Super Greenpass e mascherine FFP 2 sono ormai tra i ferri del mestiere del collezionista in questo sciagurato inizio di anni Venti. Strumenti ormai indispensabili per poter varcare la soglia di ogni tipo di sede espositiva.
È in loro “compagnia”, dunque, che vi proponiamo di visitare alcune delle mostre più interessanti organizzate dalle gallerie d’arte del nostro Paese, messe nuovamente a dura prova da un calendario fieristico stravolto dalla variante Omicron.
Tanto che, oggi più che mai, frequentarle, seppur con tutte le dovute cautele necessarie, e fare qui i nostri acquisti d’arte è fondamentale per tenere in vita quelle che rappresentano, a tutti gli effetti, la vera ossatura del nostro sistema dell’arte.
Iniziamo allora da Milano dove alla fine dello scorso anno la MAAB Gallery ha inaugurato l’interessate mostra Astrazione: le 5 vie, che raccoglie le opere di cinque artisti che, dal Modernismo fino ai nostri giorni, hanno lavorato e lavorano su un’idea di geometria compositiva, di chiarezza concettuale e di rigore espressivo, che ha evitato di chiudersi su stessa, ma ha invece tenuto insieme visione e illusione, ingegno e trasgressione, tradizione e innovazione: Bruno Munari, Imi Knoebel, Nahum Tevet, Christian Megert e Winfred Gaul. La mostra è visitabile fino al prossimo 4 febbraio.
Sempre a Milano, la Other Size Gallery ospita fino al 4 marzo prossimo, Domestica personale di Silvia Camporesi, una delle migliori fotografe italiane di nuova generazione che già altre volte abbiamo avuto modo di segnalarvi. Domestica è un racconto insolitamente intimo, un diario per immagini, nato durante i giorni del lockdown.
Giorni in cui la fotografa ha usato la fantasia per combattere quel senso di spaesamento che ha caratterizzato il sentire di molti. Ne emerge un nucleo di scatti che fermano il fluire di un tempo sempre uguale a se stesso e documentano i piccoli gesti, gli oggetti, i momenti della vita casalinga, trasfigurandoli in qualcosa di prezioso ammantato di una luce poetica.
Il progetto è raccolto in una pubblicazione, disponibile in mostra, edita da Edizioni Postcart, con un testo della stessa autrice.
Dal 28 gennaio prossimo, a Brescia, la A+B Gallery ospita Electro Glide Blue, personale dell’artista Hermann Bergamelli a cura da Irene Sofia Comi.
In mostra tre tipologie di opere inedite – Stratificazioni, Immersioni e Compressioni – per un percorso che ci conduce “davanti a lavori spirituali, meditativi e astratti, eppure legati fatalmente all’espressività materica, tattile e ottica della superficie” come spiega la curatrice nel testo che accompagna l’esposizione.
Da Brescia a Torino, dove la galleria Umberto Benappi Arte Contemporanea propone, fino al 29 gennaio, la mostra Levia Gravia, a cura di Francesca Canfora e Roberto Mastroianni. Una collettiva che, attraverso la presentazione
di alcune recenti opere scultoreo installative dei sei artisti di diversa generazione – Paolo Grassino, Domenico Borrelli, Carlo D’Oria, Gisella Chaudry, Sacha Turchi e Guendalina Urbani – intende indagare la dimensione plurale del reale e degli sguardi che su di esso si pongono.
Questo al fine di afferrare, conoscere e comprendere il costituirsi di un mondo condiviso, in cui le narrazioni sociali, culturali e morali devono fare i conti con le differenza di genere, di classe e cultura e con la molteplicità delle forme e dei materiali, articolando quell’ossimoro che tiene insieme leggerezza e pesantezza e che caratterizza la presenza dell’umano nel mondo, in cui il “pesante” e il “leggero” convivono completandosi senza escludersi a vicenda.
L’acqua, elemento a cui si ispira il titolo della mostra Winter Seas, invade lo spazio ed è protagonista assoluto delle opere esposte nel nuovo spazio di Beatrice Burati Anderson in Calle de la Madonna, 1976 (Campo San Polo) a Venezia, che, fino al 20 febbraio, ospita la doppia personale degli artisti Ilaria Abbiento e Mauro Pipani in una simbiosi compositiva che include pittura, fotografia, e videoinstallazione.
Nelle opere degli artisti Ilaria Abbiento e Mauro Pipani il fluire del tempo e la memoria affiorano da paesaggi interiori, fotografie di stati d’animo e dipinti che diventano specchi di una vita, in un dialogo continuo tra laguna e mare, nel linguaggio pacato che caratterizza la ricerca di ambedue gli artisti, nel segno della trasparenza e del sentire.
Fausto Pirandello. Poesia della cruda realtà. E’ questo il titolo della mostra che la Galleria de’ Bonis di Reggio Emilia dedica allo storico rappresentante di quella che il critico George Waldemar chiamo la “jeune École de Rome” e che, oltre a Pirandello, contava tra le sue fila Corrado Cagli, Giuseppe Capogrossi, Emanuele Cavalli e Ezio Sclavi.
Il percorso espositivo, visitabile fino al 29 gennaio, comprende oltre venti opere che, grazie alla varietà dei soggetti
rappresentati, illustrano la quasi totalità della sua carriera artistica. I Tetti di Roma, visioni magiche e quasi dichiarazioni d’amore a questa città di grandi contrasti, che sembra avvolta dallo scirocco grazie ad una traduzione pittorica dai toni caldi.
Le Nature Morte, composizioni di oggetti d’uso comune accostati senza un motivo apparente e senza uno scopo più nobile dell’osservazione della quotidianità. E infine le Bagnanti, soggetto che ha sempre strizzato l’occhio al geometrismo ma che, a partire dai primi anni ’50, astrae le forme sempre più fino a lasciare spazio solo alle linee costruttive.
Dopo il loro esordio proprio alla Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. di Bologna all’inizio degli anni Ottanta, Bertozzi & Casoni, ormai conosciuti a livello internazionale, tornano ad esporre tra le mura della galleria con la mostra Giorgio Morandi e Bertozzi & Casoni. Less is more, che aprirà al pubblico il 15 gennaio prossimo.
Tema principale della mostra l’omaggio a Giorgio Morandi, presentato sia con una selezione di “Fiori” e “Paesaggi” del Maestro, sia con dei veri e propri “d’aprés Morandi” che il duo Bertozzi & Casoni ha realizzato interpretando e filtrando la lezione morandiana attraverso la ceramica, il loro mezzo prediletto.
In queste opere di Bertozzi & Casoni non solo la tavolozza da accesa si fa pastello, ma la loro indagine sulla vanitas e sulla caducità – da sempre condotta attraverso istantanee di flora e fauna e di avanzi della civiltà di consumo – coinvolge anche i fiori di Morandi, che interpretati da loro nascondono tra i petali una presenza di vita dai colori cangianti: piccoli insetti pronti a trasformarsi in un rebus ambiguo, che lascia aperta la porta a più risposte.
La Galleria MONITOR, fino al 28 gennaio, propone nei suoi spazi di Roma, la seconda personale di Elisa Montessori: Piante e Fiori (Moralità boschiva).
Attraverso una serie di opere inedite, poste in dialogo con una puntuale selezione di lavori storici, la forma racconto lascia il passo a una serie di indizi apparentemente slegati fra loro, riconducibili all’unico intento di far cogliere in ogni segno della natura, un segno riconoscibile – e significante – nella propria mente o nella propria esperienza.
Il gioco linguistico di Montessori ci esorta così ad un esercizio visivo: cogliere nell’informe, nell’imperfetto, nel casuale, immagini che si conoscono già. O meglio oggetti che la nostra mente non conosce ma che ri-conosce. E ancora una volta l’artista ci rivela che è la natura ad essere all’origine di quel segno che attraverso l’azione si fa scrittura.
A Napoli, la la Shazar Gallery ospita fino al 2 febbraio Entropy #8, la prima personale italiana dell’iraniana Saghar Daeiri. La mostra presenta il nuovo progetto dell’artista di base a Istanbul, con dipinti su tela, acquerelli su carta e micro-installazioni che narrano un sistema umano e sociale prossimo al collasso.
Saghar Daeiri, particolarmente attenta alla rappresentazione critica e grottesca della società in cui vive, affronta il disordine all’interno di un sistema, l’entropia appunto, attraverso un personalissimo linguaggio visivo che deforma l’immagine fisica, ne trasforma le fattezze lanciando segnali di un disfacimento intimo e collettivo.
Infine, arriviamo in Sicilia e, più precisamente, a Catania dove la Galleria Carta Bianca ha da poco inaugurato Il segno dell’innocenza, personale di Attilio Giordano che attraverso le sue grafiti apre al pubblico il suo universo legato al mondo dell’infanzia. “Un universo sospeso tra verità e finzione – come ha scritto di lui Lorenzo Canova -, una composizione in bilico tra realismo e visionarietà, uno sguardo che coniuga l’occhio sognante dell’infanzia e il dramma del presente delicatamente, nelle tavole o nelle carte”.