“La sua intelligenza e la sua apertura mentale sono state una scuola per tutte le mie esperienze lavorative susseguenti. Passare dal Seicento alle Avanguardie storiche, dal confezionamento di un libro o di un catalogo all’allestimento di mostre di artisti del XX sec. ha costituito un allenamento straordinario per chi lo seguiva, guidato e protetto dalla sua straordinaria capacità di controllo sia scientifico che organizzativo. Sempre curioso, mai disattento a quanto incontrava. Uno stimolo intellettuale continuo”. Così, nel 2019, in occasione di quello che sarebbe dovuto essere il suo ottantesimo compleanno, scriveva Angela Cipriani di Maurizio Fagiolo dell’Arco, di cui era stata assistente per lungo tempo.
Scomparso prematuramente nel 2002, a soli 63 anni, Fagiolo dell’Arco è stato uno dei più geniali protagonisti della scena artistica non solo italiana del dopoguerra, autore di studi pionieristici sull’arte del Seicento come sul Novecento italiano e internazionale; uno studioso che, con le sue innovative ricerche, ha rivoluzionato e enormemente arricchito il nostro modo di intendere lo sviluppo della storia dell’arte. Oltre ad essere stato un formidabile critico militante, tra gli anni Sessanta e Settanta, al centro delle ricerche più vitali non soltanto romane.
E proprio al suo intelligente anticonformismo e al gusto sicuro e raffinato delle sue scelte collezionistiche è oggi dedicata, in occasione dei vent’anni dalla morte, Omaggio a Maurizio Fagiolo dell’Arco: la bellissima mostra inaugurata il 23 giugno scorso a Roma, presso la Galleria Russo.
Circa quaranta le opere esposte, per lo più provenienti dalla eterogenea collezione dello storico dell’arte selezionate dalla moglie, Maria Beatrice Mirri, insieme a Laura Cherubini, a partire dallo splendido autoritratto firmato nel 1665 da Giovan
Battista Gaulli, il Baciccio: uno dei pezzi della collezione di dipinti del ‘600 romano donata dai coniugi Fagiolo al Museo del Barocco di Ariccia.
E poi – a testimoniare la vastità degli interessi e delle competenze maturati nel corso della sua carriera dal grande studioso – lavori eseguiti, durante tutto l’arco del ‘900, dagli artisti che furono al centro dei suoi eterogenei studi, da Carla Accardi a Balla, Boetti, Cagli, Cambellotti, de Chirico, Dorazio, Mafai, Paolini, Pascali, Fausto Pirandello, Alberto Savinio, Mario Schifano, Turcato, Warhol.
Compelta la mostra un bellissimo libro, curato da Laura Cherubibi, che sarebbe riduttivo definire catalogo, essendo composto anche da una corposa raccolta di testimonianze di artisti, studiosi, galleristi che si trovarono a vario titolo coinvolti nel trascinante percorso intellettuale di quel pensatore fuori dagli schemi e dalle cui testimonianze emerge la vastità degli interessi di Maurizio Fagiolo dell’Arco, in grado di spaziare dal Barocco ai Pittori dannunziani, dal Futurismo alla Metafisica, dalla Scuola
Romana alla Scuola di piazza del Popolo fino agli artisti più contemporanei.
Lo testimoniano due testi considerati fondamentali per la storia dell’ arte italiana pubblicati nel 1966 dall’ Editore Bulzoni ed entrambi riconducibili a Fagiolo dell’ Arco, allora non ancora trentenne: Rapporto 60. Le arti oggi in Italia, sulle esperienze artistiche più innovative del decennio, e Bernini. Una introduzione al Gran Teatro del Barocco.
Figlio del poeta e architetto Mario dell’Arco e di Anna Maria Manmano, Maurizio Fagiolo dell’Arco era nato a Roma il 22 novembre del 1939. Laureato in Storia dell’arte alla Sapienza di Roma, allievo di Giulio Carlo Argan, è stato professore all’Accademia di Belle Arti di Roma e giornalista (L’Avanti!, Il Messaggero, Il Giornale dell’Arte).
La sua straordinaria carriera inizia nel 1963, proprio con la pubblicazione della tesi di laurea su Domenichino seguita da Argan, di cui sarà assistente di cattedra alla Sapienza per tutto il decennio successivo. Già nel 1964, Nello Ponente lo instrada verso la critica militante chiamandolo a scrivere per l’Avanti!.
Importante e innovativa la sua pagina Le Arti, con articoli fondamentali per capire le più interessanti tendenze del contemporaneo commentati da disegni appositamente realizzati dagli artisti. Angeli, Ceroli, Schifano, Pascali e altri sconosciuti emergenti che di lì a poco si trasformeranno nelle star dell’arte del decennio sono da subito al centro del suo interesse.
Alla fine degli anni ’60 inizia a occuparsi delle avanguardie di primo Novecento: Balla e i Futuristi, Francis Picabia, Man Ray: in breve tempo diventa il loro studioso di riferimento. Mentre dal 1979 è Giorgio de Chirico a catturare la sua attenzione. In vent’anni di ricerche l’arte del pictor optimus, sino a quel momento osservata dalla critica solo nella fase Metafisica, viene scandagliata come mai prima di allora.
Proprio studiando de Chirico “inciampa” in un contesto tanto affascinante quanto, all’epoca, negletto, quello dell’arte italiana tra le due guerre, soprattutto di ambiente romano. I suoi studi e le mostre sulla Scuola Romana e il Realismo Magico e segnatamente su autori come Pericle Fazzini, Francesco Trombadori, Riccardo Francalancia, Guglielmo Janni, Scipione, Alberto Ziveri e Antonio Donghi hanno consentito a un’intensa pagina dell’arte del ‘900 di riemergere dall’oblio.
In parallelo ha sempre continuato a occuparsi di arte barocca, con particolare attenzione a Bernini e risultati dal punto di vista scientifico sempre eclatanti. Proprio nei giorni della sua scomparsa, avvenuta l’11 maggio 2002, era uscito in libreria, peraltro, il suo ultimissimo volume: Berniniana, novità sul regista del Barocco,edito da Skira.
Maurizio Fagiolo dell’Arco riusciva a occuparsi di tutto e di tutto contemporaneamente, un miracolo reso possibile da un oliato
metodo di ricerca basato sulla capillare raccolta di documenti originali (“quando si studia un artista sono importanti anche le liste della spesa”) e sulla fitta rete di relazioni allacciate con chi aveva avuto rapporti diretti con gli artisti: eredi, amici, ma anche i collezionisti che ne possedevano le opere e gli operatori che li trattavano sul mercato. Evitava di appoggiarsi su quanto già scritto da altri e andava dritto alle fonti e, così, riusciva a scardinare consolidate visioni viziate dal pregiudizio.