Se parli con i cosiddetti insider del mondo dell’arte, tutti ti dicono che le gallerie hanno perso il loro ruolo di luoghi della cultura: si partecipa al vernissage e, poi, chi si è visto si è visto, tutto ruota ormai attorno alle fiere. Una fotografia decadente, che crea nostalgia per un mondo che sembra non avere più il tempo di fermarsi a riflettere su ciò che offre e sempre più sbilanciato sull’aspetto commerciale. Elemento di fondamentale importanza, certo, ma a cui non può limitarsi chi si occupa di arte contemporanea. Lo sa bene Guido Cabib, gallerista di lungo corso che, lasciata la sua Napoli, si è trasferito a Milano per dar vita ad uno degli spazi più interessanti della scena indie italiana: The Format – Contemporary Culture Gallery.
Trovare The Format non è la cosa più semplice del mondo. Il numero 10 di Via Pestalozzi ha tutto il sapore programmatico di un intervento di arte relazionale in cui il visitatore, varcato il cancello, entra in un dedalo di vicoli che ti porta in un ambiente post-moderno fatto di laboratori artigianali, autofficine e abitazioni. Appena si imbocca la strada giusta, un vecchio Bedford rosso, arrugginito e ammaccato, ti accoglie con il suo sorriso a grata metallica, come a dirti che stai entrando in un luogo diverso, non la solita galleria/vetrina ma una vera e propria fucina, in cui si assemblano, sottoforma di opere, pensieri e idee. Caratteristiche che fanno di The Format un vero e proprio dispositivo in grado di attivare la creatività del visitatore; un luogo di dialogo e confronto, dove il processo, la scoperta e l’incontro con l’arte e con gli altri assume una centralità fondamentale. Non è un caso, d’altronde, se la sede di The Format – una vecchia falegnameria in disuso da tempo – mixi nel suo aspetto: l’ufficio, l’open space e l’appartamento bohémien con tanto di camera e salotto con affaccio sulla galleria vera e propria.
Questa descrizione vi sembrerà superflua ma vi assicuro che non lo è: l’aspetto architettonico, infatti, è elemento cardine di questo progetto che ti pone, fin dall’ingresso, in una relazione di familiarità con quella cultura contemporanea che ancora oggi, invece, allontana più che attrarre: e i numeri del mercato italiano la dicono lunga!
Basta, d’altronde, leggere l’apertura dello statuto di questa creatura anomala nel panorama contemporaneo italiano per capire di che pasta è fatta The Format: «Noi crediamo in un futuro migliore per tutti, dove la cultura, l’ambiente, la ricerca, l’innovazione, la collaborazione, l’apprendimento e la condivisione, siano gli strumenti con i quali tutti possono crescere e migliorare. Noi ci proiettiamo nel futuro e per questo lavoriamo, insieme. Noi crediamo nel lavoro, materiale ed intellettuale. Usiamo i media, ma sappiamo con certezza, che il mondo reale esiste e che le relazioni personali possono funzionare, se c’è onestà ed impegno. Noi crediamo nella condivisione di idee e principi , nello scambio di informazioni , nel rispetto reciproco. Noi vogliamo aiutare ed essere aiutati a crescere, insieme!».
Ma adesso basta parlare e ascoltate, in questo video, come Guido Cabib, classe 1956 e tra i primi a portare in Italia, a metà anni Novanta, artisti come Damien Hirst, Hiroshi Sugimoto o Richard Prince, racconta il suo neonato progetto (2012):
Per saperne di più: http://theformatcontemporaryculturegallery.4ormat.com/#1