Se esistesse una “Biblioteca del Collezionista d’arte” e mi venisse chiesto un elenco di libri imprescindibili per comporla, non avrei dubbi a scegliere il libro di Giorgio Soavi “Il quadro che mi manca” appena ripubblicato dalla casa editrice Johan & Levi.
Mentre lo leggevo ho pensato di trovarmi davanti a qualcosa di più di una raccolta di articoli sull’arte. A volte infatti mi sembrava di avere in mano mano un prezioso manuale per collezionisti incalliti, altre ho avuto la netta sensazione di leggere veri e propri racconti dove tutti i protagonisti sono invaghiti di cose d’arte. Dopo averlo letto per intero, anche se si potrebbe benissimo leggerlo saltuariamente, ho concluso che questo libro è tutte le cose che ho scritto prima ma anche altro.
Giorgio Soavi racconta ogni volta quello che l’arte provoca a chi si rapporta con essa. E lo fa in un modo così perfetto che mi sono convinto, ancora di più, che gli scrittori e i poeti sono coloro che meglio di tutti sanno raccontare l’arte. Questa annosa questione dello scrivere d’arte è una delle tematiche più dibattute nel mondo dell’arte e sono sicuro che attanagliasse anche Giorgio Soavi. Proprio in uno delle pagine egli racconta di aver chiesto a Saul Steinberg cosa pensasse di un saggio che un critico aveva scritto su di lui. Riferendo questo aneddoto sentenzia “perché questi critici d’arte per prima cosa non sanno scrivere; e questo basta e avanza; poi, non si spiegano, quindi non sanno farsi amare”.
Giorgio Soavi, che era poeta e romanziere, e cesellava ogni parola scriveva, a proposito del suo rapporto con l’arte, “la passione per i quadri è una cosa inquietante. Morbid, come dicono gli inglesi, che non vuol dire morbido, ma insinuante, morboso”. Per suo suocero Adriano Olivetti aveva curato una collezione d’arte con oltre 600 opere commissionate tra gli altri a Sutherland, Delvaux, Gentilini e Morlotti e altri autori con cui aveva rapporti di amicizia.
Proprio per questo dai suoi scritti si percepisce come conoscesse profondamente sia i pensieri che si annidano nei cuori degli artisti che quelli che albergano nel cervello dei galleristi. Ma i sentimenti che racconta più intensamente sono quelli dei collezionisti e degli amanti dell’arte “il silenzio è d’oro. Ed è un momento particolare, perché se siamo vittimi dell’emozione, dobbiamo assolutamente cercare di calmarci, respirare in modo normale, eliminare l’ansia, i crampi allo stomaco. Che diamine. Dopotutto, si tratta di un quadro”.
Per convincervi a leggere questo libro potrei riproporvi tutte le frasi che ho sottolineato ma preferirei proporvi tre passaggi utili ai collezionisti e agli amanti dell’arte:
“I quadri cambiano se si guardano con ansietà, e l’ansia può anche danneggiare o alterare la bellezza. È il trionfo della fissazione, della suggestione. I quadri, dunque, aumentano di intensità se si chiede loro il massimo. Diventano più grandi, crescono di tono, si infilano esattamente dove uno vuole che stiano”
“Da quando sono diventato collezionista di quadri e disegni, mi chiedo che faccia farei se trovassi un ladro in casa. comportamento. Sarei spavaldo, come credo, o muto, terrorizzato, inerme e quindi vittima totale”
“Se siete appassionati d’arte, il terrore di entrare tra i falsi non vi abbandonerà più. E che quel poco che sappiamo è infinitamente poco, al contrario delle suggestioni che si affollano e fanno pressioni di ogni sorta”
Il titolo del libro fa riferimento ad uno speciale racconto che si potrebbe leggere all’infinito tanto è proteiforme il significato. Di libri così se ne trovano pochi, per questo è importante che non manchi nella fantomatica Biblioteca del Collezionista d’arte.