Miart ha inaugurato la stagione fieristica italiana con una fiera tanto italiana quanto internazionale. Dopo la debole edizione dello scorso autunno, che aveva sofferto gli effetti non soltanto dell’impatto della pandemia, ma anche del calendario saturo di eventi riprogrammati in fretta in tutta Europa, la kermesse meneghina si è ripresentata, nel giro di pochi mesi, con un format che non delude le aspettative e che, anzi, nella prima giornata di preview ha registrato grandi numeri sia in termini di visitatori che di vendite.
I galleristi si sono detti felici, innanzitutto, del layout e dell’organizzazione. Miart torna, sotto la guida riconfermata di Nicola Ricciardi, al piano terra di Fiera MilanoCity, con una disposizione degli stand classica e tuttavia più ariosa. Nonostante il grande numero di gallerie partecipanti (anche se inferiore agli anni precedenti: 150 da 21 Paesi) la fruizione è agile e le gallerie hanno saputo sfruttare bene gli spazi, con presentazioni eleganti e ben calibrate nella quantità di opere, tranne qualche eccezione.
In generale si riscontra una mancanza di grandi installazioni e, per quanto riguarda i media, non stupisce la sovranità della pittura figurativa. Tuttavia colpisce positivamente la scelta diffusissima di presentare lavori di medie e piccole dimensioni in ceramica, un materiale che, come sappiamo, negli ultimi anni è stato riscoperto con entusiasmo.
Anche quest’anno la fiera è suddivisa in sezioni, ma il numero è stato ridotto a tre: Established, Emergent e Decades. Una distinzione chiara anche sulla mappa, insomma una scelta che permette di orientarsi velocemente e da cui forse altre fiere dovrebbero prendere esempio.
Nel complesso la giornata di preview è stata descritta e vissuta dai galleristi con grande positività, e non c’è da stupirsi: la hall si è riempita di un pubblico vivace e internazionale fin dall’apertura, osservando già nel primo pomeriggio la presenza di collezionisti stranieri – perlopiù tedeschi, francesi e inglesi – fino a saturarsi nelle ore pomeridiane del vernissage.
Nella sezione Established, la galleria Hubert Winter di Vienna si ripresenta strategicamente quest’anno con opere Birgit Jürgenssen (Vienna, 1949 – Vienna, Austria 2003), è infatti una delle artiste scelte da Cecilia Alemani per la mostra della Biennale di Venezia di quest’anno, intitolata “The Milk of Dreams”.
Oltre all’Austria, anche la Germania è molto presente: Chert Lüdde (Berlino) ha un’elegante presentazione degli artisti di scuderia e una alcova tutta dedicata alla nuova artista rappresentata Monia Ben Hamouda (Milano, 1991) che nelle sue grandi installazioni attinge alla calligrafia araba e ai colori e profumi delle spezie orientali. Tra le gallerie di Berlino ci sono anche Klemm’s, di cui segnaliamo i lavori della giovane emergente Elizabeth Jaeger.
Non manca naturalmente la Galerie König, che invita alla visita dello stand con una scultura di Elmgreen & Dragset, presenti a Milano anche con la mostra “Useless Bodies?” alla Fondazione Prada, appena inaugurata e già tra le più visitate in questa Milano Art Week.
La milanese Clima gallery è tra le gallerie che più colpiscono, invitando i visitatori in uno stand scenografico, raffinato e al contempo potente, con una presentazione basata su un confronto cromatico e materico tra Nicola Martini e Matteo Nasini, tra gli artisti più apprezzati sul territorio italiano.
Tra le gallerie milanesi, ben due introducono lavori di artisti africani. La Galleria Bianconi presenta i coloratissimi lavori di Boris Nzebo (Gabon, 1979). C+N Canepaneri presenta un interessante dialogo tra i toni caldi di Claudio Costa e quelli fluorescenti della giovane Ayobola Kekere-Ekun (Nigeria, 1993). Alla fine della giornata i galleristi sono entusiasti delle numerose vendite e della risposta del pubblico.
Tra le proposte più interessanti di quest’anno c’è sicuramente Eva Beresin (1955, Budapest, Ungaria) la cui pittura sta vivendo un ottimo momento e non è difficile capire il perché: le sue composizioni corali con personaggi dai tratti cartoonistici hanno un segno di ispirazione espressionista e incorporano con intelligenza e delicatezza riferimenti a Picasso e Goya. La galleria M+B di Los Angeles, a metà giornata, dichiara il quasi sold out.
Anche la galleria Lelong (Paris, NY), quando chiediamo l’esito della mattinata, segnala la vendita di due foto di David Hockney e si dice molto ottimista anche per il resto dello stand, dove colpiscono i lavori di Kiki Smith.
Ritroviamo poi gli irriverenti ed erotici acquerelli su carta di sandalo intelata di Shafei Xia (ShaoXing, Cina 1989) da P420, che ha uno stand affollatissimo e proprio di Xia ha già venduto varie opere (prezzo medio 7mila euro), oltre a un delicatissimo piccolo dipinto di Merlin James a 12mila euro.
Le ceramiche, come abbiamo detto, sono molto presenti in questa edizione di Miart, nelle forme e declinazioni più svariate: ci sono i vasi colorati di Riccardo Previdi alla Galleria Massimo e Francesca Minini e quelli floreali di Chiara Camoni da Spazio A, i molluschi di Raphael Danke da Norma Mangione gallery e numerose altre sperimentazioni interessanti.
La sezione Emergent curata da Attilia Fattori Franchini é, come negli anni passati, la prima che si incontra entrando in fiera: una sorta di corridoio piacevolmente obbligatorio, una scelta sensata che permette una democratica visibilità alle giovani gallerie che presentano artisti emergenti.
Spicca la scelta da parte di diverse gallerie di colorare le pareti degli stand, come Sperling (Monaco), il cui artista Andrew Gilbert unisce fatti storici con narrazioni di fantasia in una pittura coloratissima e scanzonata. Sempre da Monaco arriva anche Nir Altman, che presenta un interessante dialogo tra le sculture di Josephine Baker e i dipinti geometrici ma dai richiami metafisici di Catalin Pislaru.
Martina Simeti presenta un progetto con numerosi giovani artisti stranieri e italiani, tra cui Davide Stucchi e Maurizio Vetrugno. Gilda Lavia propone i delicati lavori di Pamela Diamante, sperimentazioni fotografiche che includono l’utilizzo della pietra paesina, in un poetico dialogo con fotografie di paesaggi marini. L’artista è attualmente in mostra in questi giorni anche nella Project Room della Fondazione Arnaldo Pomodoro.
Miart ha accolto un pubblico dell’arte decisamente numeroso ed entusiasta, forse perché da troppo tempo a digiuno di arte e pubbliche relazioni. Un bilancio decisamente positivo per il primo giorno della prima fiera italiana del primo anno post-pandemia.