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I draghi della GAM. Creature fantastiche e metamorfiche in mostra a Torino

del

Hic sunt dracones: qui ci sono i draghi. Questo è il titolo della mostra visitabile alla Gam di Torino dal 3 novembre fino al prossimo 12 marzo, che parla di creature fantastiche, metamorfiche e benedicenti.

Curata da Elena Volpato, la mostra narra due storie artistiche che paiono porsi spontaneamente tra loro in dialogo. Sono le storie di Chiara Camoni e quella dell’Atelier dell’Errore.

Hic sunt dracones_Photo Marossi

Chiara Camoni, artista piacentina classe 1974, mette al centro della propria ricerca artistica temi legati al mondo profondo del femminile declinati secondo un linguaggio intriso di riferimenti naturalistici, cui si fondono aspetti fantastici e quasi magici, dal grande potenziale generativo.

Hic sint dracones_Photo Marossi

L’Atelier dell’Errore è invece un gruppo di giovani artisti accomunati da tratti neurologici atipici. Ideato da Luca Santiago Mora, che ne coordina il lavoro, il gruppo nasce come laboratorio di arti visive ed ha la sua sede tra Bergamo e Reggio Emilia. Il collettivo si esprime con un linguaggio intenso, pur nella sua semplicità, fatto di creature nate dalla sintesi di altre tra loro mescolate, che sembrano provenire da un mondo di fantasia con alcuni lati oscuri, ma anche una grande capacità creativa e di visione.

Atelier dellErrore_Volpe ganesha

Nel contesto espositivo, la scelta e l’accostamento dei due percorsi artistici di Camoni e Atelier dell’errore si rivela vincente proprio per il modo in cui gli artisti si avvicinano a quello che Volpato definisce in modo avvincente “pensiero metamorfico”. Ogni volta, infatti, gli elementi naturali che vengono in contatto l’uno con l’altro nelle opere, si trasformano reciprocamente, dando vita a nuove forme vitali piene di energia.

Il pensiero metamorfico s’intende, così, come un modo di concepire l’espressione artistica, ma anche la stessa visione del mondo. È qualcosa in grado di cambiare, mescolandosi ad altri stimoli, esperienze e visioni in modo profondamente armonico.

Non è un caso che entrambi gli artisti, allora, diano una particolare importanza al lavoro collettivo. Per entrambi fare arte vuol dire soprattutto trasformare, trovare nel mondo che ci circonda elementi vitali più o meno naturalistici, fantastico e magici insieme, dando nel contempo libero sfogo alla fantasia e creando così quello che potremmo definire un pensiero simbolico.

Camoni_Sfinge

Viene in mente il filosofo tedesco Ernst Cassirer, che ebbe a definire l’essere umano come un animale simbolico perché capace di simboli, cioè in grado di utilizzare un linguaggio ricco di sfumature anche emotive, che può comunicare vissuti profondi in maniera efficace.

Nei lavori di Camoni e Atelier dell’errore il tema del simbolo è dominante, insieme a quello della metamorfosi. Tutto ciò che è fisico, materiale, naturale, tanto nelle opere della Atelier dell’errore quanto in quelle della Camoni, scivola infatti agilmente nell’ambito del simbolico, trovando così una nuova identità. L’opera genera allora un livello di lettura diverso e nuovo, come se l’artista di volta in volta avesse agito in una sorta di stato di revêrie, facendosi così capace, per utilizzare la locuzione suggerita dalla curatrice della mostra, di “generare draghi”.

Atelier dellErrore_Insetto carnecife

E qui i draghi sono creature nate da mescolanze anatomiche, scientificamente inclassificabili perché restii ad ogni classificazione.

Dall’ insieme emerge un senso di libertà, purezza, istintualità piena di energia che distrugge e poi crea, così come un linguaggio simbolico che se da un lato affonda le proprie radici nell’inconscio, dall’altro protende i suoi rami nel mondo variegato e vivace nato dalla fantasia artistica più prolifica e feconda.

Maria Cristina Strati
Maria Cristina Strati
Maria Cristina Strati vive e lavora a Torino. Studiosa indipendente di filosofia, è critica e curatrice di arte contemporanea, nonché autrice di libri, saggi e racconti. Convinta che davvero l’arte sia tutta contemporanea, si interessa al rapporto tra arte, filosofia e quelli che una volta si chiamavano cultural studies, con una particolare attenzione alla fotografia.

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