Ed eccoci arrivati all’ultimo appuntamento dell’anno dedicato alle mostre d’arte organizzate dalle nostre migliori gallerie. Iniziamo questo numero “natalizio” con la prima personale italiana dell’artista sudafricana Katharien De Villiers che, a partire dal 16 dicembre, sarà protagonista negli spazi della Galleria Osart di Milano con la mostra Echo Me / Here I am / Ecco Mi.
La mostra, a partire dal titolo, è l’affermazione di una presenza fisica e il segnale di un’eco da un emisfero all’altro, di un messaggio che si riverbera. Il messaggio di Katharien attraversa il tempo e lo spazio con una moltitudine di riferimenti, oggetti del passato che rimodulano la percezione del presente, immagini da mondi distanti che coesistono all’interno di opere polimateriche, in cui pittura e scultura si fondono.
Uno dei dispositivi a cui fanno riferimento tutte le opere in mostra è quello del diorama che un tempo aveva lo scopo di mostrare gli animali nel loro habitat (oppure di illustrare la vita dei nostri antenati), ma spesso, attraverso l’unione di realtà e finzione, finiva per raccontare più che altro il rapporto difficile dell’uomo con le sue radici e con la natura.
Allo stesso modo le opere in mostra sono in grado di attraversare il tempo, seguendo l’esempio paradossale dei diorami. L’ambientazione agisce sui soggetti, si sovrappone a essi, li camuffa e li trasforma e nelle opere di Katharien De Villiers si colgono visioni di una realtà stralunata, ironica, colorata. Messe in scena paradossali del quotidiano, in cui trovano spazio numerosi collage, frammenti di esperienze e ricordi suoi e altrui, oggetti prelevati dalla realtà e inclusi nella rappresentazione.
Sempre nell’ambito delle novità, interessante la proposta della Galleria Renata Fabbri di Milano che, fino al 29 gennaio, ospita Malammore, prima personale in Italia dell’artista francese Matthieu Haberard. In mostra una serie di opere inedite – fra le quali una nuova produzione di lavori scultorei e pittorici – contraddistinte da una dimensione scenografica ed installativa.
Traendo ispirazione dall’universo delle merci e, in modo particolare, dal mondo dei giocattoli per bambini, la pratica artistica di Matthieu Haberard indaga la soglia tra l’infanzia e l’età adulta attraverso uno sguardo ludico e sarcastico.
Haberard dà così vita a sculture fantasmagoriche, bizzarre e a tratti grottesche, realizzate artigianalmente con materiali semplici. Apparentemente a riposo, queste si nutrono dell’immaginario mistico e cavalleresco del Medioevo, rievocando simboli ed iconografie che la cultura occidentale sembra avere ormai dimenticato.
Sfidando i limiti della nostra immaginazione, esse ci ricordano del labile confine che sussiste fra il gioco e la violenza, l’innocenza e la malizia, il desiderio infantile e la disillusione che inevitabilmente incombe con la maturità.
Novità interessante anche per un’altra milanese: la Galleria Raffaella Cortese che festeggia 25 anni di attività con Al di là del vetro, prima personale italiana dell’artista albanese Edi Hila che per l’occasione presenta un progetto in cui ogni dipinto è site-specific, indissolubilmente legato all’architettura – tanto dello spazio espositivo quanto dei luoghi ritratti – e agli oggetti che li abitano, nonché all’atto fotografico che è all’origine di ogni opera.
L’idea di spostamento è il fil rouge che lega molte delle opere qui esposte. Hila, subito dopo l’ultimo lockdown italiano del 2021, ha visitato gli spazi espositivi a Milano per poi iniziare a concepire l’esposizione da casa a Tirana, dove ha ricostruito, con una maquette, la sede della galleria. ‘Traslocata’ dall’Italia in Albania in modo mentale e quasi ‘fisico’, seppur in scala, la galleria ha smesso di essere solo spazio espositivo diventando un dispositivo di pensiero.
Aperta fino al 29 gennaio anche la mostra Itinerario n.1: dialogo fra generazioni ottico-cinetiche con cui la galleria Valmore studio d’arte di Vicenza apre le celebrazioni per i suoi 26 anni di attività. Celebrazioni che non potevano che iniziare con un focus la ricerca ottico-cinetica.
La riproposizione, dopo anni di silenzio, di questi movimenti degli anni ’60 attivi soprattutto in Europa, ma consacrati al MoMA di New York nel 1965, hanno reso Valmore studio d’arte un affidabile riferimento internazionale.
La mostra vicentina, che comprende una trentina di opere, dà l’opportunità di rivederne alcune di grande dimensione mai più esposte al pubblico dopo il prestito ad importanti mostre istituzionali nei primi anni 2000.
Ma questo primo itinerario attraverso la storia di Valmore studio d’arte intende anche far dialogare opere realizzate in periodi diversi, da differenti generazioni di artisti, provenienti da diversi paesi dell’Europa e dall’America Latina.
Le opere esposte portano la firma di: Edoer Agostini, Bardula, Enrique Careaga, Emilio Cavallini, Antonio D’Agostino, Horacio Garcia Rossi, Gruppo MID, Julio Le Parc, Manfredo Massironi, Marcello Morandini, François Morellet, Dario Perez Flores, Paolo Scirpa, Joël Stein e Jacques Toussaint.
Boccanera Gallery Trento presenta, fino al 4 febbraio 2022, la ricerca di Veronica de Giovanelli con il progetto Andvake che racconta, in particolare, l’esperienza di residenza-studio trascorsa recentemente dall’artista in Norvegia presso NKD – Nordic Artists’ Centre Dale.
L’immensità e la drammaticità del paesaggio nordico, la sua tensione nel punto di incontro tra terra e acqua e l’asperità della roccia sono alcuni dei principali soggetti delle opere esposte.
Nello spazio della galleria, tele di grande formato si alternano a dipinti di piccolo formato e piccoli frammenti di carte e collage che fanno pensare ad una natura irraggiungibile, a volte, invisibile ma letta ed evocata, nelle sue particolarità, attraverso una sorta di lente di ingrandimento.
Veronica de Giovanelli racconta di una natura stratificata e quasi immateriale nella diluizione delle sue forme. Ricostruisce una geologia fatta di sedimentazioni, esplosioni vulcaniche e di erosioni. E, come lei stessa racconta: “Il punto di partenza di ogni dipinto può essere molto diverso: fotografie scattate o trovate, antiche mappe geologiche, rocce viste al microscopio, poesie e racconti”.
Le opere di nove artisti sono protagoniste della mostra Paesaggi personali, a cura di Serena Becagli, che si inaugura domani, domenica 5 dicembre, alla Galleria ME Vannucci di Pistoia che offre al visitatore una pluralità di punti di vista e inquadrature, di riflessioni e stati d’animo. Ogni opera è un posto dove non siamo mai stati, un sentimento che non abbiamo ancora provato.
Il tema del paesaggio è un tema infinito, che ci parla dell’incontro di natura e cultura, dello stratificarsi di gesti, scelte, tradizione e innovazione. L’opera d’arte può diventare, così, quel dispositivo trasformatore che ci fa compiere un passo indietro e che ci fa introdurre volontariamente una distanza con il mondo esterno, per vederlo e sentirlo in modo nuovo.
Gli artisti Antonello Ghezzi, Sergia Avveduti, Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, Luca Caccioni, Fabrizio Corneli, Marco Degl’Innocenti, Lori Lako, Erika Pellicci e Sandra Tomboloni, con i loro lavori, affrontano in modo conviviale alcuni aspetti della sua rappresentazione, del sogno, della ricostruzione del paesaggio, della riflessione sul cosmo e su quello che ci sta intorno.
Spostandoci a Roma, fino al 29 gennaio 2022, la Galleria Francesca Antonini Arte Contemporanea presenta la seconda personale dell’artista Sabrina Casadei (Roma, 1985) dal titolo Tessere l’invisibile.
Una riflessione sulla genesi dell’immagine, tradotta da una serie di opere pittoriche inedite connesse tra loro da un vero e proprio filo, sottile e corporeo, teso per enfatizzare un reticolo narrativo fatto di rimandi simbolici e concettuali. Talvolta esplicitati, talvolta taciuti, ma manifestamente inseparabili.
Come in un tessuto, dove trama e ordito insistono ostinatamente nella loro ripetizione e variazione modulare per raggiungere un’unità più ambiziosa, così l’esposizione, in maniera più universale, insiste sulla reiterazione di alcuni moduli estetici. Presenti, questi ultimi, nella natura delle cose.
Ripetibili, ma inevitabilmente sempre differenti tra loro. Per l’artista una chiara metafora delle molteplici diversità del mondo e dei suoi labirintici imprevisti, anch’essi tuttavia parti indissolubili di un obiettivo armonico più complesso.
Arriviamo così a Napoli dove, ormai da qualche settimana, negli spazi della Galleria Lia Rumma è visitabile Dribbling, la bella personale di Paolo Icaro dove viene presentata una serie di lavori storici degli anni Sessanta, allestiti in galleria come in un campo da gioco a squadra, dove il visitatore potrà “dribblare” (da qui il titolo della personale) con lo spazio (quello della galleria e delle opere) e con il tempo (un continuo presente).
Opere, quelle selezionate dallo stesso artista, che hanno come protagonista non l’oggetto, ma il visitatore stesso e rimandano temporalmente alla rassegna Arte Povera + Azioni Povere, curata da Germano Celant e promossa e organizzata da Marcello Rumma presso gli Arsenali di Amalfi nell’ottobre del 1968 e che segnano l’inizio dei suoi rapporti con Lia Rumma.