Passata la Torino Art Week, diamo uno sguardo alle mostre che hanno aperto da poco o che stanno per essere inaugurate nelle gallerie e nei musei italiani e della vicina Svizzera. La prima, a cui dedichiamo anche la nostra “copertina” è Swamp, mostra personale di Alessandro Roma al museo di Villa Croce a Genova. Abbandonate carta e tele, in questa sua nuova esposizione, Roma ci fa scoprire le sue sperimentazioni con la ceramica che portano ancor più al limite la sua ricerca artistica. In Swamp, il vaso diviene paradigma di trasformazione: tagli, fori, protuberanze trasformano la materia da inorganica a organica. Complice di questa trasformazione lo studio del colore e le tecniche di cottura che assimilano le superfici ai luoghi palustri e misteriosi, dando vita ad un archivio labirintico di segni, immagini e forme che invitano lo spettatore a inoltrarsi nel percorso espositivo per riattivare ricordi, sogni, riferimenti non solo personali ma collettivi in cui la natura diviene punto di partenza e di approdo.
Ospite al Museo d’Arte di Mendrisio è invece Per Kirkeby, uno tra i maggiori protagonisti della scena culturale scandinava del Novecento, tanto da essersi imposto come imprescindibile figura di riferimento per una generazione di artisti a partire dagli anni Sessanta fino ad oggi. La mostra di Mendrisio, curata dal Direttore Simone Soldini, è la prima importante retrospettiva in area italiana. Una mostra che ripercorre 30 anni di carriera di Kirkeby concentrandosi sul periodo della maturità (1983-2012), quando l’artista danese abbandona la sua posizione di rilievo nell’avanguardia artistica per inoltrarsi in un percorso esclusivamente pittorico, caratterizzato da una pittura più materica e informale comincia a partire dal 1980 circa, anno che segna l’inizio di uno sviluppo costante, profondo e ragionato di un personalissimo linguaggio pittorico, fortemente ispirato dalla natura. E non a caso il sottotitolo recita: I luoghi dell’anima del grande maestro scandinavo. In mostra: 33 tele di grandi dimensioni, 30 opere su carta e 6 sculture (di cui una alta quasi 4 metri collocata nel chiostro del Museo), la mostra sintetizza buona parte del suo lavoro.
Fino ad aprile 2017, lo Scalo Art Pavilions di Milano ospita due tra i più talentuosi artisti italiani delle ultime generazioni: Alice Ronchi e Santo Tolone, protagonisti di una doppia personale, Greetings / La vie aquatique, a cura di Bruna Roccasalva. La ricerca della ‘meraviglia’ è una costante nella produzione di Alice Ronchi (n. 1989), popolata di figure familiari ed enigmatiche al tempo stesso, frutto della rielaborazione in chiave astratta e immaginifica di oggetti, gesti o elementi del quotidiano. Con Greetings la giovane artista milanese un’azione banale come quella di pulire un vetro diventa lo spunto per costruire quello che Ronchi definisce un “padiglione adibito ai saluti” pensato per accogliere e intrattenere i visitatori del centro. Partendo da una riflessione sulla specificità del contesto, un edificio caratterizzato da grandi pareti vetrate e posizionato a ridosso di uno dei tre ingressi principali dell’intera struttura, l’artista ha scelto di lavorare proprio sull’idea di ‘accoglienza’ sviluppandola in un’installazione complessa che declina in modi diversi il gesto del saluto.
Santo Tolone (n. 1979) porta avanti, invece, una ricerca sulla natura della forma e le potenzialità metamorfiche che la contraddistinguono. Utilizzando principalmente il linguaggio scultoreo, le sue opere sono spesso esperimenti estetici in cui oggetti o elementi del reale vengono de-funzionalizzati, assumendo connotati e significati nuovi che hanno spesso riferimenti alla storia dell’arte o rimandano a forme archetipiche. Le stesse tematiche sono centrali anche in La vie aquatique ideato per Scalo Art Pavilions, un’installazione che, nonostante la sua natura site-specific, sintetizza diverse esperienze passate dell’artista, indagando questioni legate alla percezione, all’illusione, al desiderio e alle dinamiche che regolano l’esperienza estetica. Come spesso accade con le opere di Tolone, anche in questo caso il visitatore assiste a una sorta di mise-en-scène in cui finzione e realtà, forma e contenuto, conscio e inconscio, si sovrappongono costantemente, sfidando le sue capacità cognitive e interpretative.
Apre oggi alla Privateview Gallery di Torino, la prima personale europea di Ted Larsen, esponente già affermato del nuovo Minimalismo americano, che negli spazi della gallerie torinese presenterà una serie di opere inedite, appositamente realizzata per l’occasione, tra sculture e installazioni anche di grandi dimensioni e sono altamente rappresentative della sua ricerca. Le sue radici affondano nella lezione del Modernismo e del Minimalismo americano. La sua tecnica si avvale di una raffinata capacità manuale applicata a materiali di recupero, in equilibrio tra pittura, ready-made e scultura astratta. Il lavoro di Larsen prende le distanze da tutto ciò che afferisce a precisi significati, implicazioni didascaliche o speculazioni analitiche: le sue opere sono strettamente legate, nel loro significato ultimo, alla pura esperienza visiva ed esperienziale data dell’oggetto in se stesso. Forma-colore-linea- composizione diventano nelle sue opere elementi attentamente calibrati e sono collocati nello spazio con estremo rigore e, come tali, offerti all’occhio dello spettatore privi di preconcetti, ma piuttosto invitandolo ad una lettura estetica quanto più personale e interiorizzata.
Sempre oggi a Torino, inaugura anche The Last Time, la collettiva allestita presso la galleria Raffaella De Chirico Arte Contemporanea con opere di Antoine D’Agata, Banksy, Larry Clark, William Burroughs, Shepard Fairey, Ben Frost, Richard Kern, Dr Lakra, Federico Martinez Montoya, Carol Rama, Mr Thoms che raccontano alcune delle dipendenze più comuni dall’eroina al viagra. Mettendo in evidenza come una delle differenze tra le “vecchie” dipendenze e quelle “contemporanee” stia certamente nell’accettazione passiva delle dinamiche delle seconde, come valore aggiunto all’interazione sociale e alla realizzazione personale. Dipendenti dalla quantità di “like” raggiunti e dai messaggi ricevuti, Whattsapp, Imessage, Messenger rendono l’individuo integrato e fanno da contraltare all’idea dell’uso dell’eroina negli anni Settanta ed Ottanta, simbolo di emarginazione e di ribellione alla società.
Dall’11 novembre 2016 il MACRO di Roma ospiterà la mostra Lia Drei / Francesco Guerrieri. La regola e l’emozione 1962-1973 curata da Federica Pirani e Gabriele Simongini. L’esposizione rende omaggio a Lia Drei (1922-2005) e a Francesco Guerrieri (1931-2015), compagni nella vita e nell’arte, che lungo gli anni sessanta furono tra i protagonisti delle ricerche gestaltiche, programmate e strutturaliste. Drei e Guerrieri, insieme a Di Luciano e Pizzo, fondarono infatti il Gruppo 63 (1962-63) e poi, in coppia, il Binomio Sperimentale p. (1963-68). In quegli stessi anni entrambi parteciparono ai fondamentali Convegni internazionali di Verucchio e alle varie mostre-dibattito itineranti del movimento strutturalista. In mostra 27 opere, alcune delle quali inedite, che documenteranno i modi peculiari della loro ricerca negli anni sessanta per approdare agli inizi dei settanta. Le opere provengono dall’Archivio Drei/Guerrieri, dalla collezione del MACRO e da un’importante collezione privata romana.
Sempre dall’11 novembre il RISO, Polo Museo regionale d’Arte moderna e contemporanea di Palermo, esporrà negli spazi della Cappella dell’Incoronazione, i dipinti di Herman Normoid nella personale dell’artista dal titolo Subconscio. In mostra i lavori più recenti di Normoid da sempre slegato dalle mode artistiche dell’ultima ora, e forse per questo così intrigante. Nell’aula della Cappella, saranno visibili le sue vedute fantastiche, mentre dal buio delle cripta sbucherà la serie dei volti femminili. Opere esemplari di una ricerca artistica che, secondo Philippe Daverio – autore della presentazione -, pongono Normoid «sull’orlo di una nuova sperimentazione visiva» nella quale »si forma un cosmo della fantasia dove il colore pieno, gli spessori della materia e il gesto che la modifica diventano spazio per una nuova dimensione». Dimensione che spinge l’osservatore ad una profonda introspezione affrontando quelle che sono le problematicità, le complessità della vita cosciente e incosciente e il difficile equilibrio tra le due.
Infine, il 12 novembre prossimo a Caserta, la galleria Nicola Pedana Arte Contemporanea inaugura la doppia personale di Vincenzo Frattini (n. 1976) e Viviana Valla (n. 1986): Inside and outside the wall. Le radici del lavoro di Vincenzo Frattini e di Viviana Valla sono da ricercare nella prassi metodologica della pittura analitica e dell’astrattismo geometrico; i due artisti, giungono, tuttavia, ad un equilibrio coloristico e formale restituito attraverso la realizzazione di composizioni caratterizzate da una apparente semplicità e da materiali e mezzi non convenzionali. Per Viviana Valla carte recuperate, post-it e scotch impattano la superficie della tela come qualcosa da esplorare dal fondo alla superficie; al contrario per Vincenzo Frattini l’utilizzo del trapano e del colore invitano lo spettatore ad oltrepassare la superficie per andare sempre più nella profondità delle opere.