Usciamo per un attimo dalle gallerie d’arte per dare uno sguardo ai palinsesti degli spazi istituzionali dove, in queste settimane stanno aprendo alcuni appuntamenti che meritano, a mio avviso, attenzione. Tre quelle che abbiamo selezionato per voi, in altrettanti spazi poco frequentati dalla carovana dell’arte, ma che questo inverno diverranno cornice di tre storie molto particolari. Partiamo da Venezia, dove il 5 ottobre scorso ha aperto un’esposizione molto particolare: La Galleria del Cavallino. Vetrina e Officina (1966 – 2003).
Curata da Stefano Cecchetto e allestista negli spazi del Museo del Paesaggio di Torre di Mosto (Ve), la mostra, che rimarrà aperta fino a febbraio, è dedicata all’attività della Galleria del Cavallino dal 1966 fino alla sua definitiva chiusura nel 2003. Dopo la morte di Carlo Cardazzo (fondatore della galleria nel 1942) i due figli: Paolo e Gabriella, ne prendono in mano le redini e dal 1966 portano avanti un loro personale programma espositivo che apre alle nuove tendenze dell’arte contemporanea. Oltre ai grandi nomi ereditati dal padre: Campigli, Saetti, Tancredi, Morandis, Bacci, Deluigi e numerosi altri autori del Novecento italiano e internazionale; Paolo e Gabriella Cardazzo mirano alla scoperta di nuovi artisti e alla proposta dei differenti linguaggi dell’arte.
Sfilano dunque in galleria numerosi artisti tra i quali: Brian Eno; Marina Abramovic; Andy Wharol; David Hockney; Jim Dine; Ed Ruscha; David Procktor; Joe Tilson; e gli italiani: Giovanni Soccol; Paolo Patelli; Romano Perusini; Guido Sartorelli; Paolo Scheggi; Claudio Ambrosini; Michele Sambin; Pier Paolo Fassetta; Luciano Celli; Luigi Viola; Mauro Sambo; Maurizio Cosua e numerosi altri artisti che poi saranno identificati come una compagine riconoscibile sotto l’etichetta di: “Artisti del Cavallino”.
Inaugurata il 12 ottobre scorso e visitabile fino al 12 gennaio 2020, la mostra Picasso e la sua eredità nell’arte italiana ci apre, invece, le porta del Palazzo Salmatoris a Cherasco (CN) invitandoci a percorrere un intrigante percorso dedicato all’arte di Pablo Picasso e a tutti quegli autori che con le loro pitture e sculture, a partire dalla fine degli anni dieci del Novecento, periodo in cui per la prima volta Picasso ha soggiornato in Italia, hanno declinano un linguaggio in qualche modo riconducibile all’opera picassiana.
Di Picasso sono proposti dipinti, sculture in ceramica, disegni e opere grafiche prodotte in diversi momenti espressivi: dagli anni dieci sino agli anni settanta cercando di coprire un arco temporale vasto e variegato dal punto di vista della creatività. Ogni composizione contiene idee, pensieri e, soprattutto, innovazioni linguistiche ottenute utilizzando mezzi e materiali inediti (spregiudicati), a volte sconvolgenti considerato il periodo.
E’ nel gesto che Picasso imprime i suoi reconditi pensieri, le sue invenzioni, le sue passioni per chi si sofferma a guardare attentamente le sue opere. Durante il soggiorno romano vede le opere e incontra parecchi artisti italiani come Balla, Boccioni, Soffici, Carrà e Depero; ma quello che lo colpisce maggiormente è la vista delle pitture antiche, le sculture classiche e le opere dei geni passati che lo esaltano al punto che ne riproduce alcune. La medesima esaltazione provano gli artisti italiani dinanzi ai suoi lavori, soprattutto quelli cubisti, un linguaggio nuovo e moderno affine al futurismo italiano.
Parecchi sono gli autori presentati in mostra che producono opere d’ispirazione chiaramente picassiana in cui il realismo si fonde con un nuovo modo di leggere e interpretare la realtà attribuendo una forte valenza simbolica a ciò che dipingono.
Una seconda parte della rassegna è dedicata all’opera ceramica di Picasso e dell’incontro avvenuto con Tullio di Albisola andato a trovarlo con lo scopo di dimostrare che in Italia, già molti anni prima della sua esperienza con l’argilla, artisti e movimenti artistici di chiara fama come il Secondo Futurismo, Martini, Fontana, Melotti, Scanavino avevano realizzato sculture colorate determinando il passaggio della ceramica da Arte Decorativa a Opera d’Arte, molti anni prima dell’esperienza picassiana a Vallauris. La mostra si compone di un centinaio di opere provenienti da collezioni pubbliche e collezioni private italiane ed è corredata da un catalogo che contiene i testi dei curatori e la riproduzione a colori di tutte le opere esposte.
Guardando ai prossimi mesi e alla luce del rinato interesse per quella che è stata una delle correnti di pittura più affascinanti degli anni Venti, il “Realismo Magico”, in cui la visione della realtà è immersa in un’atmosfera di meraviglia e di attesa, ci piace segnalare, infine, la mostra Ritratto di donna. Il sogno degli anni Venti e lo sguardo di Ubaldo Oppi che aprirà il 6 dicembre prossimo nella Basilica palladiana di Vicenza.
L’amicizia femminile, il sogno, il doppio riflesso nello specchio, il rapporto tra il pittore e la modella, donne fiere al punto da divenire feline, la nostalgia di paradisi perduti, ma anche la crudezza della realtà, sono i temi centrali della mostra. Dipinti meravigliosi, abiti bellissimi, gioielli, sogni di esotismo, desideri di viaggi e amori pervadono lo spazio espositivo, in dialogo bellissimo con l’architettura della basilica palladiana. L’effetto sarà magico, rievocando quegli Anni Venti in cui, come scrisse la prima critica d’arte donna, la potente Margherita Sarfatti, “la pittura appare tra tutte l’arte magica per eccellenza”.
Ubaldo Oppi è stato un protagonista assoluto di quegli anni, uno degli artisti più famosi tra l’Europa e gli Stati Uniti: a Parigi conosce Modigliani allo sbando, ha un flirt con la modella Fernande Olivier, che lascia Picasso per fuggire con lui, viene rapito dai colori intensi e dalle pennellate fauves di Kees van Dongen, dai segni sinuosi di Matisse. Negli anni Venti crea affascinanti ritratti di donne, dalle Amiche all’amata moglie Delhy, che vengono acquistate in collezioni favolose. Dalla Biennale di Venezia al Salon d’Automne di Parigi, dal prestigioso Premio Carnegie a Pittsburgh alla Mostra della Secessione nel Glaspalast di Monaco di Baviera, è conteso da curatori e intellettuali.
Assieme a lui si muovono nel panorama più avvincente dell’arte protagonisti, tra gli altri, quali Felice Casorati, Mario Sironi, Antonio Donghi, Cagnaccio di San Pietro, Achille Funi, Piero Marussig, Mario Cavaglieri, Guido Cadorin, Massimo Campigli. Tutti presenti nella mostra vicentina.