“No flash please!” Quante volte ci è capitato di leggere questo cartello all’interno di spazi espositivi, chiese o musei?
Questa, talvolta fastidiosa, richiesta ha motivi conservativi ben specifici, legati al fatto che la luce, con le sue radiazioni (UV e IR in particolare), è una delle principali cause del processo di degrado al quale tutte le opere d’arte (così come qualsiasi oggetto) sono, in misura differente, inesorabilmente sottoposti.
Se, infatti, un solo e singolo occasionale bagliore di luce provoca un danno talmente infinitesimale da poter non essere nemmeno preso in considerazione, una raffica di flash ripetuti nel tempo potrebbe invece alterare l’aspetto o la struttura di un’opera. E ciò vale, a ben vedere, non solo per i flash ma per qualsiasi fonte luminosa a cui l’opera sia sottoposta in maniera costante nel tempo: da una lampadina sempre accesa, al sole diretto che entra da una finestra.
Per lo più, i cambiamenti dovuti alla luce avvengono lentamente nel tempo ma sono normalmente percepiti improvvisamente da un giorno all’altro, quando sono – purtroppo – il più delle volte irrimediabili. Un disegno a pennarello che un tempo vibrava di un rosso intenso, dopo una decina di anni (o anche meno!) di esposizione alla luce ambientale, vi apparirà di un rosa sbiadito e pallido. Il giorno in cui vorrete cambiare il montaggio di una stampa coperta in parte dalla cornice vi renderete conto di quanto la parte nascosta alla luce sia rimasta bianca rispetto alla restante completamente ingiallita. Senza contare, inoltre, il viraggio dei colori provocato dalla luce che colpisce tappeti antichi (e quindi probabilmente realizzati con tinte naturali e maggiormente fotosensibili), arazzi, dipinti o fotografie.
Verrebbe da pensare, quindi, che il miglior metodo di conservazione sia la completa assenza di luce, ma abbiamo bisogno di luce per apprezzare la bellezza della nostra collezione. Come fare dunque?
La soluzione è ottimizzare la luce e distribuirla sulla vostra collezione nel modo più corretto possibile, organizzando la disposizione delle opere in funzione anche delle fonti luminose a disposizione, non essendo chiaramente sempre possibile spostare prese di corrente e finestre,.
Partendo dalle opere e dalle loro esigenze, si dovrà dunque cercare di immaginare una loro coerente distribuzione a seconda della tipologia di materiali costitutivi e tenendo a mente il giusto bilanciamento tra esigenze estetiche, conservative e di confort degli ambienti espositivi.
Si dovrà innanzitutto tenere a mente che la fotosensibilità dei materiali è variabile: ben pochi di questi (tra cui i metalli, le ceramiche o i materiali lapidei) sono intrinsecamente poco sensibili alla luce, mentre molti altri (quali la carta, la pergamena, il legno, i pigmenti, i coloranti, e in generale tutte le sostanze organiche) sono molto più sensibili alla radiazione luminosa.
Si potrà quindi fare una distinzione tra i materiali più delicati e quelli che si adattano a qualsiasi parete, privilegiando questi ultimi per il posizionamento in zone “critiche”, come aree davanti a finestre prive di tende o sotto lucernari o applique.
Al contrario, sarà opportuno destinare i manufatti più sensibili alla luce (come fotografie, disegni, stampe, dipinti o sculture lignee) ad angoli con luci più soffuse o in spazi “attrezzati” con alcuni utili strumenti quali pellicole con filtri UV ai vetri delle finestre o tendaggi coprenti (da utilizzare specialmente per le ore più luminose della giornata). Per le fonti luminose artificiali, invece, è consigliabile scegliere la tecnologia LED che, oltre all’elevata efficienza energetica e alla vasta gamma di rese cromatiche e intensità luminose disponibili, non scalda eccessivamente le superfici che illumina e contiene un’irrilevante quantità di componenti UV e IR dannose per le opere.
Se la vostra collezione dovesse contenere pezzi unici e particolarmente preziosi, poi, potrete anche pensare di far realizzare delle teche apposite con filtri UV incorporati così da limitare il più possibile le radiazioni dannose.
Il vero problema della luce, in fin dei conti, è il suo essere indispensabile per fruire e godere non solo delle opere ma anche degli spazi entro cui sono custodite e, soprattutto, il fatto che il degrado che provoca non è immediatamente percepibile perché equamente distribuito, a differenza di una macchia anomala che verrebbe notata immediatamente.
Come sempre, dunque, è indispensabile agire preventivamente armandosi degli strumenti migliori e di un po’ di inventiva nel distribuire la vostra collezione all’interno degli spazi tenendo conto non solo dell’estetica e del confort ma anche delle esigenze conservative delle vostre opere.