Tutte le immagini scompariranno ci aveva avvertito la scrittrice francese Annie Ernaux nell’incipit del romanzo Gli Anni, in cui ripercorre la sua storia e quella della Francia, in parallelo, utilizzando anche le fotografie come scintille capaci di accendere i ricordi. Ho pensato e ripensato a queste parole proprio mentre passeggiavo tra gli stand dei quasi 100 espositori che si sono dati appuntamento all’11a edizione del MIA – Milan Image Art Fair dal 28 aprile al 1 Maggio a Milano.
Tra centinaia e centinaia di immagini, opere d’arte fotografiche, e non solo, che si mostrano ai visitatori non tutte scompariranno. O almeno non tutte nello stesso momento e nello stesso modo. Molte si salveranno perché queste immagini, come opere d’arte, sono in attesa che i collezionisti le portino via nelle loro case o qualche appassionato, fotografandole, le salverà nella memoria del proprio smartphone. Entrambi le condivideranno, in privato o sui social, dando loro una nuova dimensione.
Camminando da una Galleria ad un’altra mi domandavo quali saranno mai quelle immagini che resteranno e che non scomparirano? Quali quelle che andranno a costruire una memoria condivisa? E ho cominciato ad ipotizzare…
Saranno quelle che hanno la forza di rievocare, con solennità, anni sanguinosi come le foto di Letizia Battaglia portate dalla Galleria Alberto Damian o quelle di Piero Gemelli che nel suo trittico di scatti per Vogue ironicamente ci mette in rapporto con l’arte e la storia?
O forse saranno le opere di Aldo Salucci che immagina una natura che si appropria di alcuni spazi abbandonati dall’uomo, spazi che le erano stati tolti, ma lo fa in maniera armonica senza tragedie? Oppure saranno i dettagli dei nudi di Anan Lelouch che nella serie Venere presentata dalla Fine Art Images di Chieri si presentano come una poetica sineddoche del corpo femminile.
Oppure resteranno gli esperimenti premiati con il “New Post Photography”, curato da Gigliola Foschi e nato con l’obiettivo di promuovere le tendenze innovative? Tra i vari progetti segnalo l’installazione di Francesca De Pieri che ha unito delle tessere di carta velina con un sensore di movimento che le fa vibrare quando l’osservatore si avvicina con un effetto interattivo.
E che dire delle gallerie nella sezione MIDA con le opere che uniscono fotografia e design, fotografia e gioielli firmati da artisti storicizzati e contemporanei come Dalì, Anish Kapoor, Consagra, Riccardo Gusmaroli, Chiara Dynys tutti esposti dalla BABS Art Gallery?
Molto interessanti sono i dialoghi tra fotografia e opere di pittura, scultura e particolari installazioni nella sezione curata da Domenico de Chirico che ha coinvolto 8 gallerie per Beyond Photography – Dialogue. D’impatto, a tal proposito, sono le fotografie satellitari di Max Serradifalco in dialogo con le opere di Alan Borguet.
Il MIA si conferma essere un momento importante e utile per fermarsi a leggere le mappe dell’ideale viaggio alla scoperta di linguaggi artistici e per monitorare punti di approdo o utili soste per salpare verso nuovi orizzonti.
Come le opere presenti da LIS10 della giovanissima Laetitia Ky, rappresentante della Costa d’Avorio alla Biennale di Venezia, che con il suo corpo e i suoi capelli in particolari ci porta nel continente primordiale a riflettere sul colonialismo, sulle pratiche delle mutilazione genitale e sull’attivismo femminista con un tocco ironico.
Salvare qualcosa del tempo in cui non saremo mai più conclude Annie Ernaux nel romanzo cui accennavo all’inizio. È quello che a volte chiediamo all’arte in generale e alla fotografia in particolare. Cui abbiamo dato il compito di immortalare.