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RÄ DI MARTINO: Screens, Props and Electric Lights

del

Una caratteristica della contemporaneità è l’appropriazione. Riutilizzare ciò che la realtà ha già prodotto per modificarlo, trasformarlo o semplicemente inserirlo in un dispositivo visivo differente. Una modalità che ha radici lontane dal punto vista storico-artistico. Nicolas Bourriaud in “Post production. Come l’arte riprogramma il mondo” (edito da Postmedia 2004), definisce l’uso del mondo “una nuova forma di cultura, che si potrebbe definire cultura d’uso o dell’attività” in cui “l’opera d’arte funziona come terminazione temporanea di una rete di elementi interconnessi, come narrativa che si estende fino a reinterpretare le narrative che l’hanno preceduta”.

Rä di Martino, The Sun or an Electric Light #2, 2017, archival pigment print. 87 Å~ 62 cm (90,5 Å~ 65,5 cm framed). Ed 1/3

Le opere di Rä di Martino (1975) sono prelievi di storie che ne formano altre, racconti che ruotano intorno alle possibilità offerte dalle immagini (statiche o in movimento) e alla loro capacità di agire sulla memoria. Ospite negli spazi di LCA studio legale con la mostra “Screens, Props and Electric Lights”, con la collaborazione della Monica De Cardenas Gallery e di AXA XL Art & Lifestile e Apice, visitabile fino al 20 novembre 2020, presenta una serie di fotografie, un video e un oggetto scultoreo. L’evento è parte del progetto LAW IS ART, un’iniziativa consolidata dal 2014 che vede lo studio legale impegnato nel sostegno di artisti mid-career, attraverso mostre nella propria sede o in altri luoghi privati (Palazzo Borromeo) e di premi come il Premio LCA per Emergent in occasione della fiera milanese MIART (andato nella scorsa edizione alla galleria Vin Vin Gallery di Vienna con la personale di Saskia Te Nicklin ) e il Premio Fotografia Under 35 durante ArtVerona (assegnato a Anna Di Prospero).

Rä di Martino, Abandoned Movie Props (Tibet), 2011. Lambda Print. 62 Å~ 62 cm framed, 1 a.p.

Rä di Martino indaga e sonda la dicotomia tra realtà e finzione, che per natura è già insita nei media stessi da lei utilizzati. Se da un lato le immagini costituiscono una fonte primaria come testimonianza oggettiva, per converso assumono nella loro formazione quella possibilità di una manipolazione, che agisce come costrutto di un artificio scenico. La scelta di un’inquadratura rappresenta già di per sé una selezione, che include e esclude qualcosa, che racconta una storia piuttosto che un’altra diversa. Attraverso le immagini costruiamo la memoria personale o collettiva, non scevra da dissimulazioni. Media come teatro, fotografia e cinema, i linguaggi a cui attinge l’artista, consentono, proprio per la loro libertà espressiva e sperimentale e per la possibilità di teatralizzazione, di costruire narrazioni non lineari. Utilizzando impianti compositivi che introducono variazioni e variabili che sono in grado di esercitare non solo una fascinazione estetica, ma anche un coinvolgimento emotivo.

Rä di Martino, The Sun or an Electric Light #3, 2017, archival pigment print. 43,5 Å~ 62,5 cm, framed. Ed 1/3

“Di chi è la casa dopo la collina?” è una delle prime batture del film Controfigura, il lungometraggio presentato dall’artista alla 74a edizione della Mostra del cinema di Venezia, con Filippo Timi, Valeria Golino, Corrado Sassi. Remake dal film The Swimmer (Un uomo a nudo) di Frank Perry del 1968, tratto dal libro di John Cheever, racconta il ritorno a casa di un uomo attraversando le piscine incontrate durante il tragitto. The Swimmer 2017 sono quattro piccole fotografie di scena (con Filippo Timi, Corrado Sassi e un edificio tipico marocchino), che rappresentano “alcuni momenti chiave del film”, come ci spiega di Martino. Ambientato a Marrakech (dove è stata per diverso tempo e in cui ha realizzato altri progetti) racconta le vicende parallele di una troupe intenta a girare un film: la ricerca delle location (le piscine di amici e conoscenti), degli attori locali e il girato vero e proprio. Si tratta di storie dentro altre storie che restano inconcluse, e che alimentano nuove narrazioni in cui traspare la ricerca di un’identità e di un epilogo (che non avviene). La voce fuori campo, i dialoghi in italiano e in arabo, la musica (un recupero dall’archivio familiare, un album realizzato dai genitori che sono stati musicisti), concorrono a restituire una dimensione straniante allo spettatore. Dalla stessa occasione nascono gli scatti della serie The Sun or an Electric Light 2017, oggetti utilizzati durante le riprese “mi sono innamorata degli oggetti di scena e quindi ogni tanto li spostavo e li fotografo, e ho fatto una serie fotografica che parla di riflessi, di luci e della funzione del cinema”.

Rä di Martino, The Swimmer #2, 2017, archival pigment print on baryta paper. 21,5 Å~ 34,5 cm framed. Ed 1/3

Sono le grandi produzioni americane a fornire all’artista materiale di indagine da cui nascono Abandoned Movie Props 2011 e Every World’s a Stage 2012, fotografie che ritraggono le macerie dei set cinematografici dimenticate in mezzo al deserto nord africano. Nessun intervento ambientale che rimanda immediatamente alla memoria opere note per la loro dislocazione in spazi naturali come Spiral Jetty di Robert Smithson o Double Negative di Michael Heizer, ma residui di un’umanità intuibile nelle architetture consunte dal processo creativo del tempo. Presenze in un paesaggio che lascia un repertorio di forme in continua trasformazione, destinate all’inesorabile disfacimento che restano sospesi in quegli scatti, a cui l’artista restituisce una valenza nuova. Ci racconta di essersi imbattuta in uno di quei set cercando in Google Earth “un utente era convinto che appartenessero al film Il Paziente Inglese invece si trattava di Guerre stellari”. Queste ultime sono proprio il soggetto della seconda serie Every World’s a Stage 2012, fotografie scattate in camera oscura e che ha scelto di non intelaiare, tanto che sembrano fluttuare nelle cornici. Provvisorie come lo sono quelle forme nel deserto. No more stars (landscape) 2017 è invece una scultura costituita da un visore vintage di diapositive un, modello Argus preViewer, posto sopra una base di legno, in cui è possibile guardare gli stessi paesaggi desolati.

Rä di Martino, The Sun or an Electric Light #1, 2017, archival pigment print. 72,5 Å~ 107 cm, framed. Ed 1/3

“Lui è una rovina mediatica che scrive queste frasi d’amore di tutti i film del mondo”, il soggetto a cui di Martino si riferisce è Jerry, il protagonista del video di Poor poor Jerry, 2017. Un topolino cammina solitario in un fantomatico futuro apocalittico, “è perso in un deserto, vecchio e stanco, ma per me è come una specie di angelo che ci purifica da tutte queste cose che noi abbiamo visto sovrabbondanza”, continua. Il luogo è reale e quasi lunare, l’isola di Lanzarote in cui inserisce un elemento ripreso dall’immaginario collettivo, il personaggio del topo Jerry che ricordiamo come l’antagonista del gatto Tom, nella serie “Tom & Jerry”. A differenza di come lo abbiamo conosciuto sullo schermo, lo ritroviamo segnato dal tempo e affaticato, accompagnato da un sottofondo musicale e da parti di dialoghi che appaiono in sovraimpressione, creando una dislocazione tra ciò che si legge e ciò che viene proiettato.

Rä di Martino, Abandoned Movie Props (Crater), 2011. Lambda Print, 62 Å~ 62 cm framed. Ed 2/2

Tra realtà e finzione lo sguardo e la memoria sono spesso “ingannati”. Per questo motivo occorre tentare un approccio che non si limiti alla pura osservazione (per quanto la natura estetica del nostro specifico contesto sia il primo elemento di analisi), ma occorre provare a sondare i territori che stanno sotto le sovrastrutture. L’artista, attraverso la capacità di entrare nelle storie e restituirle al pubblico, non aspira a fornire rivelazioni che si affermino come certezze, quanto piuttosto come dispositivi che invitano a una riflessione, a porsi interrogativi e a scavare come dentro matrioske le nostre memorie.

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