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Fotografia: le visioni intime di Donatella Izzo

del

Autrice di fotografie di rara intensità, Donatella Izzo (n. 1979) è un’artista inquieta, la cui opera è costantemente attraversata da una tensione intima che, partendo da elementi eminentemente autobiografici, investe chi guarda con incredibile forza. Una tensione che, per prima cosa, è personale e che nasce da una costante insoddisfazione. Le prime sperimentazioni la vedono lavorare su fotografie impresse su un tessuto elasticizzato che modificava con acidi, che ne corrodevano l’inchiostro della stampa, e con interventi pittorici. Una pratica che spesso la porta ad essere definita come una “pittrice” anche se questa etichetta le sta molto stretta. Le occasioni espositive non mancano e neanche i riconoscimenti, ma qualcosa la tormenta. «Di quel periodo – mi racconta – esposi un numero limitato di lavori rispetto a tutti quelli che feci. Nessuno di essi mi sembrava mai finito e degno di essere appeso». Poi, come una crisalide che si schiude, Donatella riemerge da un lungo periodo di isolamento con una nuova consapevolezza in cui lo scatto fotografico senza intermediazioni diviene il suo mezzo di sintesi e traduzione di una condizione interiore. Nascono così lavori come Insonnia, che segna l’inizio di un nuovo ed avvincente percorso artistico, e The Dreamers con cui l’artista, nel 2013, torna finalmente ad esporre.

Nicola Maggi: Dopo un lungo periodo di assenza, sei tornata ad esporre in Italia presentando una serie di lavori dal titolo The Dreamers imponendo allo sguardo del pubblico una ricerca artistica che ha nello “spaesamento” uno dei suoi fulcri e consegnandoci una visione trasfigurata, enigmatica della realtà…

Donatella Izzo: «The Dreamers è un serie a cui ogni tanto aggiungo un tassello. I soggetti di questa serie personificano il bene e la bellezza, la purezza e la forza, ma sono decontestualizzati dal loro habitat e inseriti in un contesto diverso, dove aleggia la crudeltà dell’abbandono, l’incuria, l’incertezza. Essi sono dei Sognatori perché non ne percepiscono la pericolosità e, anzi, l’affrontano restando fermi e fieri senza scappare. Non fuggono dal silenzio e dal vuoto, ma al contrario, con la loro presenza, riempiono e donano vita laddove sembra non essercene più. I miei lavori non sono mai descrittivi, ma parlano, attraverso metafore, di condizioni interiori. Se sono capaci di creare uno “spaesamento” è perché destabilizzano la visione consueta dell’immaginario collettivo e ti obbligano a cercare chiavi di lettura nascoste nelle tue emozioni personali: piccoli e brevi salti nel subconscio dimenticato».

Donatella Izzo, L'accogliente, 2015. (Tribute to: Memoirs of a Geisha), Dalla serie The Dreamers.
Donatella Izzo, L’accogliente, 2015. (Tribute to: Memoirs of a Geisha), Dalla serie The Dreamers.

N.M.: A qualche anno prima appartiene, invece, il ciclo Insonnia. Un lavoro molto particolare, che sembra segnare il passaggio tra un prima e un dopo nel tuo lavoro. Qui al centro di tutto si trova la donna, con le sue angosce e i suoi desideri…

 D.I.: «Insonnia, come giustamente hai notato, rappresenta esattamente il passaggio tra un prima e un dopo. Il nome deriva dalla condizione del non riuscire a prendere sonno, dall’irrequietezza notturna, fastidiosa, che ti fa girare senza pace, da una parte all’altra del letto. Metaforicamente è la rappresentazione di come avevo vissuto fino a quel momento l’arte: in maniera convulsa, inquieta e, a tratti, angosciosa. Rappresenta un “dopo”, certamente, nel fatto che con Insonnia passo drasticamente dal colore al bianco e nero assoluto. Al centro c’è un corpo, la cui sessualità si percepisce solo dalle gambe perché la parte superiore è nascosta, o meglio, non esiste proprio. Nel mio pensiero questo corpo potrebbe appartenere a chiunque perché è senza un’identità vera e propria. I soggetti sono fasciati da garze mediche e, come me, avevano probabilmente bisogno di essere curati. Ma le garze se da una parte “costringono”, limitandone i movimenti, dall’altra non impediscono una sorta di elevazione verso l’alto, “un distacco” desiderato dal suolo, dalla materialità delle cose. Il pavimento non esiste e i corpi fluttuano leggeri in un nero che, però, non è buio: è solo la notte che precederà il mattino».

Donatella Izzo, Under the bridge, 2011 (dalla serie: Insonnia).
Donatella Izzo, Under the bridge, 2011 (dalla serie: Insonnia).

N.M.: Insonnia, peraltro, sembra preludere a quello che è l’ultimo dei tuoi lavori: Forse così non mi si vede, in cui affronti un tema molto delicato come quello del dualismo donna-mamma…

D.I.: «La serie Forse così non mi vede è la più autobiografica che abbia fatto e non è stato facile mettermi a “nudo”, in tutti i sensi, poiché di indole sono solitaria e riservatissima. Ma il tema era così forte per me che dovevo esprimerlo in maniera diretta, senza troppi tabù o intermezzi. Io sono una donna-mamma, innamorata della propria creatura, ma che spesso, però, soffre della “impossibilità di isolamento” di cui ho tanto bisogno, ma che il ruolo preclude. Quando sei mamma non smetti di essere ciò che eri, ma certamente quelli che una volta erano solo i tuoi spazi e quello che era solo il tuo corpo li devi condividere. La condivisione del corpo inizia nel momento della gestazione e ha, per me, il suo apice nel momento dell’allattamento, quando per il bambino il tuo corpo è il suo mezzo di nutrimento, che pretende per istinto e su cui, a volte, si accanisce con foga. Chi ha vissuto questo periodo sa come possa essere difficile, perché devi essere a disposizione in qualsiasi momento del giorno e della notte. L’allattamento è uno “svuotamento” che non è solo di liquido, ma spesso anche di energia mentale e spirituale. Ad esempio, il lavoro Non ho più latte è una sorta di preghiera che rivolgo alla mia bambina: “Ti prego non ne ho più, lasciami stare per un po’”. Ed è proprio sul desiderio di “scomparire momentaneamente dalla vista” di mia figlia che si basa tutta la serie. Desiderio a cui si accompagna, però, la volontà di rimanere presente come madre, in un’operazione illusoria di “occultamento”. Ma è in questo momento, mentre il corpo conosciuto scompare, che mi ricopro di simboli e oggetti religiosi in maniera necessaria e quasi obbligatoria. E’ come se, mentre cancello la pelle, da sotto emergessero segni e scritte».

Donatella Izzo, Forse così non mi si vede, 2015
Donatella Izzo, Forse così non mi si vede, 2015

N.M.: Ma cosa significa, oggi, essere donna e artista?

D.I.: «Negli ultimi anni la rivoluzione sessuale e lo sdoganamento della libertà di espressione dei propri gusti sessuali ha, secondo me, azzerato il problema di essere donna o uomo nell’arte, così come in quasi tutti gli ambiti di vita e di lavoro. Basta pensare che il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America potrebbe essere, per la prima volta, una donna o che eccezionali donne asiatiche stanno riscrivendo il destino dei loro Paesi. Penso che essere donna o uomo ormai non sia più, per così dire, un “criterio artistico”. L’artista, d’altronde, dovrebbe essere puro spirito ed esprimere l’immateriale e poco importa che esso parli attraverso un corpo di donna o di uomo.  Anche i problemi contenutistici sono ormai diventati simili, e se una volta erano le donne ad utilizzare il corpo come strumento di denuncia sociale in un mondo prettamente maschile, oggi sono molti gli artisti gay che utilizzano l’arte come medium di protesta e lotta per l’emancipazione. Proprio nella stessa maniera. Se poi una volta la donna aveva poche possibilità di dedicarsi all’arte anche perché non ne aveva il tempo materiale, oppressa tra i doveri di casa e figli, oggi conosco artisti uomini che si occupano della casa e curano i propri figli molto più delle loro donne. Sono convinta, quindi, che sia il contenuto che fa la differenza e questa sta nelle persone e nella loro capacità di “concedersi” all’arte in maniera sincera e coscienziosa, convinti e determinati in quello che si fa. Essere artista è oggi una condizione dell’essere, proporzionale alla caparbietà e all’ostinazione che uno possiede nel voler parlare di spiritualità in un mondo materialista come il nostro, in cui ciò che non si vede semplicemente non esiste».

[infobox maintitle=”PER I COLLEZIONISTI” subtitle=”Donatella Izzo è rappresentata in Italia da: Galleria De Magistris (Milano), Galleria 33 (Arezzo) e Galleria Tallulah Studio (Milano). Le sue opere hanno prezzi che vanno dai 500/600 euro per le opere piccole (30×30 cm) ai 3000 euro per quelle più grandi (150×150 cm).” bg=”gray” color=”black” opacity=”off” space=”30″ link=”no link”]

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.

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