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Aste: occhio al Buyer’s Premium

del

Alle aste avevo già dedicato, in passato,  una Breve guida all’acquisto in cui spiegavo come muoversi prima, durate e dopo questi particolari appuntamenti con il mercato. Oggi, invece, vorrei soffermarmi su un elemento che cito abbastanza spesso nei miei articoli, ma che, fino ad oggi, non ho mai approfondito: il Buyer’s Premium.

 

Cos’è il Buyer’s Premium

 

Iniziamo con una definizione. Il Buyer’s Premium non è altro che una percentuale che viene aggiunta al prezzo di aggiudicazione di un’opera (il cosidetto Hammer Price) e, cosa da non sottovalutare, deve essere pagato da chi acquista il lotto. Il Buyer’s Premium va direttamenta alla casa d’aste e non al collezionista. Di fatto è da considerarsi una sorta di Commissione di Agenzia. Non vi nascondo che sulla pratica di applicare questo “canone” ci sono varie polemiche che vedono attive, sostanzialmente, due fazioni: chi ritiene che il Buyer’s Premium sia un contributo necessario per coprire i costi dei processi amministrativi che stanno dietro ad un’asta e chi, invece, lo considera una maggiorazione incomprensibile.

La saleroom di una casa d'aste
La saleroom di una casa d’aste

Polemiche a parte, è fondamentale ricordarsi della sua esistenza quando si acquista un’opera all’asta. E questo per un motivo molto semplice: il prezzo che pagherete per il lotto appena conquistato in sala non è quello che avete deciso alzando la vostra paletta, ma quello +  il Buyer’s Premium. Senza dimenticare tutte le altre tasse, in primis l’iva.

Capite bene che se avete definito un budget oltre al quale non volete spingervi, questa commissione potrebbe riservarvi brutte sorprese. Quindi, il consiglio è semplice: quando definite la cifra massima che siete disposti a pagare per un’opera inserita nel catalogo di un’asta, ricordatevi sempre di calcolare al suo interno anche il Buyer’s Premium.

 

Come funziona il Buyer’s Premium

 

Ogni casa d’asta ha le sue regole. C’è chi applica una percentuale uguale per tutte le sue sedi e chi, invece, ne ha una per ogni paese in cui opera. Ma, cosa ancora più complessa, nella maggior parte dei casi il Buyer’s Premium si applica per porzioni di prezzo e, ad ogni porzione, corrisponde una percentuale diversa. Siete confusi? Immagino di sì. Cerco, quindi, di essere più chiaro con un esempio e, visto che domani sera si tiene da Phillips de Pury la prima delle eveing sale in programma a Londra vediamo come questa casa d’asta applica il Buyer’s Premium sulla piazza londinese:

  • fino a 50.000 sterline: 25%;
  • da 50.001 a 1 milione: 20%
  • da 1.000.001 in su: 12%.

Quindi, un’opera che dovesse essere battuta da Phillips con un prezzo di aggiudicazione di 1.500.000 di sterline avrà un prezzo finale (compreso il B.P.) di 1.762.500 sterline. E questa sarà la cifra che il collezionista dovrà pagare.

Oltre a cambiare di paese in paese, infine, è bene ricordare che le percentuali (e le porzioni di prezzo a cui vengono applicate) subiscono anche degli aggiornamenti periodici. E’ fondamentale, dunque, leggere bene le indicazioni che ogni casa d’aste riporta sul suo sito web e, sempre  in modo molto preciso, sui cataloghi delle singole aste, nella sezione dedicata alle condizioni d’acquisto.

 

Il Buyer’s Premium e i record d’asta

 

Dopo aver visto cos’è e come si applica il Buyer’s Premium vorrei chiudere questo breve articolo con alcune considerazioni sulla lettura dei dati di un’asta. I record, ma anche le aggiudicazioni sopra le stime  pre-asta, fanno sempre notizia. Ma non occorre essere grandi economisti per capire che paragonare stime che non comprendono  il Buyer’s Premium con risultati finali che, invece, lo includono, ha ben poco senso. Eppure è quanto fanno molte delle testate d’arte che trovate ogni settimana in edicola e che, di fatto, riprendono solo il comunicato stampa delle case d’asta. E questo è il motivo per cui, nelle nostre analisi, confrontiamo le stime solo con l’hammer price  (senza B.P.). Solo così, infatti, si può capire se un’opera ha avuto veramente un’aggiudicazione degna di nota o meno.

Un esempio? In base a quanto detto fino ad ora provate a capire se un’opera messa in catalogo con una stima tra 1.2 e 1.6 milioni di sterline e venduta a 1.7 milioni ha superato o no le aspettative. Se questo prezzo è quello finale (e quindi con B.P.) la risposta è no. Se invece quello è il prezzo di aggiudicazione, la risposta è sì. Nei comunicati e in molti articoli si tende a mescolare le carte e a generare una confusione che, secondo noi, non fa bene al mercato.

Nicola Maggi
Nicola Maggi
Giornalista professionista e storico della critica d'arte, Nicola Maggi (n. 1975) è l'ideatore e fondatore di Collezione da Tiffany il primo blog italiano dedicato al mercato e al collezionismo d’arte contemporanea. In passato ha collaborato con varie testate di settore per le quali si è occupato di mercato dell'arte e di economia della cultura. Nel 2019 e 2020 ha collaborato al Report “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione” di Deloitte Private. Autore di vari saggi su arte e critica in Italia tra Ottocento e Novecento, ha recentemente pubblicato la guida “Comprare arte” dedicata a chi vuole iniziare a collezionare.

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