Dopo le difficoltà dello scorso anno, il 2021, per le gallerie statunitensi potrebbe registrare un’importante inversione di rotta. La nuova indagine sull’impatto del COVID-19 nel mondo delle gallerie d’arte condotta dall’Art Dealers Association of America (ADAA) ci mostra, infatti, i segnali di una prima possibile ripresa.
Se il 70% delle gallerie intervistate infatti, ha dichiarato un generale calo delle entrate per il 2020 e un livello di occupazione al di sotto dei livelli pre-pandemia. Allo stesso tempo, i risultati dell’indagine indicano importanti segni di resilienza, con previsioni positive per il resto dell’anno.
La maggioranza dei rispondenti che hanno specificato come la svolta digitale e i programmi federali di assistenza abbiano sostenuto le gellerie d’arte durante le sfide del 2020.
Non a caso, anche se quasi il 90% degli intervistati ha fatto domanda per un prestito del programma di protezione dello stipendio dalla Small Business Association, i tagli al personale durante il 2020 non sono stati così drastici come inizialmente si temeva, con il 78% dei rispondenti all’indagine di ADAA che ha dichiarato di non aver licenziato nessun dipendente e l‘84% che non è dovuto ricorrere ad alcun congedo dal lavoro.
Venendo alle prospettive per il futuro, il 65% dei galleristi che ha partecipato all’indagine ha confermato i propri piani di espansione sul fronte degli artisti rappresentati. Mentre il 76% ha detto di essere intenzionato a tornare in presenza nelle fiere. Tra questi ultimi, la maggioranza ha dichiarato che nel 2021 prenderà parte a fiere d’arte negli Stati Uniti oltre che ai maggiori eventi internazionali.
Infine, quando è stato chiesto ai galleristi di classificare le loro preoccupazioni principali per il futuro, gli intervistati
hanno indicato al primo posto, come era facile immaginare, il recupero delle perdite dovute all’impatto del COVID-19.
Entrando più nel dettaglio, però, sono emerse altre preoccupazioni, legate alle spese generali (in primis i costi di affitto); agli impatti operativi e amministrativi causati dalla possibile approvazione di una legislazione anti-riciclaggio e dalle complicate implicazioni dell’imposta sulle vendite derivanti dalla decisione presa dalla Corte Suprema nel 2018 nel caso Dakota del Sud Vs Wayfair.
Decisione che ha stabilito che ogni Stato può imporre alle aziende che non hanno sede sul suo territorio di pagare le tasse sui guadagni realizzati entro i propri confini, nel caso in cui questi derivino da un numero complessivo di oltre 200 transazioni o che ammontino a più di 100.000 $.