Asta più che lineare per Il Ponte che ha chiuso la sua vendita autunnale di arte moderna e contemporanea con un totale di 2.078.400 di soli hammer price (la casa d’aste non ha ancora pubblicato il risultato comprensivo di diritti)e una percentuale del 71.5% in lotti venduti. Cifre che confermano il ruolo di primo piano che la casa di via del Pontaccio a Milano si è guadagnata negli ultimi 7 anni. L’asta parte bene già dalla mattina con i primi 116 lotti che trovano, quasi tutti, un nuovo proprietario, realizzando un parziale di circa 430.000 euro di soli prezzi di martello, con una percentuale di venduto del 70%. Tra le performance migliori della mattinata, ottima quella del piccolo Negativo-prositivo di Bruno Munari del 1950 che, proposto al lotto 85 con una stima 6-8.000 euro, è stato aggiudicato a quasi tre volte al stima massima: 22.000 euro.
E dello stesso tenore sono state anche le aggiudicazioni dei lotti 106 – La figlia dell’Ovest, carboncino su carta del 1919 a firma di Carlo Carrà valutato 6.500-7.500 euro e battuto a 28.000 – e 116: Polline disegno di Adolfo Wildt datato 1917 e aggiudicato per 24.000 euro contro una stima in catalogo di 12-15.000 euro. In questo caso, peraltro, ci troviamo di fronte anche alla più alta aggiudicazione mai realizzata per un lavoro su carta di Wildt. Aggiudicazione che supera il precedente primato di categoria realizzato a maggio scorso da Bertolami Fine Arts quando un suo disegno fu battuto per 20.000 euro. E bene è andata anche la Composizione di Atanasio Soldati al lotto 109 che, partendo da una stima di 10-12.000 euro, ha sentito il martello battere a 17.000 euro.
Alle 15.30 circa è la volta della seconda tornata, la più importante dell’asta n. 410 del Ponte. 128 i lotti in vendita e la netto di qualche invenduto “eccellente” – come il Concetto spaziale su lamiera dipinta di Lucio Fontana al lotto 243 – il ritmo delle offerte si mantiene buono anche se per buona parte del pomeriggio non si assiste ad aggiudicazioni di rilievo con le prime 50 opere che vanno via tranquille, senza troppi intoppi. Nella prima metà dell’asta pomeridiana, di fatto, gli unici due lavori che fanno registrare delle performance degne di nota sono l’olio su tela (Senza titolo) del 1973 di Wifredo Lam al lotto 144, aggiudicato per 38.000 euro contro una valutazione di 18-20.000, e la tecnica mista su carta applicata su masonite dello stesso autore al lotto 154. In questo caso si tratta di un’opera del 1979 proposta in catalogo con una stima di 10-12.000 euro e battuta a 22.000.
Bene anche la Testa di Fauno (1957) di Enrico Baj al lotto 159 che doppia le aspettative con il martello che batte a 12.000 euro e va oltre la stima massima anche la piccola scultura di Pietro Consagra al lotto 165 – Colloquio col vento (1962) – che sente battere a 36.000 euro contro una stima più alta di 30.000 euro. E lo stesso fa il primo dei due Dorazio in asta: Cercarola I del 1974, aggiudicato per 22.000 euro. Ottima la performance di Riquadro nero e bianco, acrilico su tela di Carla Accardi del 1996 che, partendo da una stima di 5-7.000 euro, è stato venduto per 17.000 euro. Ma tutti e tre i lotti a nome dell’artista siciliana riscuotono il consenso del pubblico con aggiudicazioni di buon livello.
Più o meno a metà tornata sono prima François Morellet al lotto 180, con 6 doubles trames 0°15°30°45°60°75° (1969), e poi Hervé Télémaque al lotto 183, dove è presente Par le sang n.2 del 1972, a far registrare due delle aggiudicazioni più esaltanti della giornata. La serigrafia su tavola di Morellet parte da una stima di 15-25.000 euro e subito si accende una bella battaglia che rapidamente fa salire le offerte fino all’hammer price di 85.000 euro. L’opera di Télémaque è valutata, invece, 30-40.000 euro e al termine di una vivace e lunga contesa viene battuta a 77.000 euro.
Al lotto 192 tocca poi a Piero Gilardi animare l’asta con la sua Sassaia di fiume del 1968 che, partita da una stima di 10-15.000 euro vola a 42.000 euro. Paolini è in serata decisamente no e anche Calzolari non brilla particolarmente. Per una ventina di lotti si susseguono aggiudicazioni nelle stime, qualche invenduto e anche alcune vendite sulla la minima, come nel caso della bachelite di Vincenzo Agnetti, data a 35-50.000 di stima e battuta a 34.000 euro. Niente da temere, comunque, e tutto procede liscio fino al nuovo guizzo. Siamo al lotto 214 ed è il momento di Roman Opalka, presente in catalogo con Opalka 1965/1- Detail 1370001 – 1373095, un piccolo inchiostro su carta valutato 25-35.000 euro che sale fino a 56.000 euro.
Mancano 52 lotti alla fine. Dopo l’ottima aggiudicazione della carta di Fontana al lotto 215 (un Concetto spaziale del 1949) fallisce il secondo Agnetti in catalogo e così Dadamaino. Alviani non delude e il piccolo olio su cartoncino di Irma Blank supera agilmente le aspettative massime. Ma il momento hot di quest’ultima parte dell’asta del Ponte è quando scende in campo Carol Rama. 6 le opere a suo nome di cui solo una rimane senza compratori e la cui vendita registra il momento clou al lotto 225, un Senza titolo del 1944 realizzato a matita colorata e acquerello su carta e valutato 10-15.000 euro. Al termine di un susseguirsi intenso di offerte questo lavoro raggiunge addirittura gli 80.000 euro di prezzo di martello. Decisamente la performance migliore della serata e soprattutto il miglior hammer price per un lavoro su carta dell’artista torinese. Il precedente “record di categoria” apparteneva ad un lavoro del 1966 venduto a Londra da Sotheby’s a giugno per 24.000 euro.
Sul finale buona prestazione di Baruchello, presente con alcune sculture e di Fausto Melotti che dopo aver mancato la vendita del top lot – I sette savi (un elemento) al lotto 232 che aveva guadagnato anche la copertina del catalogo – si rifà con la sua scultura in ottone al n. 244, Toro, aggiudicata sopra la stima massima a 37.000 euro. Alla fine la seconda tornata si chiude con un totale di 1.648.400 euro di soli prezzi di martello e un tasso di vendita superiore al 73% in lotti.
NOTA PER IL LETTORE: Salvo dove indicato diversamente i prezzi riportanti nell’articolo non comprendono i diritti d’asta.