Nel 1979, per la prima volta nella storia della Repubblica Popolare, l’arte non ufficiale diventa un importante fenomeno di espressione culturale. A Pechino, si tengono tre importanti esposizioni: la prima manifestazione del gruppo Ziran, Shehui, Ren (Natura, Società e Uomo) organizzata dalla società April-Photography-Society, ispirata alla rivoluzione d’Aprile; la prima esposizione della No-Name Painting Society e la prima esposizione del Gruppo Stars: vari artisti aderenti a questi gruppi sono privi di una formazione accademica e la loro arte viene considerata apolitica.
Dei tre gruppi, il più aggressivo è sicuramente il Gruppo Stars (Xingxing Meizhan): l’esposizione è un feroce attacco all’ideologia maoista e pur di declamare il proprio ruolo di outsider rispetto ad un’arte convenzionale, il gruppo decide di allestirla davanti alla National Gallery of Art, sede e veicolo dell’arte ufficiale. La polizia della Dongcheng Public Security Bureau interviene annullando l’evento, appena due giorni dopo l’inaugurazione: il Gruppo Stars, per risposta, tiene una manifestazione pubblica il 1 ottobre, giorno del tredicesimo anniversario dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese.
La prima esposizione del Gruppo Stars accoglie 23 personali, per un totale di 163 opere esposte divise in due categorie di macro indagine: una parte che analizza la vita e l’altro che esplorano la forma. Il tema centrale proposto dagli organizzatori – Ai Weiwei, Huang Rui, Li Shuang, Ma Desheng, Wang Keping, Huang Ruie, Qu Leilei – focalizza la sua attenzione, come un mantra, sul fatto che «gli artisti devono essere coinvolti nella società di cui fanno parte». Ne deriva che ogni artista è una star. La denominazione Gruppo Stars vuole peraltro enfatizzare la specifica individualità degli autori, vanificando quindi l’uniformità imposta dalla rivoluzione culturale.
Gli anni Ottanta e le ricerche artistiche del 1979
Ci pare opportuno, al fine di meglio indagare il percorso speculativo verificatosi, soffermarci ad analizzare alcuni dibattiti di matrice estetica di cruciale fervore e risonanza nell’ultima parte degli anni Settanta. Tra questi, ricordiamo quello del 1979, che si infiamma sulle pagine della rivista Meishy Art. A partecipare alla discussione, esponendo il proprio punto di vista, sono artisti, critici, e teorici: il tema di disputa è la distinzione tra contenuto e forma nella rappresentazione artistica. La querelle diventa sempre più vivace, tanto che si giunge a lanciare la dottrina officiale del contenuto che determina la forma, incoraggiando gli artisti a scoprire la bellezza astratta della natura e della vita, sulla scia dell’esperienza Impressionista.
Parallelamente alla conquista della pittura formale e dell’astrazione emergono, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, le due principali direzioni della nuova rivoluzione culturale: le espressioni artistiche della Scar Art e la Native Soil Art, nate all’interno delle accademie. Entrambe le correnti insistono sul realismo di rappresentazione, analizzato attraverso la pittura e mediante l’ispirazione diretta al movimento iperrealista occidentale. La Scar Art trova esempio nel libro Maple (Feng) e nella pittura ad olio di Cheng Conglin del 1968 Snow on X day X Month, (Nian X yue ri xue) in cui la sofferenza degli individui, il sacrificio e l’apatia attorno alle vittime vengono analizzate seguendo il rigore iperrealista: la sofferenza, così come il dolore umano, alienato dalla Repubblica di Mao, trovano qui nuova espressione. Una particolare corrente del gruppo Scar Art è rappresentato dai lavori di He Duoling, Wang Chuan e dai lavori ad olio di Sichuan, con soggetto la generazione perduta della gioventù cinese, espressione della loro melanconia e fiducia perduta. Per ulteriori informazioni, si rimanda al testo The Stars: Ten Years (AA.VV., 1989).
La Native Soil Art si concentra invece sui ritratti di persone ordinarie (spesso raffigurate in una visione romantica) come l’opera. Contrariamente all’avanguardia dello Stars Group, i supporter di questi trend, rimangono all’interno delle istituzioni culturali, prestando attenzione all’aspetto tecnico e a quello estetico, prendendo ad esempio l’arte occidentale, specie l’Iperrealismo e la pittura nostalgica di Andrew Wyeth (1917-2009). Con la morte del presidente Mao nel 1976, si assiste pertanto a un lento risveglio di istanze sempre più lontane da una concezione pubblica e collettiva dell’arte. Ne emerge una significativa apertura progressista verso temi direttamente collegati all’individualità e all’introspezione emotiva, aree queste precedentemente escluse dalla produzione artistica in quanto considerate tipiche di una mentalità borghese.
Tuttavia nel timore che troppe idee liberali circolino, il congresso comunista mobilita una campagna contro i rischi della globalizzazione: tra i valori borghesi sotto attacco l’erotismo e l’esistenzialismo, eticamente contrari alla dottrina socialista. La discussione artistica sul principio della forma viene interrotto e alcune esposizioni, come la Esposizione di Pittura Sperimentale (Basannian jieduan: Huihua shuyan zhanlan) del 1983 a Shanghai, vengono cancellate e fortemente criticate. Possiamo pertanto delineare gli aspetti più cruciali che caratterizzano il periodo di mutamento dal 1979: una realtà segnata dalla fatica e dall’arretratezza, ancora esistente nelle zone rurali, nonostante le campagne celebrative sulla prosperità e il benessere raggiunti dai contadini; un profondo senso di disagio e vuoto ideologico, sperimentato dalle giovani generazioni, cresciute nell’utopia rivoluzionaria e obbligate ora a confrontarsi con l’evidenza della strumentalizzazione perpetrata ai loro danni per fini politici; il crollo del sistema di valori per i quali fino a poco prima milioni di giovani vengono spinti a sacrificare aspirazioni e, a volte, la vita stessa.
L’accentuata sperimentazione formale, altra caratteristica degli anni Ottanta, rispecchia l’euforia creata dalla progressiva rivelazione del recente patrimonio culturale e intellettuale dell’Occidente, ufficialmente bandito per quasi un trentennio. Dall’Impressionismo, al Post-Impressionismo, al Surrealismo e al Dada, fino all’Informale e all’Iperrealismo, non sussiste corrente artistica che non venga toccata nella nuova, spasmodica ricerca di linguaggi, con ripresa di espressioni e temi che possano rispecchiare l’acquisita coscienza dell’autonomia emotiva e psicologica dell’individuo. Nel febbraio 1989, la storica mostra China-Avant-Guarde alla Galleria Nazionale di Pechino raccoglie e rappresenta l’euforia sperimentale caratteristica del decennio, precedendo di pochi mesi la sanguinosa repressione delle proteste studentesche di Piazza Tienanmen.
Ironia e cinismo degli anni Novanta
Gli anni Novanta vengono caratterizzati dal cinismo e dal pragmatismo, provocati dal pesante crollo degli ideali di riforma liberale e di riscatto ideologico sperimentati nel precedente decennio. Gli artisti protagonisti del movimento degli anni Ottanta, oggi tra i più conosciuti a livello internazionale, come Ai Weiwei, Xu Bing, Cai Guoqiang, Chen Zhen e Huang Yongping, si trasferiscono all’estero alla ricerca di un ambiente più aperto verso la sperimentazione artistica.
In Cina, i linguaggi si orientano verso l’ironia e il cinismo tipici dei movimenti del Pop Politico, dove icone e immagini politicamente influenti del periodo della Rivoluzione culturale sono reinterpretati in chiave umoristica: Mao viene riprodotto come un personaggio dei giochi elettronici eternamente sconfitto dalle Tartarughe Ninjia (Feng Mengbo); languidamente truccato come i personaggi femminili dell’opera di Pechino (Li Shan) o neutralizzato, a livello formale, attraverso un eccessivo e ripetitivo decorativismo che ricorda il pattern dei tessuti contadini (Yu Youhan).
È così che, tutti i simboli più famosi della precedente esperienza ideologica, dagli eroi rivoluzionari alla stella rossa, vengono azzerati con ironia e sarcasmo. In aperto rifiuto nei confronti della tirannia del “pubblico” imposto dall’arte ufficiale del periodo Maoista, il Realismo cinico di Liu Wei, Fang Lijun, Liu Xiao Dong, propone invece la rivisitazione di immagini tratte dal personale microcosmo quotidiano degli artisti, che vengono grottescamente deformate ed esagerate a smascherare il sentimento di desolazione, l’assenza di ideali e il profondo nichilismo delle giovani generazioni.
Gli anni 2000: new media e commercializzazione
Durante la fine degli anni Novanta e nella prima metà di questo decennio, l’arte cinese sperimenta l’utilizzo dei nuovi media, quali fotografia, video, arte digitale, performance e installazioni. La ricchezza e larghezza delle sperimentazioni tecniche, stimolate anche dalla progressiva attenzione del collezionismo, del mercato e del mondo artistico occidentale, non trovano tuttavia sempre riscontro nella valenza dei temi affrontati, che spesso appaiono superficiali e di maniera o ispirati da una volontà di puro sensazionalismo.
Tale fenomeno spesso include l’utilizzo di elementi o azioni che ambiscono a provocare lo shock dello spettatore come, per esempio, le performances di Zhang Huan o le installazioni shock di Sun Yuan: nel primo caso l’artista, sottoponendo il proprio corpo nudo a ogni tipo di vessazione, vuole rappresentare il patimento fisico, che diviene metafora del malessere psicologico. Nel secondo caso l’artista utilizza parti di cadaveri e feti per operare una vera e propria violenza visiva nei confronti dello spettatore.
Le correnti artistiche degli ultimi anni sono molto varie e di difficile classificazione, è comunque possibile evidenziare alcune linee caratterizzanti: il progressivo emergere di una coscienza artistica al femminile, realizzata soprattutto nei generi della pittura e delle installazioni (Cai Jing, Yin Xiuzhen, Lin Tianmiao); il diffondersi della video art, che ben si presta a fissare le immagini tumultuose e spesso surreali tipiche di un paesaggio urbano in continua e inarrestabile evoluzione (Zhang Peili, Yang Fudong, Qiu Zhijie, Song Dong); l’utilizzo del supporto fotografico nella documentazione di performance e messe in scena appositamente create per l’obbiettivo, che risentono spesso dell’influenza della fotografia pubblicitaria, ironizzando sul materialismo sfrenato che ormai definisce primariamente la società cinese dell’ultimo decennio come peraltro analizzano le opere di Wang Qingsong, Gao Brothers, Zhao Bangdi.