Il calendario espositivo del nostro Paese si fa sempre più ricco e così i nostri articoli dedicati alle mostre non possono che tornare alla loro cadenza quindicinale, così da potervi segnalare quanto di meglio le gallerie private italiane stanno organizzando. Apriamo la nostra selezione di oggi con la mostra inaugurale delle Officine Grandi Riparazioni (OGR) di Torino. Dopo ben mille giorni di cantiere, infatti, prendono oggi vita a Torino le Officine della creatività riqualificate da Fondazione CRT con un investimento di cento milioni di euro, che ha trasformato le OGR, l’ex “cattedrale” di architettura industriale dell’Ottocento, nel nuovo hub delle arti, dell’innovazione e dell’enogastronomia nel cuore della città. Una rinascita che parte proprio questo sabato con Big Bang, la grande festa di inaugurazione – gratuita per tutti e lunga due settimane, dal 30 settembre al 14 ottobre – con cui le nuove OGR di Torino accoglieranno i nuovi protagonisti e pubblici diversi, con una serie di esclusive nazionali e progetti realizzati ad hoc per l’occasione da 10 artisti internazionali. Giorgio Moroder, Elisa, Ghali, Omar Souleyman, Danny L Harle, The Chemical Brothers e il super gruppo Atomic Bomb! (per l’occasione con la partecipazione di Samuel) si alterneranno sul palco per i tre sabati consecutivi del 30 settembre, 7 e 14 ottobre. E oltre alla musica, anche l’arte contemporanea caratterizzerà il Big Bang, con tre progetti site-specific a firma di altrettanti protagonisti internazionali delle arti visive: William Kentridge, Patrick Tuttofuoco e Arturo Herrera.
Da Torino a Milano dove non possiamo non segnalarvi la bellissima e grande mostra che la Galleria Tega ha inaugurato il 25 settembre scorso: Osvaldo Licini. I segni dell’angelo. Osvaldo Licini è stato uno dei protagonisti assoluti dell’arte italiana del XX secolo e per omaggiare l’artista nato a Monte Vidon Corrado nel 1894 e scomparso nel 1958, pochi mesi dopo aver ricevuto il Gran Premio Internazionale per la pittura alla Biennale di Venezia, la galleria ha costruito un percorso di circa quaranta opere, che dai quadri astratti degli anni Trenta giunge sino alle prove estreme, passando attraverso i cicli centrali della sua produzione come gli “olandesi volanti”, le “amalasunte” e gli “angeli ribelli”, realizzati a partire dagli anni Quaranta. Le opere in mostra, peraltro, provengono per la maggior parte da importanti collezioni private, raramente visibili, e permettono di seguire – anche attraverso un prezioso nucleo di opere su carta – l’evoluzione di un linguaggio unico per la capacità di concentrare in quadri di piccole dimensioni e con una strepitosa essenzialità di segni e colori un intero universo fantastico, che dall’amato paesaggio marchigiano giunge sino ai cieli abitati da lune, missili, angeli, vascelli fantasma.
Da Torino, ci spostiamo a Milano dove, dal 28 settembre scorso, Ruth Ann Fredenthal, Winston Roeth e Phil Sims, tre dei più importanti e affascinanti esponenti dell’arte colorista americana sono i protagonisti della nuova mostra della Osart Gallery dal titolo Color as Attitude. La collettiva, a cura di Alberto Zanchetta, in programma fino al 15 novembre 2017, attraverso una accurata selezione di nove opere – sia storiche che recenti – si propone di valorizzare il percorso pittorico di ciascun artista. Il colore è certamente il fil rouge che lega i tre artisti che solo a prima vista sembrano dipingere quadri monocromatici. Si tratta di opere caratterizzate da un’espressione contemporanea radicale, che li separa dalla produzione minimalista e monocromatica e dall’intellettualismo freddo dei concettuali. Ciò che più gli interessa è la tecnica e l’impressione che suscitano sullo spettatore. La superficie dipinta sembra sparire e aprire la visione di uno spazio indefinito grazie alle numerose velature.
Sempre a Milano, la Galleria Renata Fabbri ospita, fino all’11 novembre una personale di Giovanni Kronenberg (n. 1974) che, per l’occasione, presenta una serie di opere inedite realizzate appositamente per lo spazio espositivo. La mostra raccoglie prevalentemente sculture e disegni, caratterizzati dalla tipica ricerca che l’artista prosegue da anni: manufatti e reperti naturali insoliti o rari, – l’artista li definisce “non consumati dagli sguardi” -, spesso oggetto di collezionismo, su cui interviene con inserimenti e trasformazioni minime che mettono in dialogo tempi distanti e in nessun caso raggiungibili fra loro. Attraverso operazioni come la torsione, l’occlusione, la sostituzione, la sovrapposizione – ma anche, all’opposto, mediante interventi estremamente effimeri e temporanei.
Ancora nel capoluogo lombardo, Loom Gallery ha inaugurato ieri Under Pressure, la prima mostra personale in Italia dell’artista belga Paul Gees. Negli ultimi 40 anni Gees ha lavorato su tre materiali: pietra, ferro e legno, combinandoli per trovare soluzioni in equilibrio. Centinaia di varianti che sembrano tutte funzionare, per armonia ed invenzione, che rimandano all’arte povera, quella minimale e alla land art. Sculture e oggetti sedimentano per lunghi periodi nel suo studio, dove tutto rigorosamente resiste, con una punta di umorismo e una straordinaria sensazione di scampato pericolo. Dagli interventi semplici e intrinsechi si percepisce un senso di rigorosa organizzazione, dove la ricerca tende al dominio. Alla fine niente cade, tutto rimane su. A ciascun lavoro corrisponde la sua pietra, a ciascun ferro il suo legno. Pietra-ferro-legno, come una morra cinese dell’arte, con un’impensabile serie di combinazioni, che ne fanno un assillo da cui nasce un universo.
Spostandoci verso sud, a Bologna il 23 settembre scorso P420 ha inaugurato la seconda mostra personale dell’artista slovacco Milan Grygar: Antifona. Per circa mezzo secolo, a partire dalla metà degli anni Sessanta, Milan Grygar ha sviluppato un corpus di opere la cui premessa è l’indissolubilità di due sensi che l’arte occidentale ha spesso considerato separatamente, la vista e l’udito. Le sue opere hanno un legame essenziale con il suono: ne registrano in forma visiva il decorso o si costituiscono come partiture più o meno dettagliate per produrlo. In mostra sono esposte opere recenti tra cui tele anche di grandi dimensioni della serie Antifone che l’artista ha iniziato nel 1996 e al centro della quale vi è una dualità continuamente in bilico tra uno spazio visivo e uno sonoro. Le tele, che vogliono affrontare il rapporto tra suono e colore nell’alternanza tra armonioso e non armonioso, sono spesso dittici con composizioni geometriche minime o monocromi – prima con colori cupi e negli ultimi anni con colori sempre più accesi – che creano tra loro una forte relazione spaziale.
Dall’Emilia-Romagna ci spostiamo poi in Toscana, dove a Siena la Galleria FuoriCampo presenta oggi, sabato 30 Settembre, la prima personale di Eugenia Vanni dal titolo Ogni colore dipinge se stesso e anche gli altri. Un ciclo di opere che segue coerentemente la recente produzione dell’artista sviluppando la relazione tra supporto e figurazione. Eugenia Vanni ritrae la realtà (dell’arte) nel suo farsi, ponendosi nella posizione liminale che asseconda la tecnica al proprio volere. Questo stare tra la volontà ed il caso permette una lettura trasversale (comparata) del procedimento artistico che misura l’artificiosità della realtà, poiché solo la pittura esiste. La capacità di porsi contemporaneamente fuori e dentro il processo, tra la necessità di impadronirsi del soggetto, la superficie come campo di esistenza e significanza, ed il formale disinteresse per l’immagine, avvicina la sua ricerca a certe soluzioni analitiche ma con obiettivi ben diversi.
A Pisa, invece, la galleria Passaggi Arte Contemporanea, dal 7 ottobre prossimo presenta la personale di Luca Lupi Finis terrae, a cura di Ilaria Mariotti, prima collaborazione tra l’artista e la galleria. L’artista presenta un articolato percorso pensato appositamente per gli spazi della galleria e costituito da fotografie che mettono in evidenza alcuni aspetti del suo percorso di ricerca. Il vuoto e il pieno, l’immaterialità, la relazione tra pittura e fotografia in merito alla costruzione dell’immagine attraverso la luce (in pittura mediata dal colore), il paesaggio, il tema del limite e del confine sono tutte questioni importanti nella ricerca di Luca Lupi. Che rimandano contemporaneamente a esperienze personali e a tutta un’ampia gamma di riflessioni sulla storia dell’arte e dell’architettura e dell’antropologia.
Arriviamo così a Roma dove, fino al 28 ottobre, la Montoro12 Contemporary Art presentare Many Moons, prima personale in Italia dell’artista inglese Isobel Church (n. 1984). Il titolo Many Moons ha molteplici letture, tra cui la recente teoria scientifica chiamata Many Moons Theory, che suggerisce che la nostra luna è stata originariamente formata da una serie di collisioni di lune più piccole per costituire alla fine della fusione una sola, grande massa lunare. Many Moons si riferisce anche alla lunga storia della luna come l’indicatore reale e metaforico del tempo, come nell’espressione “molte lune fa”. La mostra occupa completamente lo spazio della galleria. Nelle sue due sale gravitano, infatti,
tra il pavimento e le pareti, opere già create insieme ad alcune concepite dall’artista esclusivamente per l’evento romano. Sul pavimento si estenderà Strange Contents, grande mandala del 206 6. Quello della Church è creato con frammenti di meteorite certificati, che formano anelli concentrici nello spazio espositivo e nell’inconscio collettivo. Dai confini dello spazio-tempo giunge la inedita Ex Nihilo, delle anfore di argilla nera con inciso un codice binario rappresentativo dei nomi di tutti i buchi neri identificati. In mostra anche Ode to Iselle, una serie di rilievi cartacei con immagini meteorologiche emesse dall’uragano Iselle. Quest’opera è una traccia di memoria, come incisa su pietra bianca, del passaggio di questi fenomeni fugaci ma continui.
Infine, tornando a Milano, ci piace segnalarvi Arte ribelle. 1968-1978 Artisti e gruppi dal Sessantotto, progetto espositivo ideato da Marco Meneguzzo che, dal prossimo 12 ottobre, approderà negli spazi delle Gallerie del Credito Valtellinese. Una mostra che analizza il tentativo di costruire un linguaggio artistico politico e popolare di quel particolare momento storico e sociale. La mostra presenterà così un gruppo abbastanza ristretto di artisti (circa 80 le opere selezionare dal curatore) essenzialmente operanti tra Milano e Roma, mettendo a confronto linguaggi cosiddetti alti (pittura da un lato e arte concettuale e comportamentale dallaltro) e bassi (lillustrazione di riviste e di fanzine, come Re Nudo e altre), che in quegli anni hanno cercato di costruire un vero e proprio linguaggio espressivo al contempo innovativo e accettato dalle grandi masse , dove il confronto tra arte e illustrazione, tra arte e ciò che un tempo si definiva propaganda, pur essendo entrambi schierati ideologicamente dalla stessa parte, costituisce uno dei motivi più interessanti.