Daniele Tomé, Product Manager PPDS – Philips professional displays, ha incontrato Collezione da Tiffany per discutere delle tecnologie a disposizione del mondo dell’arte digitale di oggi.
Di fronte ai nuovi mezzi con cui interagiamo ogni giorno, qualche volta occorre partire dal principio, fare un passo indietro e cominciare a discutere prima di tutto dei significati che sono alla base dei progetti. Bisogna chiedersi cosa significhi arte oggi e come un collezionista contemporaneo possa far parte in maniera proattiva di questa evoluzione continua, pur rimanendo legati all’estetica che possiamo definire “tradizionale”.
E così abbiamo fatto. Con Daniele ci siamo seduti e abbiamo parlato di medium e media, di tecnologie a impatto zero e della rivoluzione che queste potrebbero apportare al mondo dell’arte. Ci siamo confrontati sullo spinoso tema della conservazione, della riproduzione e della sicurezza – anche in termini di investimento – che il mercato oggi richiede alle nuove espressioni artistiche.
F.G. Daniele, cosa significa arte digitale per PPDS?
D.T. Per rispondere a questa domanda occorre prima di tutto inquadrare il contesto in cui PPDS opera da un punto di vista produttivo e di target di riferimento. Naturalmente noi non siamo nati nel mondo dell’arte, per noi arte è sinonimo di sfida, di nuovi risultati tecnologici che possiamo raggiungere e di opportunità che possiamo fornire a un mondo che sta fuori dal nostro core business.
Il progetto nasce circa tre anni fa con un obiettivo principalmente “estetico”, orientato alla possibilità di offrire soluzioni display capaci – se così possiamo dire – di arricchire con i colori e le espressioni artistiche delle opere d’arte, contesti corporate dedicati in larga parte a meeting e presentazioni aziendali.
La nostra idea iniziale era quindi cercare di rendere più interessanti e attrattivi spazi a volte un po’ austeri, secondo una logica anche lodevole, ma che sollevava già allora un problema concreto di consumo di energia non legato a funzionalità essenziali.
Da qui poi lo spunto per cercare di sviluppare soluzioni a basso impatto energetico, che non ci obbligassero a rinunciare alla qualità delle performance.
F.G. Per essere più attrattivi, con anche uno sguardo all’estetica, avete quindi trovato il modo di riprodurre contenuti digitali, senza l’impiego di corrente elettrica.
D.T. Esatto, ed è proprio così che nasce la collaborazione tra Philips e E-Ink, l’azienda leader delle soluzioni display e-paper, che ne ha ideato e brevettato la tecnologia oggi alla base di ogni dispositivo e-book. È a partire dall’elettronica pensata per l’e-book che abbiamo iniziato uno sviluppo focalizzato principalmente sulla riproduzione a colori dell’immagine.
Da qui nascono i nostri display digitali e-paper che funzionano anche senza alimentazione elettrica o batterie, grazie alla capacità di riflessione della sola luce ambientale.
Questi alcuni dati tecnici salienti che possono meglio definire la tipologia dello schermo Philips Tableaux: formato 25 pollici, 3800 x 1200 pixel di risoluzione in 16:9 e 60.000 colori.
Così come un e-book funziona anche se scarico, riproducendo l’immagine delle pagine del libro, alla stessa maniera un e-paper può visualizzare in modo permanente un contenuto digitale ovviamente statico.
Ed è proprio nell’ambito di queste nuove sperimentazioni tecnologiche che PPDS ha deciso di lanciare MUSE, un concorso internazionale per artisti digitali, basato sulla realizzazione di opere da esporre su display Tableaux, che oggi sono in lista per aggiudicarsi il Premio.
F.G. Quindi, questa tecnologia sarà quella utilizzata come medium per il premio MUSE, che inaugurerà la sua mostra a Milano il prossimo 23 novembre alla Fabbrica del Vapore.
D.T. Sì, esatto. Le opere concorrenti del premio saranno tutte visualizzate sui nostri display e-paper.
F.G. Da un punto di vista tecnico, come arriva l’opera d’arte digitale ai tecnici PPDS, come la adattano al supporto video e come la “maneggiate” per poterla riprodurre attraverso i vostri schermi?
D.T. L’opera è finalizzata in formato jpeg, gli artisti quindi ci mandano un file che noi carichiamo semplicemente sul Tableaux. Non interveniamo mai in nessun modo sul file finale. In alcuni casi, se la risoluzione o qualche caratteristica tecnica non è adattabile al nostro supporto, verifichiamo direttamente con l’artista la resa e la validazione del risultato effettivo.
Abbiamo poi fornito un tool online di comparazione agli artisti che simula con buona approssimazione la resa finale dell’opera in jpg, una volta portata su e-paper. In più, abbiamo anche indicato agli artisti alcuni esempi di conversione di opere (La grande onda di Kanagawa, una xilografia del 1830 su supporto cartaceo) che potessero essere utili a meglio comprendere il risultato finale e la resa estetica del loro lavoro.
F.G. In quanto restauratrice-conservatrice di formazione, mi sento totalmente immersa nel dibattito intorno al ruolo culturale dell’arte digitale oggi. Forse non siamo ancora in grado di rispondere alle principali domande pratiche che questo medium ci sta proponendo. Inizio a fartene una io: dove si conserva l’opera una volta che è stata riprodotta?
D.T. In realtà, essendo l’opera un jpeg è molto facile da conservare. È sufficiente salvarla su un supporto di memoria come un hard disk o custodirla in un server online. Nel caso degli e-paper, l’opera è salvata in locale, cioè fisicamente il file jpeg è presente all’interno del prodotto tecnologico che dispone di una memoria interna.
Con il digitale cambia l’idea di conservazione e unicità. L’opera si può riprodurre contemporaneamente in due o più luoghi diversi, dipende quante copie di quel file esistono e quante l’artista ha autorizzato e certificato come originali.
Proprio per questo motivo stiamo lavorando a un sistema di certificazioni su rete Block-chain che ci permetterà di avere oltre al file anche una sorta di firma digitale per ogni opera riprodotta con il nostro e-paper.
F.G. Dato che stai parlando di futuro, ti chiedo come state immaginando uno sviluppo di questa tecnologia?
D.T. Qui entra in gioco l’approccio Philips alla sostenibilità, decisamente orientato allo sviluppo di schermi a bassissimo impatto ambientale, prodotti per il 50% con materiali completamente riciclati e riciclabili, secondo un ciclo di produzione improntato al design circolare e alla modularità per consentire di allungare la vita media di ogni display, e che speriamo ci porterà sempre più a interagire con opere d’arte digitali, non solo statiche, ma anche video e – perché no – interattive.
F.G. Quindi, un collezionista che vuole comprare arte digitale realizzata per un supporto e-paper, è vincolato nell’acquistare anche lo schermo?
D.T. Certo che no, un collezionista potrà continuare ad acquisire solo il file digitale dell’opera, e a sua discrezione anche il supporto e-paper, proprio come avviene per un dipinto su tela con una cornice. Se invece parliamo di conservazione nel tempo, naturalmente avere l’opera originale riproposta con il suo medium di riferimento, per il quale è stata ideata, potrebbe avere un valore complessivo maggiore.