Dopo la collettiva New Works #1, per Giorgio Andreotta Calò (n. 1979), uno degli scultori italiani più innovativi della sua generazione, è arrivato il momento della prima personale londinese da Sprovieri in Heddon Street: La scultura lingua morta III. In programma fino al 25 aprile, la mostra ripropone i lavori creati dall’artista veneziano durante la sua residenza alla Monnaies de Paris. Una serie di opere che si basa sulla sperimentazione delle tecniche tradizionali della scultura in bronzo, ispirate al lavoro di Arturo Martini da cui, peraltro, deriva lo stesso titolo dell’esposizione, che riprende quello del volumetto pubblicato dal grande scultore nel 1945 e in cui teorizzò il declino della sua stessa arte in quanto incapace di relazionarsi con il mondo moderno. Una visione, quella di Martini, che diviene una sfida per Giorgio Andreotta Calò che a Londra, come già a Parigi, mette in scena una mostra che gravita attorno alla scultura, disciplina che l’artista ha sempre portato avanti parallelamente ad interventi site specific ed azioni performative.
L’approccio scultoreo del lavoro di Andreotta Calò è riscontrabile nella forma ultima che questi interventi ed azioni assumono. La scultura è la risultante di un processo entropico di trasformazione che, a partire dal gesto umano e naturale prolungato in un tempo ed uno spazio, si cristallizza in un oggetto che nella forma e nel materiale rappresenta l’ultimo stadio di modificazione della materia. Così la forma della clessidra sintetizza in forma assoluta la corrosione costante di un legno piantato nell’acqua, soggetto al movimento verticale della marea. Quel legno che, ricalcato e poi fuso in bronzo, si trasforma in materiale incorruttibile, quasi a sospendere e rivelare la fissità del tempo. Nelle clessidre due elementi speculari sovrapposti rimandano al riflesso dell’ acqua che coincide con l’ atto dell’artista di “riflettere”, o pensare, trasportandoci così dalla dimensione formale della scultura a quella concettuale.
Come le clessidre sono strumenti di misurazione del tempo, così i carotaggi eseguiti recentemente in laguna veneziana diventano attraversamenti dello stratificazione geologica della sua terra e rappresentano anch’essi la formalizzazione di una scansione temporale che l’artista dispone orizzontalmente nello spazio, eludendo la verticalità del tempo geologico per portarla ad una dimensione lineare e dilatata. Ma il carotaggio ha anche uno scopo pratico: reperire l’argilla da utilizzare nella lavorazione della ceramica. Quell’argilla super-consolidata ed estremamente compatta chiamata caranto (dal nome latino caris/sasso), che è letteralmente lo zoccolo duro su cui poggiano le fondamenta di Venezia, la sua colonna portante e semantica.
Questi carotaggi sono disposti all’interno di tubi di plastica che richiamano alla mente la forma della conchiglia e che sono allo stesso tempo involucri, gusci e calchi come quelli usati nel procedimento di fusione per ricavare dal negativo, il positivo del modello in cera della scultura in bronzo. Come negativi sono anche i grandi fogli di carta fotografica impressionata direttamente dalla luce.
Una volta sviluppati e fissati riportano l’impronta evanescente della natura, cespugli appena mossi dal vento che la carta non riesce a trattenere in un’ immagine chiara e definita, ma che rimandano anch’essi alla dimensione onirica del sogno. Un’immagine mentale, riflesso e memoria labile di un istante trascorso e sfuggente seppure imprigionato nella fissità fotografica. Concludono la mostra due grandi sculture in legno, anch’esse ricavate da tronchi che, corrosi dall’acqua, assumono una forma vagamente biomorfa, simile a quella di una Medusa.
Nato a Venezia nel 1979, Giorgio Andreotta Calò vive tra Amsterdam e Venezia. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia (1999-2005) e ha continuato i suoi studi presso la Kunsthochschule di Berlino (2003-2004). Dal 2001 al 2003 e nel 2007 è stato assistente di Ilya e Emilia Kabakov. E’ stato artista in residenza presso la Rijksakademie Van Beeldende Kunsten di Amsterdam (2009-2011). Dal 2003 Andreotta Calò ha avuto mostre personali in tutta Europa, tra le quali: Institut Culturel Italien de Paris (2014); SMART Project Space, Amsterdam (2012) e la Galleria Civica, Trento, Italia (2009). Il suo lavoro è stato presentato alla 54° Biennale di Venezia (2011), a cura di Bice Curiger. Ha vinto il Premio New York, promosso dal Ministero italiano degli Affari Esteri (2014) e il Premio Italia per l’arte contemporanea, promosso dal Museo MAXXI di Roma (2012).