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Dino Zoli e l’impresa del collezionismo

del

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Amante della bellezza e collezionista da tutta la sua vita, anche prima di rendersene conto: questa la definizione che Dino Zoli, imprenditore di successo del settore tessile emiliano-romagnolo, mi ha dato di sé qualche mese fa durante una chiacchierata nella sede della sua Fondazione a Forlì.

Per chi ancora non conoscesse la collezione curata dalla Fondazione Dino Zoli, credo ci siano ben poche parole per descrivere l’ambizioso progetto che riflette in ogni sua opera il carisma di un imprenditore d’altri tempi.

Dai viaggi, dagli incontri, dai sogni di chi vuole mandare un messaggio preciso al territorio in cui si installa nasce la voglia di raccogliere opere d’arte, organizzare manifestazioni ed eventi importanti. Parola d’ordine: restituire cultura, bellezza a chi ha saputo accogliere la mia impresa in crescita.

Una sorta di casualità lungimirante e illuminata, tipica di chi ha un istinto imprenditoriale e capace di intuire le occasioni, Dino Zoli è diventato così il grande collezionista che è oggi. Nel suo racconto non mancano i confronti con gli amici che lo hanno consigliato e, soprattutto, la fiducia riposta negli artisti che hanno avuto la capacità di fargli vedere l’arte da un’altra prospettiva, sentimentale e distante dal mondo del business a cui era stato abituato durante tutta la sua vita.

Collezionare come ha fatto Dino Zoli nella sua intensa vita e carriera professionale credo sia l’obiettivo di molti dei lettori di Collezione da Tiffany. Dino Zoli pensa all’arte come uno strumento di comunicazione per parlare di come fare l’imprenditore dentro la società di appartenenza.

Allora forse vale la pena di fare come Dino, lasciare carta bianca a tutti gli artisti con cui ci si confronta, essere aperti a questo flusso creativo. Collaborare con gli artisti, scambiare idee e progetti. Se il risultato è quello che si può apprezzare tra le sale della Fondazione di Forlì, allora possiamo dire che è un gran successo.

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