Le opere di architettura, in quanto opere dell’ingegno, possono godere della protezione offerta dal diritto d’autore, sia come disegni bidimensionali (progetti architettonici) che, come costruzioni tridimensionali (opere architettoniche realizzate), alla luce della Legge sul diritto d’autore.
Ma in quali circostanze un’opera di architettura può effettivamente beneficiare di tale tutela?
Questo articolo intende rispondere a tale domanda, fornendo un quadro chiaro e aggiornato sulla protezione giuridica dei disegni e delle opere di architettura.
Normativa di riferimento e ambito di applicazione
La protezione delle opere e dei progetti dell’architettura è disciplinata sia a livello nazionale, tramite la Legge 22 aprile 1941, n. 633, (di seguito, “legge autore” o per brevità “LDA”), sia a livello internazionale, in particolare dalla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, adottata a Berna nel 1886 (c.d. “Convenzione Universale sul Diritto d’Autore”, recepita in Italia con la L. 20 giugno 1978 n. 399).
In entrambi i contesti, affinché un’opera architettonica possa beneficiare della tutela del diritto d’autore, deve presentare due requisiti fondamentali: creatività e originalità.
Nel nostro ordinamento giuridico, la protezione delle opere architettoniche trova in particolare fondamento normativo nell’articolo 1, comma 1, LDA, che sancisce la tutela delle opere dell’ingegno di carattere creativo e, più specificamente, nell’articolo 2, n. 5, LDA, che estende (esplicitamente) la tutela autoriale ai disegni e alle opere architettoniche, proteggendo quindi non solo l’opera architettonica già realizzata, ma anche i progetti ancora in fase di sviluppo come, ad esempio, i piani e i disegni preliminari, purché tali progetti presentino un livello sufficiente di concretezza e compiutezza, tale da escludere idee generiche o vaghe.
A prescindere dallo stato di avanzamento del progetto architettonico (preliminare, definitivo o esecutivo), infatti, la tutela autoriale può esplicarsi solo in relazione ad un progetto concreto e definito, che mostri una specifica conformazione o combinazioni di elementi architettonici.
Più nello specifico, le opere architettoniche non comprendono solo, come detto, edifici e costruzioni fisiche o disegni progettuali, ma anche altre categorie come piani urbanistici, parchi, giardini, arredamenti d’interni e persino rendering elettronici, purché le opere protette presentino caratteristiche di creatività e originalità.
Dibattuta è invece la proteggibilità dei progetti di arredamento e più in generale degli interni architettonici.
Sul punto, giurisprudenza e dottrina hanno fornito infatti tre orientamenti differenti:
(i) un primo, che ritiene proteggibili tutti gli elementi che compongono uno spazio interno, purché inseriti secondo criteri estetici definiti;
(ii) un secondo, che esclude che la semplice allocazione di elementi di arredo in interni costituisca un’opera dell’ingegno tutelabile;
(iii) e un terzo, intermedio rispetto ai primi due, che ammette la protezione autoriale, solo se l’arredamento presenta un “respiro architettonico” e rientra in una progettazione unitaria e armoniosa, in cui gli elementi siano legati all’immobile.
Infine, la legge autore distingue la protezione dei disegni e delle opere dell’architettura, opere dell’ingegno vere e proprie, da quella riservata ai progetti di ingegneria o altri lavori analoghi, che costituiscono soluzioni originali di problemi tecnici, che invece beneficiano di una tutela minore tramite il diritto connesso ai sensi dell’articolo 99 LDA.
Questi progetti, pur non raggiungendo il livello di creatività richiesto per il diritto d’autore, possono pertanto essere oggetto di tutela limitata, ad esempio per quanto riguarda la riproduzione non autorizzata.
Il carattere creativo e originalità nelle opere di architettura
Il legislatore non ha fornito una definizione di “creatività. Secondo l’interpretazione giurisprudenziale, la creatività si manifesta attraverso un minimo grado di originalità, ossia quando un’opera architettonica si distingue dalle soluzioni tecniche comuni e scontate.
La creatività, quindi, non deve necessariamente essere rivoluzionaria, ma deve esprimere una soggettività e una discrezionalità nell’elaborazione formale dell’opera, che non sia dettata esclusivamente da esigenze tecniche o funzionali.
Parte della dottrina e giurisprudenza ha ritenuto sufficiente una (i) creatività semplice, ossia una manifestazione minima di originalità che consenta di differenziare l’opera da soluzioni tecniche ordinarie;
l’altra invece richiede una (ii) creatività qualificata, ossia un livello più elevato di innovazione estetica e funzionale che richiede un distacco evidente dalle soluzioni convenzionali: secondo quest’altra tesi, un’opera dell’ingegno avrebbe carattere creativo solo quando la sua specifica forma espressiva esprima la personalità e l’individualità propria dell’autore, presenti una forma espressiva discrezionale e non imposta dalla necessità di rispettare determinati requisiti contenutistici e/o funzionali, così da risultare il frutto di scelte stilistiche ed espressive indipendenti da parte del suo autore.
Nel contesto architettonico, ciò implica che un’opera non è considerata creativa se le sue forme sono strettamente determinate dalla necessità di risolvere problemi tecnici o funzionali; è invece, necessario che vi sia un valore estetico che svincoli la forma da tali vincoli (per esempio, un edificio progettato puramente per ragioni strutturali potrebbe non essere protetto, ma lo sarebbe se include scelte stilistiche distintive).
Principi anche enunciati dalla sentenza del Tribunale di Napoli (27/02/2014 n. 3085), che ha evidenziato proprio come il requisito della creatività coincide non tanto con quello di creazione, originalità e novità assoluta, ma con la forma della sua espressione, la manifestazione esteriore dell’idea propria dell’autore, quindi con la sua soggettività.
Accertato il carattere della creatività all’opera in oggetto, l’autore o gli autori (ad esempio, architetti e ingegneri) della medesima risultano titolari dei diritti morali e patrimoniali d’autore vertenti sulla stessa, al pari di tutti gli autori di altra tipologia di opere dell’ingegno, in primis quello di subordinare al proprio consenso (e all’eventuale pagamento di un corrispettivo) ogni sfruttamento dell’opera.
Inoltre, come per le altre opere protette, anche per le opere dell’architettura, quando le stesse sono realizzate con il contributo indistinguibile ed inscindibile di più architetti che lavorano ad un unico progetto, il diritto d’autore appartiene a tutti gli architetti considerati coautori delle opere architettoniche in regime di comunione.
Diritti morali e modifiche dell’opera di architettura
Indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera ed anche dopo la cessione dei diritti stessi “l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione” (articolo 20 LDA), si tratta dei c.d. diritti morali, per legge inalienabili, imprescrittibili e irrinunciabili.
Nel caso delle opere di architettura, tuttavia, l’articolo 20, comma 2, LDA prevede una importante deroga al diritto morale d’autore (ovvero al diritto alla paternità dell’opera e, dunque, al diritto esclusivo, tra gli altri, di apportare modifiche alla stessa).
Tali opere, in virtù della loro funzione pratica e dell’interazione con il contesto urbanistico e ambientale, possono infatti essere soggette a tutte quelle modifiche necessarie per ragioni tecniche, ambientali o urbanistiche, a cui l’autore non può opporsi, a meno che tali modifiche non danneggino la sua reputazione o il pregio artistico dell’opera.
In tale contesto, l’autore di un’opera architettonica non può impedire le modifiche necessarie durante la realizzazione o anche dopo il completamento della stessa, se queste sono dettate da esigenze funzionali; tuttavia, nel caso in cui all’opera venga riconosciuto un importante carattere artistico, il legislatore attribuisce all’autore il diritto di partecipare allo studio e all’attuazione delle modifiche.
Questa disposizione rispetta l’equilibrio tra la funzione pratica dell’architettura e il diritto dell’autore a mantenere l’integrità artistica della sua opera.
La giurisprudenza ha chiarito che non tutte le modifiche costituiscono però una violazione dei diritti morali.
Come precisato da una sentenza della Corte di Cassazione, sezione I civile, del 4 settembre 2013, n. 20227: “Infatti, ai sensi dell’articolo 20 l.d.a., sono censurabili solo le modifiche che comportano modificazioni sostanziali o formali che alterino il significato complessivo ed il pregio artistico dell’opera.”
In caso di opere realizzate da più architetti, la difesa del diritto morale può essere sempre esercitata individualmente da ciascun autore e l’opera architettonica non può essere pubblicata, se inedita, né può essere modificata o utilizzata in forma diversa da quella della prima pubblicazione, senza l’accordo di tutti i coautori.
Tutela dei progetti architettonici non creativi
Per i progetti architettonici che non raggiungono il livello minimo di creatività richiesto per la protezione come opere dell’ingegno, l’ordinamento prevede una tutela di tipo connesso.
L’articolo 99 LDA riconosce infatti un diritto connesso a favore dei progetti tecnici, come quelli di ingegneria o altri lavori simili che costituiscono soluzioni originali a problemi di natura tecnica, pur non qualificandosi come opere artistiche.
Si tratta di una tutela meno estesa rispetto a quella offerta alle opere creative, ma comunque significativa, legata al loro valore pratico e funzionale.
I progetti architettonici o ingegneristici, sebbene privi di uno spiccato valore estetico, sono comunque tutelati contro l’uso non autorizzato, garantendo all’autore il diritto esclusivo di riproduzione, comunicazione e distribuzione dell’opera, oltre che un equo compenso nel caso in cui il progetto venga sfruttato a scopo di lucro.
Tuttavia, a differenza delle opere dell’architettura dotate di creatività e originalità, queste creazioni tecniche non godono dei diritti morali tipici delle opere d’ingegno, come il diritto alla paternità dell’opera o alla sua integrità.
Conclusioni
La protezione legale delle opere e dei progetti architettonici è fondamentale per garantire che i diritti degli autori vengano rispettati e per valorizzare il loro contributo creativo.
Affinché le opere possano beneficiare della tutela prevista dalla normativa vigente, è cruciale comprendere e soddisfare i requisiti necessari, in particolare il carattere creativo e l’originalità, che costituiscono i pilastri della protezione autoriale, al di là di qualsiasi ispirazione o contaminazione creativa.
La tutela attraverso il diritto d’autore rappresenta infatti uno strumento efficace per preservare l’unicità delle opere architettoniche, permettendo agli autori di salvaguardare sia i propri diritti patrimoniali che quelli morali.