscere i quadri o le sculture di uno stesso autore. Alcuni critici incitano i propri pupilli a scegliere un proprio marchio da inserire in ogni opera in modo da essere facilmente riconoscibili da ego che vogliano essere gratificati e che, associando quella sensazione di benessere a quell’opera, poi l’acquistino. Processo psicologico banale ma che alla distanza penalizza l’acquirente in quanto avere un oggetto uguale o molto simile a molti altri oggetti di fatto lo deprezza. E’ quello che è successo anche con le “tavolette” di dimensioni contenute con soggetti bucolici o di intimità domestica di molti Macchiaioli che, prodotte allora per soddisfare una richiesta modaiola, e rivendute poi nei tempi d’oro a prezzi notevoli, oggi girano sul mercato con stime sempre più basse.
Il luogo dove recuperare molte delle informazioni e i confronti che ci servono per queste valutazioni senza doversi affidare a un professionista per ogni curiosità è sempre il web. Nel prossimo appuntamento vi proporrò una serie di siti gratuiti e di riflessioni su come individuare, raccogliere e valutare informazioni tramite internet, sperando di dare qualche consiglio utile.