Il 22 ottobre, in occasione dell’asta ibrida che ha unito la Great Room di Londra in diretta con Parigi, Christie’s ha offerto The Life, un’opera di mixed media dell’artista Marina Abramović, presentata nel 2019 alla Serpentine Gallery.
Unica nel suo genere, nel mondo delle aste e nel mondo dell’Abramović, The Life supera i confini della performance, del corpo, della presenza della sua aurea artistica, per inoltrarsi nella realtà virtuale: la performance può essere goduta tramite occhiali di realtà aumentata e permette al fruitore di osservare l’artista in “carne ed ossa” di fronte a sé, mentre cammina in un cerchio di 5 metri per la durata di 19 minuti.
L’opera era stimata da 400.000 a 800.00$, ma il risultato è stato sotto le aspettative della casa d’asta: è stata infatti aggiudicata in meno di un minuto a 230.000$. Nonostante ciò, rimane un grande record d’asta per l’artista.
Il lotto è stato aggiudicato dalla Fondazione Faurschou, che ha sede espositiva a Copenaghen, Pechino e New York, e sarà quindi fruibile dai visitatori, come l’identità dell’opera vuole.
Marina Abramović ha sempre lavorato con il suo corpo, con la sua essenza che va oltre la fisicità, come è stato possibile sperimentare dai visitatori del MoMA nel 2010 quando, con The Artist is Present, ha dimostrato forza, coraggio e determinazione nel porsi di fronte a ciascun ospite del museo e guardarlo negli occhi.
Quello che si prova possiamo solo immaginarlo: le reazioni sono state numerose, dalla commozione alla reazione fisica dell’allontanarsi dalla postazione.
Nel 2019 Marina Abramović è andata oltre il suo corpo e la sua mente, li ha trasferiti in un media: una novità per lei e per il mondo del mercato che ha così avuto modo di acquistare una copia virtuale dell’artista.
Marina rielabora il suo stesso linguaggio, lo intermedia con quello della tecnologia che le permette di essere intoccabile, assente, ma allo stesso tempo presente e concreta nella sua nuova virtualità. Non è un documento della sua presenza ma la sua aurea assume un corpo.
La sua carriera inizia negli anni ’70, quando apre la strada all’arte performativa, precisamente alla body art, al superamento dei propri limiti, all’arte di instaurare un legame con il pubblico per fargli mettere in discussione le sue stesse certezze.
La sua fama non cresce subito in modo esponenziale, ma comincia ad essere riconosciuta internazionalmente negli anni ’90, quando iniziano a esserle dedicate mostre personali in tutto il mondo, fino ad arrivare alla grande retrospettiva del MoMA già citata del 2010 e alla doppia partecipazione alla Biennale di Venezia nel 2011.
La grande capacità dell’artista serba è stata, negli ultimi dieci anni, anche quella di collaborare con personaggi pop, aumentando così la propria visibilità e fama anche in ambienti non tradizionalmente artistici ed avvicinandosi a un pubblico più giovane: nel 2013 Jay-Z ha declinato la performance di The Artist is Present cantando alla Pace Gallery di New York per sei ore consecutive, permettendo ai visitatori di ballare guardandolo negli occhi.
Nello stesso anno, in occasione di ArtRAVE, un evento di Lady Gaga realizzato in occasione del lancio del suo album ArtPop, la Abramović ha realizzato una serie di video-performance con la celebre cantante, proiettati sugli schermi del magazzino.
Questa estate, infine, si è fatta dirigere dal regista di teatro d’autore Robert Wilson, insieme all’attore Willem Dafoe, nel magistrale spettacolo Life and Death of Marina Abramović: l’attore e la performer si sono incontrati in modo sublime sul palco, raggiungendo un livello di espressione che va oltre il teatro stesso.
Analizzando il suo mercato risulta evidente come siano stati proprio questi in cui le sue vendite sono andate meglio: nel 2011, l’anno successivo alla mostra del MoMA, il mercato di Marina Abramović raggiunge il suo fatturato annuo più alto con 414.995$, seguito dagli anni successivi alle collaborazioni più popolari: nel 2014 raggiunge i 392.567$ e nel 2015 i 381.500$.
Questo a conferma di un trend che vuole l’arte raggiungere l’interesse dell’élite e crescere in termini di quotazioni, proprio quando si fa maggiormente “popolare”.
Marina Abramović, però, non realizza le sue performance per venderle. La sua arte è performativa, riguarda il corpo e soprattutto la presenza dell’artista.
Come dimostrato per The Life, che ha suscitato l’interesse di una fondazione artistica che permetterà al pubblico di fruire dell’opera, sul mercato sono maggiormente vendute le fotografie delle sue performance.
La fotografia, infatti, rappresenta il 68% del suo fatturato : Christie’s vendette nel 2015 Performance, Art must be beautiful, Artist must be beautiful a 300.000$, una serie di dodici fotografie raffiguranti le sue migliori performance del 1975. Sono proprio le riproduzioni delle performance di quest’anno ad avere maggiore successo sul mercato.
Un’altra delle aggiudicazioni più importati di Marina Abramović, a pari merito con il risultato dell’opera appena citata, appartiene invece ad una delle sue rare sculture: Chair for Non-Human Use, venduto da Christie’s nel 2011. È uno dei suoi “Oggetti Transitori”, ovvero una sedia con gambe di sette metri dalla sola funzione spirituale.
Le opere che hanno più successo sul mercato sono quelle datate 1975 e 1996, anno in cui ha realizzato grandiose performance come Art Must Be Beautiful e Balkan Baroque, una performance contro la guerra in Jugoslavia.
Nel 2020 le sue opere hanno avuto un maggiore hype in Italia, ma in generale sono vendute maggiormente negli Stati Uniti e in tutta Europa, soprattutto Francia e Inghilterra.
La performance, per quanto ormai popolare e riconosciuta, rimane un’arte dove la presenza dell’artista è essenziale, ma, come dimostrato con The Life, anche questa potrebbe aprirsi a nuovi tipi di “presenza”.
Marina Abramovic si è dimostrata all’avanguardia, di nuovo, confermando così la sua identità di guru della body art.