Eravamo a Parigi e ancora non mi pare vero. Non potevamo mancare perché questa edizione della fiera francese faceva gravitare intorno a sé – da ormai qualche mese – un’aspettativa internazionale e di rinnovata originalità. Così è bastato varcare quella vetrata che riflette la facciata della Scuola Militare, per cominciare un tour che ci ha tenuti senza fiato per un intero pomeriggio.
Prima di scriverne, ho avuto bisogno di raccogliere le idee e analizzare le immagini.
Almeno apparentemente, non è cambiato molto dalle edizioni precedenti. Era già stato annunciato che il direttore dell’evento Clément Delépine mirasse a mantenere un filo di elegante continuità, alla quale Parigi fa spesso fatica a rinunciare.
Tra le pareti bianche degli stand, sul tappeto scuro scelto per l’allestimento abbiamo respirato un’atmosfera distesa e accogliente. Incredibilmente silenziosa, rispetto alla quantità di gente che camminava, osservava, si faceva coinvolgere. Girava voce fossero addirittura finiti i biglietti per la giornata di sabato.
Come sempre, il grand Palais Ephémère accoglie i visitatori quasi in incognito. E così ha fatto, a partire dall’accesso da Place Joffre, nessuna fila, giusto il tempo di controllare le borse e il biglietto. Conosciamo la struttura interna, che sembra quasi una crasi tra moderno e antico: legno, soffitto rivestito di un materiale scuro, tanta luce e la Torre Eiffel sullo sfondo. Come a dire: siamo a Parigi e non vogliamo essere da nessun’altra parte.
Al centro della fiera le gallerie emergenti. Chi camminava distrattamente (o meglio rapito da ciò che aveva intorno) si trovava all’interno dell’area quasi in maniera obbligata. Era infatti necessario attraversarle, scontrarsi in maniera figurativa con le opere scelte per l’esposizione, darne un giudizio.
Forse una strategia parlante, direbbero alcuni: la zona delle gallerie emergenti era l’unico punto in cui era naturale passare.
Coerentemente con il ruolo da cui erano stati investiti, i galleristi giovani per la fiera parigina sono stati quelli che hanno osato di più: allestimento meno museale, installazioni che dialogano con le opere appese ai muri, arte “a impatto”.
Delicata, profonda e di spessore l’installazione Mineur Mineur di Bertille Bak scelta dalla Galleria Xippas non poteva passare inosservata (per i lettori non francofoni, ineur significa minore e così come minatore). Si trattava di una video installazione composta da quattro schermi in verticale, su cui venivano trasmessi filmati in loop di lavoro minorile, accostati a immagini di bambini che gattonavano. Dalle cuffie posizionate di fronte ai televisori, usciva solo rumore di contesto. Dietro agli schermi, un arcobaleno dipinto su cartoni.
Altrettanto di concetto, la parigina Parliament Gallery ha proposto un’installazione di opere singole, poste in dialogo tra loro. La principale, un orologio che presentava un countdown attivo, scandiva il tempo preparandoci al prossimo bug dei pc a 32 bite. Ma ugualmente significativa, la fontana di inchiostro della galleria libanese Marfa, una rappresentazione visiva dell’infodemia e di come l’inchiostro lascia il segno nel tempo.
Per rassicurare gli acquirenti e i curiosi amanti dei super classici, non sono mancati neppure Fontana, Picasso, Matisse, Burri &co.
A pensarci, in effetti, non è mancato nulla. Come dichiarato anche dall’organizzazione, tutte le tecniche artistiche hanno avuto una giusta rappresentazione: pittura, disegno, scultura, installazione, fotografia, video e arte digitale.
Se per arte digitale intendiamo anche e soprattutto il mondo degli NFT, beh alle grandi star del momento è stato dedicato quasi un intero padiglione.
Ebbene sì, perché di fronte allo spazio dedicato alla Minucipalité de Paris, in cui erano esposte le nuove acquisizioni della città (un bel policy statement, bisogna ammetterlo), ecco ergersi nel vero senso della parola lo spazio dedicato al partner Tezos, unico a portare l’arte digitale nel senso più innovativo del termine.
L’esposizione interattiva su rete blockchain presentava la piattaforma fx(hash), con l’obiettivo di mostrare e di dimostrare come il digitale stia trasformando la nostra idea di arte e il nostro approccio al collezionismo. La proposta vedeva la possibilità di commissionare un’opera in NFT direttamente attraverso la scansione di un semplice QR code.
Come recita il depliant, inoltre, Tezos Digital Pioneers spingeva i visitatori a partecipare al conversation programm tra esperti del mondo dell’arte, che si stavano svolgendo presso la barca Bal de la Marine ferma ai piedi della Torre Eiffel, attraverso un media digitale. Anche in questo caso l’obiettivo era quello di porre l’attenzione su come in parte sta cambiando il mondo della curatela, attraverso confronti online.
Per concludere, impossibile non accennare allo stand dei due partner più blasonati, che si sono espressi attraverso un linguaggio più tradizionale e molto accessibile: Vuitton con le sue iconiche borse e i suoi bauli, diventati per l’occasione piccoli pezzi d’arte e da collezionismo, e BMW che ha interpretato il suo concetto di arte attraverso il riutilizzo di pezzi della sua automobile, proprio a partire dalla sua catena di montaggio.
Non che a Parigi manchi, ma in questo weekend passato la città si è riempita di magia artistica con installazioni diffuse e accessibili anche a un pubblico non pagante in luoghi chiave come il Jardin des Tuileries-Domaine national du Louvre, Place Vendôme, Musée national Eugène-Delacroix e Chapelle des Petits-Augustins.
È andata così, esattamente come avremmo voluto. Perché citando il gallerista polacco con cui abbiamo chiacchierato all’uscita: “Questa è Parigi, le scelte che abbiamo fatto erano le uniche possibili per questo palcoscenico”.
Ah, se voleste curiosare ancora un po’ in quello che è stato Paris+ par ArtBasel, on line trovate un catalogo web ben organizzato per siti di interesse e gallerie. Oggi come oggi, è possibile farsi un’idea anche a distanza e ne vale sempre la pena.