Se la rielezione di Barack Obama alla Casa Bianca è stata accolta con un certa freddezza, per non dire riluttanza, da parte dei mercati finanziari, non si può dire che la stessa cosa si accaduta nel campo dell’arte. Quella a cui abbiamo assistito la scorsa settimana a New York, infatti, è stata l’ulteriore conferma della forza del mercato dell’arte contemporanea nella sua fascia più alta: in una sola settimana, nelle aste della Grande Mela, infatti, sono state vendute opere per la bellezza di 1 miliardo di dollari (tra aste serali e diurne).
Scuote la testa sorridendo il grande collezionista e mercante israeliano di Andy Warhol Jose Mugrabi all’uscita della sale room di Christie’s: «Il mercato oggi è fantastico, non ricordo di aver mai visto un’asta migliore di questa». E’ la sera del 14 novembre e la evening sale della casa d’aste di Francois Pinault ha appena messo a segno un risultato storico: 412.3 milioni di dollari (pari 321 milioni di euro), il totale più alto mai realizzato in un’asta di Post-War and Contemporary Art. I tassi di vendita sono stati strabilianti: 93% in valore e 92% in lotti. Ma il commento di Mugrabi si riferisce, in primo luogo, al dominio assoluto di Warhol durante tutta la seduta, che ha visto messi all’incanto, tra gli altri, lavori di Franz Kline, Jean Michel Basquiat, Mark Rotcko, Jeff Koons e Roy Lichtenstein; realizzati ben 8 record del mondo e 11 opere vendute per oltre 10 milioni di dollari. Dati che lasciano sbalorditi ma che, alla resa dei conti, fanno solo da sfondo allo sconcertante record realizzato dalla Statue of Liberty di Warhol (vedi il video), tratta dalla sua serie seminale Death and Disaster – esempio pioneristico di pittura in 3D -, battuta per la bellezza di 43.7 milioni di dollari. Record a cui è seguita l’eccezionale vendita del suo Marlon, aggiudicato alla famiglia di collezionisti libanesi Nahmad, dopo nove minuti di accesa battaglia, per la cifra di 23.7 milioni. Due record che non tutti hanno preso benissimo e che, nei commenti post-asta, sembrano rappresentare i sintomi più evidenti di una nuova bolla speculativa a soli quattro anni dall’esplosione della precedente. «Questi sono matti. – è stato il commento di Andrew Fabricant della Richard Gray Gallery colto sulle scale di Christie’s all’uscita dall’asta – C’è qualcosa si anomalo in quello che sta succedendo nel mondo e lo trovo disgustosamente inquietante. Questi prezzi spostano l’asticella oltre ogni limite e confondono l’intero sistema». Meno allarmata, invece, Joanne Heyler, direttrice e curatrice della Broad Foundation di Los Angeles che lega l’incredibile risultato alla sempre più forte presenza di denaro straniero sul mercato americano.
Con questo nuovo record, Christie’s si conferma leader del mercato di fascia alta, surclassando la rivale Sotheby’s che, la sera precedente (13 novembre), aveva realizzato 375.2 milioni di dollari, il suo miglior risultato di sempre, superiore alle aspettative pre-aste che lasciavano prevedere un totale tra i 277 e i 374 milioni. Un totale, quello realizzato nella sede newyorkese della casa d’aste, a cui hanno contribuito in modo sostanziale la vendita di opere dell’Espressionismo Astratto appartenenti alla Collezione Kohl (101 milioni) e la straordinaria vendita del capolavoro di Mark Rothko No.1 (Royal Red and Blue) realizzato dall’artista nel 1954 e venduto per oltre 75 milioni dopo una contesa che ha visto coinvolti 5 potenziali acquirenti (vedi il video). Ma il risultato ottenuto da Sotheby’s è anche il frutto di un’attenta strategia che ha visto mettere in vendita prima le opere più “fresche” per il mercato, così da alzare subito il tenore dell’asta. Anche in questo caso, però, il sospetto di un mercato “nuovamente” gonfiato sembra emergere dalle parole di Allan Schwartzman, consulente artistico di Manhattan, che, verso la fine della vendita, ha commentato: «Ci sono stati dei prezzi enormi. E tutto è dovuto ai nuovi ricchi che cercano un posto dove sistemare il loro denaro». Ma per quanti sospettino speculazioni, altrettanti, anche in questo caso, attribuiscono i risultati al forte interesse dei collezionisti per le opere in catalogo, spesso di qualità museale e alla loro prima apparizione sul mercato. Quale sia la realtà delle cose lo vedremo in futuro. Una cosa è certa, però, in tutta questa crescita la finanza, ancora una volta, gioca un ruolo di primo piano, tanto che Anthony Grant – specialista di Sotheby’s – ha chiaramente ammesso, dopo l’asta che, la maggioranza degli acquirenti della serata proveniva da posti come gli Stati Uniti, la Malesia, la Francia, la Svizzera e il Sudamerica, dove i collezionisti sono alla ricerca di asset forti in cui investire il proprio denaro.
Ha chiuso la settimana dei record Phillips de Pury che nella sua asta del 15 novembre scorso ha totalizzato 79.9 milioni di dollari, totale decisamente più contenuto rispetto alle altre due colleghe e di poco superiore alle aspettative minime pre-asta che si attestavano sui 76 milioni ma molto lontani da quei 115 milioni posti come traguardo più alto. Un risultato modesto che passa in secondo piano se confrontato con quelli di Christie’s e Sotheby’s. Detto questo, una cosa è certa: l’arte contemporanea continua a dimostrare la sua capacità di attirare l’attenzione di un cospicuo numero di collezionisti internazionali anche se le dinamiche del mercato, ancora una volta, si fatto opache e sfuggono ai più le reali motivazioni che stanno dietro i rialzi dei prezzi registrati negli ultimi mesi. Non resta, quindi, che attendere i test di febbraio per capire cosa succederà e la reale tenuta del mercato di fascia alta nel perdurare delle turbolenze delle principali piazze finanziarie del mondo.