41 milioni di vecchie lire. A tanto fu battuto in un’asta a Salsomaggiore un Renoir copiato dall’artista Ellenia (Helenia o Elena) Zagni nel 1940. Un falso direte voi? Eh no! Meglio chiamarlo una Copia d’ Autore o d’Aprés perché, come spiegava alla stampa l’artista – un tempo tra le più note e apprezzate autrici di copie del nostro Paese – al momento della eccezionale vendita: «I falsi sono opere d’arte che vengono vendute al malcapitato, o spacciate al pubblico, come vere. Dipingere una copia, invece, se la mano è quella di un artista, è una disciplina, e il risultato è un’opera nuova, fonte di grandi emozioni». Ed è quello d’altronde che, come racconta anche Emanuela Pulvirenti nel suo bellissimo blog Didatticarte, hanno fatto «anche i più grandi artisti senza che per questo la loro levatura ne sia stata diminuita». «La riproduzione dell’opera di un altro artista – prosegue l’esperta di didattica dell’arte collaboratrice dell’editore Zanichelli – era compiuta solo per studiarla piuttosto che per crearne una nuova interpretazione. È in questo senso che Lorenzo Lotto ridisegna la Cacciata dall’Eden di Michelangelo alla Sistina: non per “aggiornarla” ma per carpirne i segreti dell’originale composizione».

A molti di voi il nome di Ellenia Zagni – a cui sta per dedicare una piccola personale lo spazio Cubet di via Plana, 26 a Milano – probabilmente non dirà molto, ma è stata una delle protagoniste al femminile dello Spazialismo e dell’Astrattismo milanese. Artista poliedrica e figlia del celebre violinista Anton Maria Zagni, Ellenia è vissuta tra Zurigo e Londra, si è diplomata all’Accademia di Parigi e quando, negli anni Quaranta, arriva a Milano, viene contagiata dal clima culturale e artistico della città lombarda, di grande apertura e ispirazione. Le nuove frequentazioni artistiche la fanno allontanare dalla pittura figurativa degli anni zurighesi e londinesi, e i suoi nuovi colleghi artisti portano il nome di Lucio Fontana, Roberto Crippa o Enrico Baj. Nuove frequentazioni e contaminazioni che portano la Zagni tra le file nella nascente avanguardia del dopoguerra. Il suo lavoro cambia e il successo non manca, con tante mostre che si susseguono, anche se essere artista donna non è cosa semplice. Pensate che nella mostra che nel 1959 si tenne alla Permanente per celebrare Cinquant’anni d’arte a Milano, su 136 artisti solo una era donna. Tra le escluse anche la Zagni, come si apprende da un articolo del Corriere Lombardo a firma, pensate un po’, di un giovanissimo Emilio Isgrò.
Nonostante il successo, come molti artisti dalla forte curiosità, Ellenia Zagni sperimenta su più fronti, dalla pittura alla moda passando per i tessuti, fino ad affiancare a tutto ciò una tradizione che risale ancora all’antica Roma: la riproduzione di grandi autori. Un’attività, come spiega la figlia dell’artista nonché curatrice della mostra milanese, Gaby Zagni Ramsperger, la porta in quello che è il mondo della trascrizione d’autore che caratterizzerà tutto il suo periodo genovese (anni Ottanta / Novanta). «Si tratta di periodo di grande attività – spiega la figlia – dal momento in cui, come copista di sorprendente capacità, attira l’attenzione di chi già opera nel mercato di questi lavori, già ben posizionati. Ma per la Zagni la verità era una sola; quello che le interessava era il lato avvincente della sfida che ogni artista curioso e ricco di variazioni di talento avverte. Le sue repliche, infatti, mostrano presto l’efficacia esecutiva di chi sa trascrivere un capolavoro in quello che è l’unico modo corretto di eseguire un d’apré. Ossia far scaturire dalla tela e dai colori a olio quelle opere esattamente come nascevano dai pennelli dei grandi maestri; opere a cui molti guardano con desiderio, sognando non solo di vederle dal vero ma anche di averle appese sulle proprie pareti». Uno straordinario talento che dal 18 aprile prossimo potrete ammirare in occasione della mostra “Virtuosi d’après. Se un Picasso non è di Picasso” al Cubet di Milano.