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Premio MUSE. Altre due parole con la curatrice Julia Rajacic

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La settimana scorsa, abbiamo avuto l’opportunità di conversare con Julia Rajacic, curatrice d’arte e co-ideatrice del premio d’arte digitale MUSE, approfondendo l’iniziativa realizzata in collaborazione con PPDS e sottolineando l’importanza della sostenibilità nel panorama artistico. Oggi, proseguiremo con la seconda parte dell’intervista, focalizzandoci sulla mostra che metterà in luce le opere dei 20 finalisti del premio, esaminando il mondo dell’arte digitale e il suo intreccio con la sostenibilità nel contesto del collezionismo. L’esposizione si terrà dal 23 novembre al 12 dicembre 2023.

CL: Come conclusione e culmine di questo premio sarà organizzata una mostra, raccontacene un po’:

JR: Considerando il contesto della mostra, ci saranno 20 finalisti: un vincitore del premio e due menzioni speciali (una riservata agli studenti e una assegnata dal pubblico). Nella mostra, saranno esposti i lavori di 17 artisti professionisti e di 3 studenti d’arte. Per partecipare, gli studenti, devono essere maggiorenni e iscritti a istituti italiani. Per gli artisti professionisti, la partecipazione è aperta a livello mondiale, con il criterio di avere almeno quattro mostre nel proprio curriculum.

CL: Come è nata l’idea di associare una mostra d’arte digitale al premio e qual è la filosofia dietro la mostra?

JR: Credo che sia sempre fondamentale sviluppare progetti con una visione globale che però abbiano anche un impatto locale. Abbiamo scelto l’Italia per il suo straordinario patrimonio culturale e Milano ci è sembrata la città ideale per discutere di innovazione e sostenibilità attraverso l’arte.

La finalità della mostra è stimolare il contatto e l’interazione con il pubblico, un momento cruciale dove il progetto ecosostenibile prende forma e diventa tangibile. I visitatori potranno vedere con i propri occhi come è possibile realizzare qualcosa di concreto in chiave sostenibile. Saranno anche invitati ad assegnare una menzione speciale, a sottolineare così il ruolo attivo del pubblico. Abbiamo il sostegno di diverse istituzioni locali, anche con il patrocinio del Museo Nazionale dell’Arte Digitale.

Questa prima edizione si svolge in Italia, ma il progetto sarà ripetuto e l’anno prossimo si terrà in un altro paese, che non possiamo ancora svelare.

CL: Esatto, l’idea è di presentare un modello in diverse realtà, paesi e città, fornendo un esempio tangibile…

Assolutamente!

CL: Quali sono i criteri di selezione delle opere per il premio?

JR: I principali criteri sono legati alla risposta alla tematica proposta, “The Energy for Tomorrow”. Questo premio vuole essere una “chiamata alle armi” per ispirare soluzioni e nuovi modi di approcciare la crisi energetica. Quindi, la pertinenza dell’opera alla tematica è fondamentale. Inoltre, prestiamo molta attenzione alla qualità delle opere. Soprattutto nell’arte digitale, è essenziale avere un approccio critico e garantire l’eccellenza dei lavori presentati.

CL: Le opere d’arte vengono inviate su supporto fisico o su cloud?

JR: Le opere ci vengono inviate tramite cloud. Abbiamo scelto un provider di servizi cloud alimentato da fonti rinnovabili. Abbiamo anche riflettuto sulla questione dei “rifiuti digitali”: ad esempio, abbiamo cercato di centralizzare tutto per evitare duplicati.

CL: PPDS darà in dotazione per la riproduzione delle opere degli schermi particolari, Philips Tableaux, in che modo la tecnologia e-ink degli schermi potenzia e valorizza le opere d’arte digitale e allo stesso tempo permette di essere sostenibili?

JR: Prima di tutto quando diciamo “nessun consumo d’energia”, dobbiamo sottolineare che, sebbene il display necessiti di energia per il caricamento dell’immagine, una volta effettuato questo processo, può essere completamente disconnesso dalla rete elettrica. Per quanto riguarda la tecnologia e-ink, è la stessa degli e-book, senza retroilluminazione e con in più la capacità cromatica di 60.000 colori, che consente una resa simile a quella della stampa tradizionale.

Questa soluzione l è ciò che rende particolarmente affascinante questo supporto. Ci porta a riflettere sul vero bisogno energetico delle nostre attività quotidiane, promuovendo un approccio essenziale e consapevole. Sebbene disponga di una più ampia gamma cromatica, il display non consuma più energia di quanto strettamente necessario.

La sua visibilità, garantita esclusivamente dalla luce, contrappone l’ambiente buio, spesso predominante nelle mostre digitali tradizionali, all’utilizzo di una fonte luminosa naturale. Questo permette di vivere un’esperienza “digital tangible”, attraverso un filtro che modula e modifica la percezione.

Gli artisti troveranno sicuramente stimolante sperimentare con questa tecnologia, poiché offre una resa visiva differente rispetto ad altri media. Inoltre, analogamente a quanto avviene con gli e-book, che permettono di portare con sé numerose opere su un unico dispositivo, anche in questo caso un collezionista potrebbe considerare attrattiva la possibilità di avere diverse opere d’arte su un singolo supporto.

CL: Quali sono le peculiarità degli schermi Tableaux che li rendono ideali per la mostra?

JR: A livello visivo, i Tableaux non sono aggressivi come possono esserlo gli schermi tradizionali, risultando meno affaticanti per la vista. Ciò permette di osservare le opere per un periodo di tempo prolungato. La possibilità di visualizzare un’opera digitale come se fosse un quadro tradizionale, senza la presenza di fili e cavi, riporta la sensazione di osservare una tela autentica. Credo che questo aspetto possa rappresentare un valore aggiunto per i collezionisti. Immagino un appassionato di arte digitale che desidera esporre le sue opere senza la necessità di complicati collegamenti.

CL: Essendo una nuova tecnologia e un nuovo supporto come gli artisti hanno risposto all’idea di mostrare le loro opere su schermi Tableaux? Hanno avuto bisogno di adattamenti speciali?

JR: Gli artisti hanno dovuto considerare alcune specifiche dei Tableaux; trattandosi di una nuova tecnologia, la resa visiva può differire rispetto a dispositivi tradizionali. Abbiamo fornito agli artisti gli strumenti necessari per effettuare dei test, permettendo loro di caricare le opere e controllare la qualità della visualizzazione.

CL: Come sai Collezione da Tiffany si occupa di collezionismo, quindi è doveroso affrontare questo tema: come credi che questa mostra e il premio possano influenzare la percezione del collezionismo d’arte digitale? Quali sono le principali differenze tra collezionare arte tradizionale e arte digitale, secondo te?

JR: Questa mostra offrirà l’opportunità ai collezionisti di arte digitale di scoprire una modalità innovativa e sostenibile di esporre l’arte digitale, che non richiede consumo energetico. L’arte digitale, pur rappresentando una “nuova” tendenza (non di ieri ma certamente non antica), sta suscitando crescente interesse grazie al dialogo innovativo proposto dagli artisti. C’è sicuramente una curiosità verso le espressioni contemporanee e una grande apertura mentale. Inoltre, l’arte digitale elimina molte delle problematiche associate alla conservazione, al trasporto e all’assicurazione delle opere, aspetti spesso problematici per i collezionisti.

CL: Come credi che il settore dell’arte possa diventare sempre più sostenibile nel prossimo futuro?

JR: La consapevolezza e la volontà ci sono, ma ora è il momento di agire. Nel mondo culturale abbiamo molteplici risorse e talenti per affrontare la transizione ecologica. Dobbiamo essere disposti a ripensare i nostri modi di fare, e già vediamo molte iniziative in questa direzione. Pensare a mostre più lunghe, lavorare con materiali riciclabili e collaborare con nuovi attori impegnati nella sostenibilità sono tutte azioni fondamentali. La scienza e l’arte stanno collaborando sempre più strettamente poiché entrambe riconoscono l’importanza dell’ecologia e dell’emozione nel comunicare temi urgenti.

CL: Sicuramente un elemento essenziale è poter garantire l’autenticità delle opere, come viene fatto?

JR: Anche se la nostra mostra non ha una natura commerciale, abbiamo pensato all’aspetto dell’autenticità, coinvolgendo una startup del settore, Aelig, per fornire strumenti e informazioni sull’argomento attraverso il supporto di una tecnologia blockchain e l’uso di un’applicazione dedicata.

CL: Essendo tema centrale di questo progetto la sostenibilità, come pensi si possa conciliare il collezionismo con la sostenibilità, soprattutto nell’arte digitale? Credi che il collezionismo d’arte digitale possa avere un impatto ambientale minore rispetto all’arte tradizionale?

JR: Dipende da come viene esposta l’opera digitale. Se conservata su una chiavetta, l’impatto è minimo. Se esposta su uno schermo sempre acceso, bisogna considerare il consumo energetico. Sottolineerei, però, la grande potenzialità dell’arte digitale per raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili, superando le barriere logistiche. Tuttavia, l’arte fisica ha un suo valore intrinseco e insostituibile, e c’è un modo differente di fruirne attraverso l’intero corpo.

CL: Un’ultima domanda, in che modo ritieni che la sostenibilità possa influenzare e plasmare l’arte del futuro e pensi che l’arte digitale abbia un ruolo particolare nella promozione della consapevolezza sulla sostenibilità?

JR: Per quanto riguarda i contenuti, da oltre 50 anni, diversi artisti e movimenti artistici, come la Land Art a partire dalla fine degli anni ’60, hanno evidenziato l’importanza di una nuova relazione tra Uomo e Ambiente. Oggi, la questione ecologica è centrale per molti artisti. C’è sicuramente una crescente riflessione su come minimizzare l’impatto ambientale della pratica artistica, una ricerca continua di nuovi materiali. Questa preoccupazione per l’ambiente spesso coincide anche con le esigenze di salute dell’artista: i materiali dannosi per l’ambiente possono danneggiare anche la salute. Inoltre, l’arte offre anche l’opportunità di riconnettersi con il territorio, di approfondire la conoscenza di piante, alberi e fiori della propria regione.

Sicuramente l’arte digitale permette di liberarsi di alcuni vincoli legati all’oggetto fisico, garantendo una diffusione più ampia. Inoltre, grazie a questa forma d’arte, è possibile apprezzare la visione di artisti provenienti da regioni remote e altrimenti poco accessibili. È il linguaggio contemporaneo, ma credo personalmente che l’arte fisica abbia una sua rilevanza e importanza. Entrambe le modalità possono coesistere, ognuna con le sue peculiarità.

Chiara Lorenzon
Chiara Lorenzon
Chiara Lorenzon, laureata in Storia dell'Arte, ha lavorato come assistente gallerista e nel servizio clienti di case d’aste. Dal 2023 collabora con Collezione da Tiffany.

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