Dopo il report di Artprice.com sulle aste, anche il TEFAF Art Market Report 2015, curato da Clare McAndrew di Arts Economics e presentato venerdì scorso alla fiera di Maastricht, conferma il bilancio positivo del mercato italiano dell’arte e dell’antiquariato che nel 2014 è cresciuto complessivamente (aste + gallerie) del 10% in valore rispetto al 2013. Facendo registrare una performance superiore alla media: a livello globale, infatti, il mercato dell’arte è cresciuto del 7% raggiungendo un valore di 51 miliardi di euro, il livello più alto di sempre che segna il superamento del picco raggiunto nel 2007 e un +81% su quel 2009 che, a causa della crisi finanziaria, aveva segnato il punto più basso della storia recente del mercato. Una performance, quella italiana, che arriva dopo anni di stagnazione se non addirittura di calo pronunciato (anche superiore al 40%) e a cui corrisponde anche una sostanziale crescita dei prezzi medi.
Italia: cresce il valore, ma calano le quote di mercato
A differenza di quello redatto da Artprice.com, il rapporto sul mercato presentato annualmente in occasione The European Fine Art Foundation – TEFAF prende in esame tutti i segmenti di questo settore economico. E questo ci permette un’analisi ben più precisa dello stato di salute del nostro mercato dell’arte. Il primo dato che salta all’occhio è la totale assenza, nel nostro Paese, della fascia alta. E questo fattore determina un minor peso, a livello globale, dell’Italia in termini di valore.
Nonostante la crescita, infatti, il mercato italiano perde quote a livello internazionale e oggi pesa per lo 0.8% nel mondo e per il 2.5% in Europa, quando nel 2013 l’Italia rappresentava, rispettivamente, l’1% e il 3% del mercato dell’arte. Un calo che, in modo più o meno marcato, riguarda comunque tutte le piazze ad eccezione della Cina che torna ad essere leader globale scavalcando gli Stati Uniti. E il quadro non cambia guardando alla sola Europa, dove il Regno Unito guadagna quote di mercato a “discapito” degli altri competitor. Una situazione dovuta, in primo luogo, al settore delle aste che in Italia (come in altri paesi) è decisamente più debole che in hub importati come la Cina, gli Stati Uniti o l’Inghilterra.
Aste: tornano a crescere i prezzi medi
Le aste rappresentano oggi il 48% in valore del mercato dell’arte globale e nel 2014, complessivamente, hanno totalizzato 24.6 miliardi di euro, facendo registrare un +9% rispetto al 2013 e recuperando un +88% rispetto al 2009. A livello geografico questo segmento è dominato, come detto, da Stati Uniti (35%), Cina (31%) e Regno Unito (20%). Agli altri rimane solo un misero 14% da spartirsi. Una fetta esigua che per il 5% è conquistata dalla Francia e in cui l’Italia rappresenta l’1% in valore – come la Germania, la Svizzera, l’Austria e il Giappone.
Il quadro cambia in modo significativo se si guarda, invece che al valore, al numero delle transazioni. In questo caso il nostro Paese pesa per il 5% a livello globale (-1% sul 2013) e si colloca al 7° posto dietro a Stati Uniti (20%), Cina (19%), Francia (12%), Regno Unito (9%) e Germania (7%). Percentuali che la dicono lunga sull’influenza della fascia alta del mercato. E basta dare uno sguardo ai prezzi medi per rendersene conto. Nel 2014 il prezzo medio di un’opera venduta all’asta in Italia è stato di 7.455 euro contro i 9.206 euro della Germania – tanto per citare il mercato più vicino al nostro in termini di performance – e una media europea di 24.081 euro. Se poi si guarda al Regno Unito, il confronto fa quasi impallidire: 86.822 euro. Al di là di questo è da rilevare come, dopo la timida crescita registrata nel 2013 (+0.6), i prezzi all’asta siano cresciuti in Italia in modo significativo nell’ultimo anno: +24.8%. E anche se il nostro Paese rimane ancora all’ultimo posto, questa crescita risulta più marcata che altrove. Ma siamo ancora molto lontani dai livelli pre-crisi quando il prezzo medio di un lotto battuto in Italia era di 23.247 euro (dato 2007).
Galleria: vendite in crescita, ma cala il fatturato
Parallelamente a quello delle aste cresce anche il mercato delle vendite d’arte private e in galleria. Qui le stime sono più vaghe, vista la minor trasparenza di questo segmento, ma stando alle percentuali divulgate dal TEFAF Art Market Report 2015, le vendite nella fascia di prezzo tra i 3000 e i 50.000 euro (in cui si colloca quasi il 90% delle transazioni italiane) sarebbero cresciute di numero nel 2014, facendo registrare un +10% rispetto al 2013. Una stima credibile visto che in Italia le gallerie rappresentano circa il 73% del mercato (Fonte: Nomisma) e la percentuale è in linea con l’andamento generale del nostro Paese.
A questa crescita nel numero delle transazioni non corrisponderebbe, però, un aumento del fatturato che, stando all’indagine condotta da Arts Economics per TEFAF, si sarebbe contratto mediamente del 13%. E questo significa solo una cosa: che la maggior parte di queste transazioni si concretizzano nelle fasce più basse di prezzo.
Un collezionismo poco internazionale
Un altro dato interessante che emerge dal rapporto di TEFAF, è quello relativo al commercio estero delle opere d’arte, che ci consegna l’immagine di un mercato italiano molto domestico (dati 2013, ultimi disponibili). Nel secolo della globalizzazione, i nostri collezionisti se comprano lo fanno in Italia, tant’è che il nostro Paese praticamente non importa arte e nel 2013 l’import italiano in questo settore è crollato del 53%. E a dire il vero, anche sul fronte dell’export l’Italia non è attivissima e se rispetto al 2012 si osserva una crescita del 47% oggi rappresentiamo solo il 2% delle esportazioni globali d’arte.
Dati, quelli relativi al nostro commercio estero, su cui pesano molto le nostre leggi e una burocrazia che rendono la vendita all’estero molto macchinosa se non addirittura impossibile. Oltre al fatto che la crisi ha ridotto le possibilità economiche di molti nostri collezionisti. A conferma di ciò, il fatto che per il 2014 l’Italia non è tra le nazioni indicate dai mercanti e dai galleristi internazionali come terra di origine dei loro principali clienti. Come se non bastasse, il nostro paese ha un peso vicino allo 0 per quanto riguarda i grandi collezionisti, mentre nel 2004 rappresentavamo, a livello globale, il 3% di questa particolare categoria.