L’ultimo week end di maggio a Torino ha avuto luogo The Phair, la fiera interamente dedicata alla fotografia, secondo punto focale dell’arte a Torino, dopo il periodo tradizionale di inizio novembre.
Giunta quest’anno alla sua terza edizione, The Phair nel 2021 fu, come ha ricordato il presidente Roberto Casiraghi nel corso della conferenza stampa introduttiva, la prima fiera a riaprire al pubblico in una situazione di quasi-normalità dopo il lungo lockdown dovuto al covid.
Oggi, in un momento in cui la pandemia sembra essere ormai quasi del tutto alle nostre spalle, la fiera dedicata alla fotografia si è proposta, invece, come luogo e tempo di ripartenza, momento di riflessione e soprattutto invito al dialogo e al confronto, tanto per il pubblico e per gli operatori del settore.
The Phair è stata realizzata anche quest’anno, infatti, grazie alla collaborazione con gli enti locali, in modo particolare gli Assessorati alla Cultura della Regione Piemonte e della Città di Torino, cui è da aggiungere la Camera di Commercio e la Fondazione CRT per l’arte. La fiera si è inscritta, poi, come main event all’interno del progetto Torino photo days, che ha visto il capoluogo sabaudo protagonista, per la settimana dal 23 al 29 maggio, di una serie di eventi espositivi con al proprio centro la fotografia in tutte le sue forme e declinazioni.
The Phair è sempre una fiera bella da visitare: non soltanto perché si concentra sulla fotografia e sull’immagine, con tutte le implicazioni che questo comporta, ma anche per la sua caratteristica di proporsi come evento “gioiellino”, cioè non troppo ampio, ma pieno di qualità. La fiera ha ospitato, infatti, le migliori realtà torinesi, italiane e internazionali.
Tra i lavori più interessanti segnaliamo, per esempio: le fotografie imperdibili di Letizia Battaglia da Francesco Pantaleone e Crumb gallery (da Pantaleone la serie su Pasolini è favolosa!) ; i lavori di Studio Azzurro da Benappi; Sam Falls da Franco Noero; Lala Meredith-Vula, con il suo progetto sui fantasmi del capitalismo, dalla Galleria Peola Simondi; Aurore Valade da Gagliardi e Domke; Urs Luthi, Christo ed altri, anche emergenti, dalla più “giovane” A pick Gallery; Monica Carocci da Francesca Antonini; Maurizio Nannucci da Astuni; Rodchenko da In Arco e Massimo Vitali da Mazzoleni.
Non da meno, però, sono stati gli eventi “istituzionali” posti al principio del percorso espositivo: la mostra di Ugo Mulas Dall’Italia del dopoguerra alla Pop Art a cura di Chiara Massimello, con una sessantina di scatti dalla collezione di Massimo Prelz Oltramonti; e le due curate dal Castello di Rivoli dedicate rispettivamente ad Andreas Gursky e Ed Ruscha.
Infine, è da ricordare la sezione web tv con interviste a personaggi del mondo della cultura e dell’arte.
The Phair si è rivelata anche quest’anno un evento ben costruito, ben visitabile, anzi, direi “abitabile”. Poter visitare una fiera con calma vedendo ad una ad una le varie proposte, avendo l’occasione di parlare con artisti e galleristi, è oggi un pregio tanto raro quanto importante. E nel caso di questa fiera la disposizione, la location architettonicamente rilevante di Torino Esposizioni, come la costruzione del percorso non sovraffollato, hanno aiutato, infatti, a comprendere meglio progetti e lavori, con alcune conseguenze non da poco.
Scopriamo così, per esempio, che, nonostante il proliferare incontrollato di immagini che quotidianamente affollano i nostri devices personali, la fotografia, soprattutto quando riesce a parlare attraverso un lavoro di ricerca condotto con passione e profondità, ha ancora moltissimo da insegnarci. Soprattutto quando ci aiuta a cogliere e fare nostri quegli stimoli e strumenti indispensabili per comprendere il linguaggio delle immagini che ci circondano e attraverso le quali sempre più comunichiamo.