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Crypto arte, NFT, certificato di autenticità e diritti d’autore

del

Per il dizionario Collins, NFT (acronimo di Not Fungible Token) è stata la parola dell’anno 2021 [1]. E in effetti quello che sta per concludersi è stato davvero (anche) l’anno degli NFT.

A marzo, ce lo ricordiamo tutti, è stata battuta per la prima volta da Christie’s, per la cifra record di oltre 69 milioni di dollari, un’opera d’arte in questo formato, vale a dire il lavoro di Beeple intitolato Everydays: the first 5000 days; a giugno, Sotheby’s ha ospitato sulla sua piattaforma on line una vendita dedicata esclusivamente agli NFT intitolata Natively Digital: A Curated NFT Sale, mentre a ottobre Christie’s ha battuto all’asta per oltre un milione di dollari il primo NFT di un’opera fotografica, cioè il lavoro realizzato da Justin Aversano dal titolo Twin Flames #83[2].

Pare quindi che tocchi anche a noi fare il nostro intervento in materia. L’argomento è tuttavia complesso perché la tecnologia sottesa (principalmente la blockchain) non è di facile comprensione per un non addetto ai lavori. Ci limitiamo quindi qui a tentare di delineare in che modo gli NFT possano avere degli impatti in relazione a due degli aspetti legali più rilevanti in merito alla circolazione delle opere d’arte, vale a dire il certificato di autenticità e il trasferimento dei diritti d’autore.

Ma prima vogliamo dire una cosa: il merito principale dei Not Fungible Token e della tecnologia ad essi relativa pare essere quello per cui un’opera digitale, e dunque potenzialmente riproducibile per un numero infinito di volte (e qui sarebbe il caso di citare Benjamin), diventa unica, con evidenti ripercussioni anche e soprattutto da un punto di vista economico: ciò che è unico è maggiormente desiderabile e aumenta di conseguenza il proprio valore.

 

Arte nativa digitale e arte “digitalizzata”

Questa breve analisi parte dalla distinzione tra arte (nativa) digitale e arte che (diventa) digitale a seguito di un processo di digitalizzazione, cui segue eventualmente la tokenizzazione e la trasformazione in NFT.

L’arte nativa digitale indica tutte quelle forme d’arte nate appunto grazie a una tecnologia digitale (computer, macchina fotografica, etc.) e destinate a essere riprodotte esclusivamente tramite supporti digitali, come possono essere la videoarte o la fotografia (digitale).

Diversa è invece un’opera d’arte nata su un supporto fisico, come un quadro o una scultura o una fotografia su pellicola, e la cui immagine viene successivamente “digitalizzata”, cioè trasformata in un file digitale tramite una videoripresa, una fotografia (digitale) o strumenti analoghi.

I file digitali, contengano essi un’opera d’arte nativa digitale oppure un’opera fisica successivamente digitalizzata, possono quindi essere tokenizzati, vale a dire inseriti in un NFT, cioè un certificato elettronico con un codice criptato che sfrutta la tecnologia blockchain e quella degli smart contract (che nonostante il nome non sono contratti ma protocolli informatici), e diventare così crypto arte.

 

Crypto arte e certificato di autenticità

Quello che spesso si sente dire è che la blockchain e la tokenizzazione rivoluzionerebbero il mercato dell’arte, perché permetterebbero di certificare in modo univoco l’“originalità” dell’opera[3], così risolvendo l’annoso problema del certificato di autenticità, vale a dire quel documento che attesta che un’opera proviene da un determinato autore.

È davvero così? Dipende. E qui diremo probabilmente un’ovvietà che forse ovvia non è.

Questo tipo di tecnologia può certamente rivelarsi utile se applicata all’arte nativa digitale. Quando cioè è l’artista stesso che crea l’opera in formato digitale e la sottopone (o la fa sottoporre) a processo di tokenizzazione, possiamo essere (quasi) certi che i dati inseriti nella blockchain, tra cui il certificato di autentica, siano veritieri, perché è direttamente l’autore a certificare la provenienza dell’opera da se stesso, come se apponesse la propria firma sulla tela.

Diverso è invece il caso in cui un’opera nasca come opera “fisica” (un dipinto, una scultura, una fotografia analogica) e venga successivamente sottoposta a digitalizzazione e tokenizzazione magari da parte di terzi quando l’artista non è più in vita. In questo secondo caso infatti il certificato “caricato” sulla blockchain comporterà le stesse problematiche di un certificato cartaceo, come si evince anche dal caso di qualche mese fa del disegno di Basquiat intitolato Free Comb with Pagoda[4].

Era in quel caso accaduto che il proprietario del disegno (fisico) in questione avesse sottoposto a tokenizzazione l’opera con l’intenzione di mettere all’asta sulla piattaforma OpenSea sia l’opera fisica sia il relativo NFT. Il comunicato stampa fatto circolare prima dell’asta affermava che l’opera (fisica) di Basquiat e la sua firma erano stati certificati dal comitato dell’Estate of Jean-Michel Basquiat e che l’aggiudicatario dell’opera si sarebbe accaparrato anche il relativo NFT, e tutti i diritti d’autore sull’opera stessa.

Senonché, la fondazione Basquiat bloccò e impedì quella vendita. Pur non pronunciandosi circa l’autenticità o meno del disegno (fisico), l’Estate annunciò infatti che i diritti d’autore su Free Comb with Pagoda erano di sua titolarità e che dunque non potevano essere ceduti all’asta dal proprietario dell’opera fisica[5].

Chi avesse comperato quell’NFT avrebbe, come si dice, comperato male, perché il proprietario dell’opera fisica non deteneva in realtà i diritti d’autore, e non aveva dunque neppure il diritto di trasformare quel disegno in NFT.

 

Corpus mechanicum vs corpus mysticum ovvero diritto di proprietà vs diritti di proprietà intellettuale

Va quindi ora chiarita una seconda ovvietà, che ancora una volta forse non è ovvia.

Quando acquisto un’opera d’arte coperta da diritto d’autore (un’opera cioè che sia dotata del requisito della creatività e che sia stata eseguita da un autore vivente o scomparso da meno di settanta anni) acquisto solo il diritto di proprietà sulla stessa, ma non anche, salvo diverso accordo, i diritti di proprietà intellettuale (rectius diritti d’autore) relativi a quell’opera, come ad esempio il diritto di riprodurla in copie o di modificarla, diritti che la legge (Legge 22 aprile 1941, n. 633) riserva all’autore[6].

Un conto è infatti l’opera d’arte intesa come bene materiale (quella che abbiamo chiamato opera “fisica”, cioè la tela, il foglio, la lastra di bronzo o il marmo scolpito, e che dottrina e giurisprudenza chiamano corpus mechanicum) e un altro conto è l’opera intesa come bene immateriale nascente da una creazione intellettuale (il c.d. corpus mysticum).

Potrò dunque esporre a casa mia o nel mio ufficio l’opera che ho acquistato, ma non potrò ad esempio, a meno di non aver ricevuto l’autorizzazione dall’autore o dai suoi aventi diritto, utilizzarne l’immagine per pubblicizzare la mia attività professionale, e non potrò neppure trasformare l’opera, supponiamo una tela, in NFT, perché ciò implicherebbe una riproduzione e una trasformazione dell’opera stessa.

Potrò invece dare la tela in prestito perché sia esposta in una mostra d’arte (il punto è tuttavia controverso), ma la sua immagine non potrà essere riprodotta nel catalogo di quella mostra, sempre che l’autorizzazione in tal senso non sia stata concessa dall’autore o dagli aventi diritto[7].

 

NFT e diritti d’autore

Quanto abbiamo appena detto vale anche per le opere d’arte che consistono in un NFT, anche se in questo caso quello che abbiamo chiamato corpus mechanicum è in realtà intangibile, visto che si tratta di un file digitale: se acquisto un NFT non acquisto anche i diritti d’autore ad esso relativi, come ad esempio il diritto di farne una copia o di modificarlo.

I termini di servizio della piattaforma SuperRare, tramite la quale è possibile tokenizzare un’opera d’arte e poi vendere il relativo NFT[8], lo spiegano bene. Si legge infatti che chi acquista un NFT può esclusivamente mostrare, promuovere e condividere l’NFT, ma non anche, salvo diversa pattuizione, utilizzare commercialmente l’NFT e farne delle copie, dal momento che questi diritti rimangono in capo all’autore.

Potrebbe invece anche accadere che l’acquirente si accordi con l’autore anche per la cessione o la licenza[9] dei diritti d’autore relativi all’opera NFT. In questo caso la blockchain registrerà dunque non solo la vendita ma anche questi altri contratti nonché tutti quelli successivi relativi a quell’opera, comportando una indubbia maggiore certezza in merito al perimetro dei diritti che si vanno ad acquistare.

 

NFT e diritto di seguito

Una delle applicazioni di questa tecnologia riguarda la gestione del diritto di seguito, vale a dire il diritto dell’autore di opere delle arti figurative (e dei manoscritti) a percepire una percentuale sul prezzo di vendita della sua opera in occasione delle vendite successive alla prima. Lo scopo è quello di assicurare all’autore un compenso via via che il valore della sua produzione artistica aumenta.

Il diritto di seguito è dovuto quando il prezzo dell’opera è pari o superiore a Euro 3.000 (IVA esclusa), quando la vendita sia effettuata dopo tre anni dal primo acquisto, e quando nella transazione intervenga un professionista del mercato dell’arte (galleria, casa d’aste o commerciante d’arte). L’importo, che varia a seconda del valore dell’opera, deve essere corrisposto dal venditore.

In Italia è la SIAE che si occupa della riscossione del diritto di seguito, indipendentemente dal fatto che l’artista sia iscritto alla società. Se ricorrono i requisiti di cui sopra, il commerciante d’arte ha l’obbligo di prelevare e di trattenere dal prezzo di vendita il compenso dovuto, di presentare una dichiarazione di vendita e di versare il relativo importo alla SIAE entro 90 giorni dalla transazione.

Il meccanismo, un po’ macchinoso, potrebbe essere semplificato grazie alla blochchain e agli NFT.

Qualcosa di simile è stato implementato da SuperRare. Nei termini di servizio si legge che ogni transazione effettuata tramite la piattaforma è soggetta a “commissioni” volte a sostenere gli artisti autori degli NFT e la piattaforma stessa, in percentuali diverse a seconda che si tratti di una prima vendita o di una vendita successiva alla prima. Queste commissioni sono raccolte in modo automatico per effetto di uno smart contract, che deduce automaticamente la commissione dal prezzo della vendita.

 


[1] La definizione di NFT data dal Collins è quella di “a unique digital certificate, registered in a blockchain, that is used to record ownership of an asset such as an artwork or a collectible”.

[2] E da pochi giorni è stata inaugurata al DART | Dynamic Art Museum della Permanente di Milano la prima mostra italiana dedicata agli NFT, 2121 – Crypto Art is now.

[3] Usualmente un’opera d’arte si intende “originale” quando proviene legittimamente da un determinato autore. Il significato della parola “originale” è infatti quello di “pertinente a un momento operativo primo, singolo o rigorosamente personale, che esclude quindi l’idea di ‘riproduzione’, specialmente in quanto ‘copia’ o ‘versione’, e anche quella di ‘alterazione’: il manoscritto o. della lettera; il testo o. del “Faust”; uno Stradivario o.” (così Oxford Languages).

[4] Sul punto cfr. più in dettaglio https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/diritto/2021/05/basquiat-nft-autenticita-copyright/.

[5] Non è chiaro invece se la fondazione contestasse anche l’autenticità dell’opera “fisica” e la firma.

[6] Questi diritti, previsti dagli artt. 12 e seguenti della Legge Autore, possono essere dall’artista ceduti (cioè “venduti”) oppure dati in licenza (quanto cioè viene conferita a un terzo la facoltà di utilizzare quei diritti, ma senza che il titolare se ne spogli). Su ogni opera l’autore è anche titolare di una serie di diritti morali, come quello di essere riconosciuto autore, di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione e a ogni atto a danno dell’opera stessa. I diritti patrimoniali non possono invece essere ceduti.

[7] Sul punto cfr. più in dettaglio https://www.collezionedatiffany.com/proprieta-opera-arte-e-diritto-2021/.

[8] Reperibili al seguente indirizzo https://www.notion.so/SuperRare-Terms-of-Service-075a82773af34aab99dde323f5aa044e.

[9] Con la cessione l’autore si spoglia dei diritti mentre con la licenza i diritti vengono concessi in godimento per un determinato periodo di tempo dietro pagamento di una royalty.

Federica Minio
Federica Minio
Nata a Verona ma di famiglia veneziana, Federica è un avvocato esperto in diritto della proprietà intellettuale e dell’arte ed è stata tra le prime in Italia a laurearsi in diritto dei beni culturali. Prima di intraprendere la professione legale, ha lavorato in gallerie e fondazioni d’arte milanesi. Federica unisce la sua passione per l’arte, da sempre respirata in famiglia (assieme al profumo della trementina del papà pittore), al lato più creativo del diritto.
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