Nel cuore di Torino, il Museo di Arte Orientale (MAO) apre una finestra privilegiata sulle culture e sulle civiltà dell’Asia. Attraverso collezioni che spaziano dalla Cina al Giappone, dall’India al Sud-est asiatico, il museo accompagna il visitatore in un percorso tra arte, religione e vita quotidiana, raccontando storie millenarie di scambi e influenze. Il MAO non è solo un luogo di conservazione, ma uno spazio vivo di incontro e riflessione, dove l’Oriente dialoga con l’Occidente in modo attuale e coinvolgente.
L’istituzione è diretta da Davide Quadrio, curatore e studioso con una lunga esperienza internazionale, noto per il suo impegno nella promozione dell’arte e delle culture asiatiche, con particolare attenzione al dialogo tra tradizione e contemporaneità. Alla guida del MAO, il Direttore lavora per rafforzare il ruolo del museo come spazio di ricerca, confronto interculturale e apertura verso le pratiche artistiche del presente.

Direttore Quadrio, per prima cosa grazie per la disponibilità. Quali sono le particolarità nella concezione e nella gestione di un museo di arte orientale in Italia?
DQ: Una delle particolarità più evidenti riguarda la gestione e la mediazione dei contenuti. Le collezioni del MAO sono spesso percepite come distanti o estranee rispetto alla cultura europea, dimenticando però che l’Europa stessa è parte del continente eurasiatico e che, nel corso della storia, tra Europa e Asia si sono sempre verificati scambi, contaminazioni e intrecci di materiali, forme, significati e gusti. Superare questo preconcetto di distanza culturale rappresenta probabilmente l’operazione più complessa, ma anche la più stimolante. In questo senso, la mia esperienza personale, maturata tra Asia ed Europa, diventa uno strumento fondamentale per individuare modalità di connessione con Torino, con l’Italia e con l’Europa nel suo insieme. Il MAO si propone come un museo che traduce, interpreta e pone domande, liberando il pubblico da una fruizione passiva e invitandolo a entrare, anche sul piano emotivo, in mondi solo apparentemente lontani.
Qual è il valore del patrimonio asiatico nel contesto italiano ed europeo?
DQ: Il patrimonio asiatico assume un valore generativo e relazionale, poiché consente di stabilire un dialogo con un universo che, da decenni, ha messo in crisi il senso di centralità culturale dell’Europa. Il museo viene concepito non come un luogo di trasmissione unidirezionale di conoscenze, ma come un generatore di nuove idee, approcci e strumenti interpretativi. In questa prospettiva, l’esperienza museale prevale sulla semplice dimensione didattica: coralità, benessere, apertura alle domande e possibilità di accesso multilivello diventano elementi centrali. Il MAO si configura così come uno spazio d’accoglienza per pubblici diversi, capace di offrire molteplici modalità di partecipazione.

Quali sono le sfide e le opportunità per il MAO nel 2026?
DQ: La prima metà del 2026 sarà ancora fortemente influenzata dalla grande mostra di Chiharu Shiota, un progetto espositivo che si estende a tutti gli spazi del museo instaurando un dialogo diretto con le collezioni permanenti e coinvolgendo profondamente la sfera emotiva dei visitatori. Il successo di pubblico — quasi 50.000 visitatori in meno di due mesi, un risultato senza precedenti per il MAO — testimonia la forte capacità di risonanza del progetto. La sfida principale consisterà nel definire il percorso successivo. Sono già previsti il riallestimento della galleria dedicata alla Cina e una grande mostra su Song Dong, interventi che trasformeranno il museo in un vero e proprio “contenitore di meraviglie”. In queste operazioni confluiranno i risultati di quattro anni di sperimentazione, traducendosi in rivelazioni sistemiche non solo sul piano dei contenuti, ma anche su quello museologico. Il cosiddetto “MAO 2.0” raggiungerà così la piena maturità concettuale e visiva.
In conclusione Direttore, quali sono le prospettive future del MAO e il suo rapporto con la città di Torino?
DQ: MAO si propone come un vero e proprio gateway verso e dall’Asia. Al centro delle prospettive future c’è il rafforzamento della coesione con i musei cittadini e piemontesi, considerata una funzione essenziale del museo stesso. Coralità, coprogettazione e cofinanziamento di attività artistiche e di produzione culturale globale costituiscono i pilastri di questa visione. Il MAO non intende essere un’istituzione chiusa entro i propri confini, ma un agente trasformativo, capace di muoversi come un “enzima” all’interno del tessuto culturale della città, condividendo energie, competenze e risorse con le realtà del territorio.




