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Hermann Nitsch… quasi un epitaffio

del

Posso, anzi, voglio affermare che Hermann Nitsch non è stato mai tra quelli che generalmente e “facilmente” vengono definiti pittori contemporanei. Egli era prima di tutto antico. Era antico nel più nobile delle accezioni ed anche secondo la prospettazione di Francesco Bacone quando ebbe ad esplicitare che “gli antichi siamo noi“.

Noi siamo gli antichi, o meglio, i vecchi dell’umanità, coloro che hanno memorie remote e profondissime che continuano ad incidere nel presente; quelli che attingono linfa, da solide radici, per far germogliare sempre nuove creazioni di senso o meglio per dare sempre nuove interpretazioni del mondo che spieghino i misteri di tutto il passato e prospettino ancora nuove vie da seguire.

Ecco, quindi, che nel caotico, ideale, consapevole ed al contempo non programmato, gesto pittorico di Hermann Nitsch, possiamo leggere le più antiche e le più nuove pagine della nostra civiltà, gli antichi e gli odierni tabù, la tradizione conservativa ed il rifiuto del sacro e delle religioni, la tensione naturale di ognuno di noi a recitare la parte comica e tragica nella vita di tutti giorni, il richiamo filosofico, religioso e misterico all’origine della nostra civiltà ed assieme sperimentare vissuti di straordinaria contemporaneità.

In fondo, poche migliaia di anni o pochi mesi sono passati dalle crocifissioni sul Golgota agli sgozzamenti dell’ ISIS! Il sangue, principale medium e simbolo identificativo dell’arte di Hermann Nitsch, è il comune denominatore della columnata architettura misterico-orgiastica delle azioni del nostro artista.

Il sangue è stato, nelle religioni, momento di unione tra l’umano e il divino. In sangue erano le offerte votive. Dalle viscere degli animali sacrificati gli aruspici traevano auspici per le sorti dei popoli e degli individui. La stessa eucarestia viene particolarmente celebrata come comunione tra umano e divino anche attraverso l’azione di bere il sangue di Cristo: “prendete e bevetene tutti, questo è il mio sangue“. 

Il sanguinamento ha documentato per secoli la perdita della verginità e ha segnato i ritmi femminili della fecondità. Il sangue ci lega all’idea stessa della morte come momento di trapasso o di annullamento.

Ecco infine che il sangue è presente nel teatro, nella tragedia. E’ il suo colore, rosso, espressione stessa del tragico ed è simbolo del teatro. Rossi sono, infatti, i velluti delle sedie ed i teli del sipario.

I cardinali della Chiesa Apostolica romana portano scarpe rosse simboleggiando il sangue di martiri, ovvero l’atto di fede sottoscritto attraverso il sangue.

Il sangue quindi non poteva non essere il trait d’union dei Das Orgien Mysterien Theater che stanziavano le azioni di Hermann Nitsch. Miscelare quindi elementi ludici, ritmi dionisiaci, elementi liturgici, rievocazione di sacrifici e di crocifissioni, orge ed espliciti riferimenti sessuali in un’azione teatrale altro non era che rappresentare le radici dei dubbi irrisolti della nostra civiltà.

Non siamo, infatti, mai riusciti a separare del tutto il sesso dalla violenza, la religione dalle guerre e dalle discriminazioni, il piacere (Eros) dall’istinto di morte (Thanatos).

Aristotele, nella Poetica, richiamava al principio di unità, di tempo, di azione e di luogo. Straordinariamente Hermann Nitsch rispetta il canone aristotelico. Nello stesso tempo, nello stesso luogo si dispiega un’unica complessa verità, sempre sconosciuta anzi inconoscibile al soggetto e per questo più che mai spaventosa e terribile: la paura della morte.

Lo stesso atto orgiastico è un tentativo di superare la limitazione temporale dell’esistenza, generando un altro essere, mortale, che transiti nel tempo i nostri geni. Lo stesso cedere al piacere dei sensi non è che è un momento di anestesia dalla sofferenza della consapevolezza di essere mortali.

Se questi sono elementi di riflessione antica, Hermann Nitsch è un artista antico; se questi sono momenti di riflessione contemporanea Hermann Nitsch è un artista contemporaneo.

Appresa la notizia della sua morte, esplose in me una “bomba di vuoto”, per allontanarmi dalla quale ho deciso che dovevo fare qualcosa che ricordasse, allo stesso tempo e strettamente legate, la sua vita e la sua morte.

Allora ho cercato la continuità non biologica della sua vita nel rapporto amicale che lo legava a Beppe Morra; grande ed accogliente spirito libero al quale mi sono rivolto per celebrare il rito del ricordo. Poi, per fermare la sua morte, ho voluto incidere sulla carta queste poche, oscure e profonde, parole di ferita e di ammirazione.

“Ei fu” tra il sangue, le bestie, le liturgie, gli odori, i respiri cessati e i corpi perfetti, i carnefici ed i mistici. Egli è nelle impronte, tra le macchie, nell’odio-mistico e nelle forme della dissoluta bellezza-cosmica.

Concludo con Federico Garcia Lorca…Tarderà molto tempo a nascere, se nascerà…un artista così grande e generoso, impavido e ossequioso.

Riposa Hermann, sorretto e cullato da quella misura di Bellezza e di Verità che hai donato al mondo.

1985 Morra e Nitsch. Mercato del Sale Milano ©Fondazione Morra

Il pensiero di Nitsch non è una sostanza, ma un’intensità sempre presente“: dialogo con Beppe Morra

Giuseppe Simone Modeo: Questa prima domanda forse la sorprenderà ma invero è quella che più mi interessa: come vede e come sente oggi il mondo senza Hermann Nitsch?

Beppe Morra: “Il mondo, la natura, il cosmo ingloba tutto, esso si nutre del suo corpo, così come del suo pensiero rimarrà alla mano del futuro la possibilità e volontà di integrare di apprezzare la sua filosofia, vivere la propria vita condividendo che essa è qualcosa di così prezioso che bisogna viverla intensamente.

La festa dei sei giorni di Pentecoste sarà la bibbia della rivelazione del suo pensiero e del senso delle cose che ci circondano: il sole, le stelle, i colori, il profumo dei fiori e di tutta la natura. Il pensiero di Nitsch non è una sostanza, ma un’intensità sempre presente che anima qualunque ambito esistente. È commozione religiosa, mistica dell’essere, concezione greca e vitale del creato, tesa ad accettare l’eterna gioia del divenire riconducibile alla bellezza, intesa come l’esaltazione della vita senza limiti né freni ideologici o morali, come la ricerca dell’ebrezza dionisiaca.

Al Museo Nitsch, la sua casa a Napoli continuerà come sempre a raccontare e rivelare la sua arte, la sua filosofia e continuerà ad accogliere giovani stagisti, studiosi, ricercatori, studenti, con cui lavorare in sinergia e disporre attività laboratoriali a vari livelli, per studiare, esplorare e riflettere ancora sull’immenso patrimonio intellettuale del suo pensiero”.

G.S.M.: Come ha conosciuto Hermann Nitsch e quanto tempo ha impiegato per apprezzare la complessità della sua arte?

B.M.: “Sono stato velocemente attratto dalle sue poetiche sin da quando, nel 1972 a Documenta 5 di Harald Szemann, ebbi modo di vedere il suo lavoro; vinte le ignoranze iniziali, attraverso le sue continue lezioni, ho potuto leggere e amare Cristo, Buddha, i greci, la cosmologia, i filosofi napoletani come Giordano Bruno, Tommaso Campanella, e poi Nietzsche, Steiner, Holderling, Hausmann, la musica di Skrjabin, Mahler, Bruckner tutti i contemporanei.

Ho condiviso presto il suo concetto di opera d’arte totale, di una teatralità che coniuga il reale al dramma umano tradotto in gioia di vivere. Nitsch, amico e maestro continuerà ad accompagnarmi nella conoscenza, a rendermi partecipe di tutti gli aspetti sensoriali dell’arte: alle nuove dimensioni di rinascita dell’essere, all’eternità colma di istanti della memoria.

L’ arte di Hermann Nitsch è sintesi conoscitiva, meditazione legata alla musica, alla trascendenza e alla ritualità.  A lui devo la consapevolezza di aver superato i miei stessi traguardi. Le mie incursioni in campi conoscitivi così diversi non sarebbero state possibili altrimenti”.

2008 Hermann Nitsch e Giuseppe Morra, Museo Nitsch, Napoli ©Fondazione Morra.jpg

G.S.M.: Lei ritiene che sia possibile classificare l’arte di Hermann Nitsch come arte performativa? Come la definirebbe sinteticamente?

B.M.: “Al di là della concezione d’Arte totale (la Gesamtkunstwerk, cioè, legata al concetto psicanalitico di Abreaktion con funzione catartica) Nitsch ha concepito suoi concetti poetici filosofici ancora non completamente conosciuti e letti. Non una, ma ogni sua performance è un divenire, un passaggio importante, un traguardo foriero di mille altre possibilità.

L’arte performativa del Maestro è una straordinaria forma di liturgia, una sorta di istinto filantropico che permette di ridisegnare la geografia del sapere artistico-antropologico-rituale. Nella totalità creativa, nella l’irripetibilità dell’istante – base liturgica strutturale dell’O.M. Theatre – sono gli strumenti espressivi in grado di approdare ad una poetica fatta di impeti entusiastici ed estasi.

L’opera si espande, accoglie tutto in sé evolve in direzione del suo compito più intimo: cercare l’essere che risiede profondamente nel tragico, dove distruzione e nascita diventano complemento e dove inizia una grande vitalità e slancio dinamico. Le sue azioni sono filologia, filosofia, poesia, amore per l’arte e amore per la vita, che non possono in alcun modo essere separate.

Gli artisti, come i filosofi, sono i custodi di un pensare e di un agire, e questo è un compito genuinamente umano, soprattutto in un’epoca, com’è la nostra, che cerca con ogni mezzo di confondere e falsificare il significato dell’agire. Oggi artisti come Nitsch sono ancora poco accettati. La sua opera è sconfinata e colma di pensieri che solo col tempo, potranno essere capiti”.

G.S.M.: Per le “Azioni” di Hermann Nitsch il pubblico, secondo lei, si scandalizzava più per la presenza di elementi liturgici e riferimenti religiosi o per la dimensione orgiastico-sessuale?

B.M.: “La gente normalmente è portata a conoscere con gli occhi, rimane affascinata da ciò che si presenta, e guarda di per sé stesso cose conosciute e già condivise. Non sono convinto che gli elementi liturgici e la dimensione orgiastica di Nitsch possano aver creato reazioni da scandalizzarsi. Il sangue è un elemento di cui coscientemente ha preso a dimostrazione del suo lavoro. Gli oggetti sacri, al contrario, hanno sempre sedotto non a caso sono adottati da sempre dalle religioni.

All’interno dell’O.M.T. vengono rappresentati avvenimenti toccanti che però risultano poco attraenti agli spettatori (già Aristotele aveva riflettuto su questo) perché esprimono l’impeto dionisiaco sapientemente sublimato dal linguaggio Apollineo, ed esso sicuramente non dovrebbero provocare scandalo. Le azioni del Maestro accolgono ed espandono tutto in sé ed evolvono in direzione del suo compito più intimo”.

G.S.M.: Hermann ha operato una netta distinzione tra opera d’arte e documentazione della stessa. La fruizione commerciale nelle sue opere è andata nella direzione del relitto (ciò che rimaneva a testimoniare l’azione avvenuta) e della fotografia. Non le pare strano che venga a mancare proprio la videoregistrazione delle performance? La videoregistrazione avrebbe documentato quell’affascinante e caotico fluire tra sesso, sangue, tragedia, religione, morte e, forse, resurrezione o purificazione. Che ne pensa?

B.M.: “Nitsch ha sempre voluto e pensato l’arte come partecipazione. All’inizio per esperienza artistica documentavano la sua opera attraverso la fotografia, esse è stata utilizzata come materiale a testimonianza così come è accaduto per i video e le registrazioni. Non possiamo dimenticare che l’opera di Nitsch è stata filmata e quindi documentata sin dagli anni ’60 da grandi maestri come Peter Kubelka, Jonas Mekas, Stan Brakhage e tantissimi altri”.

G.S.M.: Un’ultima domanda, lei pensa che nell’odierno panorama vi siano altri artisti che possano continuare l’opera escatologica e di ricerca incessante del senso della vita di Hermann Nitsch?

B.M.: “Sarà difficile pensare di trovare la stessa forza ed energia, lo stesso amore per un’arte come quella di Nitsch e che il futuro va e deve andare verso nuove esperienze. Verso altri mondi verso nuove forme”.

Giuseppe Simone Modeo
Giuseppe Simone Modeo
Giovane Collezionista, Giuseppe Simone Modeo è laureato in Economia con una tesi sul legame tra Marketing ed Estetica. Per Collezione da Tiffany si occupa, principalmente, del rapporto tra economia e creatività, intervistando personaggi del mondo dell'arte.

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