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Come la fotografia si fa strada nel mercato dell’arte

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L’ingresso della fotografia nel mercato dell’arte e nelle case d’asta è un fenomeno relativamente recente. Basti pensare che la prima vendita all’asta dedicata interamente alla fotografia si svolge in Svizzera nel 1961, grazie all’iniziativa del libraio e collezionista francese André Jammes. Fino ad allora, non esisteva un vero e proprio mercato dedicato a questo medium. Nonostante la qualità straordinaria delle opere in vendita, quella prima asta non ottenne risultati particolarmente brillanti.

È solo a partire dagli anni Settanta che il mercato fotografico comincia a svilupparsi con maggiore continuità, ma il vero boom avviene nel 1999. Fu un momento simbolico in cui a Londra viene presentata all’asta la vendita della prima parte della collezione Jammes: i 287 lotti di quella vendita hanno totalizzato un prodotto di €11.582.771, generando un effetto immenso per quel settore nel mercato dell’arte e catapultando la fotografia storica al livello delle discipline artistiche.

Lo scorso marzo 2025, Deloitte Private rende quest’arte protagonista del suo report “Il mercato della fotografia nel 2024. Tendenze, aste e dinamiche emergenti”, in quanto in questi ultimi anni ha visto una crescita notevole. Ma partiamo dalle basi.

La questione della riproducibilità

La fotografia, all’interno del mercato dell’arte, occupa una posizione particolare perché può assumere diversi “statuti”: può essere considerata tanto un documento storico quanto una vera e propria opera d’arte. Esistono fotografie uniche, come nel caso del dagherrotipo, dove l’esemplare è irripetibile. Tuttavia, con il negativo o il file in digitale, esiste la questione della riproducibilità che rende il mercato fotografico particolarmente complesso, come ci spiega Antoine Romand, esperto di fotografia e membro del SFEP (Sindacato Francese di Esperti Professionisti in opere d’arte). Walter Benjamin nel suo saggio “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” parlava di dissolvenza dell’aura, intendendo per “aura”, quel valore aggiunto dato dall’hic et nunc, il qui e ora di un’opera, considerata nella sua unicità. Per sorvolare questo ostacolo si sceglie di produrre tirature in “edizione limitata” (si indica quante volte è stata stampata un’immagine), garantendo così l’unicità di ogni stampa. Quando un fotografo decide di realizzare, ad esempio, una tiratura di 50 esemplari di una fotografia, ciascuna di queste copie ha lo stesso valore e viene considerata “originale”. Una volta definito il numero degli esemplari che comporranno l’edizione, i fogli vengono numerati e firmati o timbrati dall’artista per autenticarne la paternità. Nonostante tutto, dunque, “le tirature stabilite dall’artista (e riconosciute dal mercato) introducono un elemento di rarità, che determina il valore dell’opera” continua Romand. “Esistono autori che producono edizioni molto limitate, mentre altri optano per edizioni più aperte. Anche se la tecnologia consentirebbe di creare infinite copie, il concetto di rarità resta centrale per il mercato”.

Altri esemplari unici nel mondo della fotografia sono le cosiddette prove d’artista, un tempo escluse dal mercato e destinate ad amici, critici e collaboratori. Normalmente sono un massimo di tre e vengono numerate con numeri romani, a differenza degli altri esemplari dell’edizione. Anche il “vintage”, infine, resta una peculiarità del mercato fotografico. Si tratta di una sorta di stampa eccezionale vicina al periodo in cui l’artista ha deciso di scattare quella fotografia, dunque, anche maggiormente in linea al reale pensiero del fotografo in materia di esecuzione e di risultato.

Un settore in piena crescita

Superato questo busillis e fissate le regole di “originalità”, in questi 26 anni non possiamo che osservare un mercato in profonda espansione e che può risultare un investimento strategico per collezionisti, amatori ed attori del mercato dell’arte.

L’esperto in fotografia presso la Corte d’appello di Parigi, François Cam-Drouhin, ci spiega che “ad oggi possiamo dire che il mercato della fotografia è diventato molto attivo e che non si tratta affatto di un mercato di nicchia: si muove su dinamiche complesse e articolate, all’interno di un sistema ormai ampio e strutturato a livello mondiale. Tuttavia, pur essendo molto attivo, rappresenta ancora una piccola percentuale rispetto al mercato dell’arte globale”. “Basti pensare che – continua Cam-Drouhintra il 2021 e il 2023 solamente 20 fotografi hanno generato il 50% del fatturato totale del settore”.

Secondo il Report di Deloitte, il fatturato complessivo del mercato della fotografia nel 2024 segna un calo di circa il 20,9% rispetto al 2023 (da 31 milioni a 24,4 milioni di dollari), non tenendo conto, però, delle trattative dinamiche tra intermediari e privati, nonché degli acquisti negoziati direttamente con gli artisti. Molti collezionisti, infatti, tendono ancora ad acquistare prevalentemente le opere direttamente da gallerie e fotografi di fiducia, ricorrendo alle aste solo in caso di pezzi eccezionali “degni di musei”. Si nota, in ogni caso, una riduzione del tasso di invenduto di circa il 5,4% nel 2024 rispetto all’anno precedente, che mostra, dunque, vitalità nel settore, specialmente per le opere più accessibili ambite dai giovani collezionisti.

Foto: Courtesy Deloitte Private

A livello internazionale, l’impatto e l’incremento di questo settore è notevole, come possiamo vedere dalle innumerevoli mostre blockbuster sparse per il mondo. A partire da quella di Wolfgang Tillmans del 2022 presso il MoMA di New York, fino alla mostra conclusa lo scorso gennaio di Zanele Muholi presso la Tate Modern di Londra, o ai nomi di Vivian Maier e Sebastião Salgado ospitati in diverse sedi museali per il mondo. E poi, ancora, ci sono contest come il World Press Photo, che premia ogni anno i migliori reportage e immagini documentarie del mondo, e che, fino a giugno, ha esposto al Palazzo delle Esposizioni di Roma, le foto vincitrici del 2025. Non possiamo tralasciare la partecipazione della fotografia come forma d’arte anche alle esposizioni universali, come la Biennale d’Arte di Venezia, dove nel corso dell’ultima edizione del 2024, “Stranieri Ovunque”, sono stati esposti anche gli scatti di Claudia Andujar

Oltre alle aste e al dialogo tra gallerie ed istituzioni, anche le fiere diventano un momento fondamentale di incontro e scoperta. Paris Photo, ad esempio, è una delle fiere internazionali dedicate interamente alla fotografia che ogni anno unisce più di 200 espositori da tutto il mondo, offrendo una qualità di presentazione di progetti fotografici che non ha eguali. Anche a Milano, sebbene la scena fotografica sia meno strutturata rispetto a Parigi, la fiera (cresciuta negli anni) gioca un ruolo sempre più centrale. Una delle principali è Mia Photo Fair di Milano che cade ogni anno prima di Miart, la cui più recente edizione si è chiusa il 23 marzo con la presenza di circa 13mila visitatori.

Con queste premesse, è indubbia la spontaneità con cui sempre più attori del mercato dell’arte decidano di investire o collezionare opere fotografiche. Federica Barletta di Ncontemporary, in un articolo de “Il Giornale dell’Arte”, spiega come per una galleria specializzarsi in fotografia possa essere una scelta strategica: “permette di costruire un’identità forte e riconoscibile”. In Germania, ad esempio, soprattutto a Berlino e Düsseldorf, la fotografia gode di un forte riconoscimento culturale e di mercato, grazie anche ad una solida tradizione accademica e istituzionale. Se ci spostiamo in Francia pensiamo subito a Parigida sempre capitale della fotografiaFlorence Bourgeois, direttrice di Paris Photo, spiega che “oggi questo ruolo è ancora più centrale, perché la città è riuscita a combinare la sua profondità storica con un’attenzione crescente verso la fotografia contemporanea e sperimentale”. Secondo Bourgeois, il mercato della fotografia in Francia “resta dinamico e resiliente, capace di trasformare i momenti di incertezza in opportunità di rinnovamento”.

Una buona mossa vincente, può essere anche quella di specializzarsi in un contesto di mercato ben preciso, come ha fatto Michael Hoppen (esperto di fotografia e membro dell’Aipad, Associazione Internazionale dei Galleristi di Fotografia) nella sua galleria a Londra. Sebbene il mercato britannico sia sempre stato piuttosto piccolo rispetto a quello americano o francese, Hoppen decide di inserirsi in una sezione ben definita, con una preferenza storica per la fotografia vintage piuttosto che per quella contemporanea. “Negli ultimi 8-10 anni, ci siamo concentrati sulla fotografia vintage, in particolare su quella giapponese del secondo dopoguerra. Questo settore si è dimostrato molto solido ed è stata una scelta di tempismo eccellente: il Giappone, oltre che rappresentare un buon investimento finanziario, è un luogo meraviglioso dove lavorare e le opere su carta sono lì molto apprezzate,” dice Hoppen, sempre in un articolo de “Il Giornale dell’Arte”.

Nobuyoshi Araki (B. 1940). Untitled, from ‘Colourscapes’, 1991. Foto: Christie’s. Uno tra gli artisti giapponesi che la galleria Hoppen ha in esposizione.

I lati negativi

Nonostante questo slancio incredibile in così poco tempo, possiamo ancora trovare qualche piccola crepa in questo settore emergente. In Italia, prosegue Barletta, benché ci siano festival di grande risonanza come Fotografia Europea, Cortona On The Move ed Exposedmanca un dialogo strutturato e continuativo tra i musei italiani e le istituzioni internazionali, indispensabile per costruire una vera scena fotografica nazionale proiettata all’estero”. La galleria di Hoppen a Londra, infatti, collabora regolarmente con istituzioni come la Tate, il MoMa o il Centre Pompidou, “perché la fotografia è ancora percepita come relativamente accessibile e quindi interessante anche per le acquisizioni museali”.

Questa spinta alla collaborazione è oltremodo incentivata dalla tassazione. In Germania, ad esempio, nonostante l’inclusione della fotografia nel German Cultural Council del 2021, quando è stata ridotta l’Iva per l’arte al 7% nel 2023, non è stata estesa alla fotografia (tassata al 19%). Purtroppo non si è ancora trovata una soluzione e ciò porta un grande svantaggio per il mercato fotografico. Per questo anche i collezionisti, sebbene l’alto interesse, stanno diventando più cauti negli acquisti rispetto a qualche anno fa. In Inghilterra, invece, c’è il problema della Brexit che, tra costi di spedizione e burocrazia doganale, rende più difficile la partecipazione a fiere e l’organizzazione di mostre itineranti. Anche in Italia, da Finarte sottolineano: “Il limite di libera esportazione è ancora fermo a 25 anni per la fotografia, il che non agevola la partecipazione di clienti stranieri, rallentando molto l’esportazione delle opere acquistate”.

Le preferenze dei collezionisti

Nel panorama di mercato, si può osservare un fatturato globale modesto rispetto al picco nei primi anni del 2010 e nel periodo degli investimenti speculativi in questo ambito tra 2013 e 2014. Nonostante ciò, le transazioni sono in aumento, in primis, secondo il report di Deloitte, per un fattore di accessibilità. La maggior parte degli acquisti riguarda infatti lotti abbordabili e solo il 5% supera la soglia dei 20 mila dollari. Questo pretesto, infatti, risulta vantaggioso sia per i collezionisti appassionati ed esperti, ma anche per coloro che vogliono cominciare ad inserirsi in questo mondo. Si è delineata, inoltre, una “ricalibrazione di mercato”, spostandosi verso un modello più equilibrato e sostenibile. Infine, si parla anche di un’evoluzione di preferenze del collezionista, che attribuisce “sempre più valore alla profondità, alla provenienza e all’interesse curatoriale rispetto ai prezzi da record”. Lo si può notare anche dalla crescente curiosità verso opere dal contesto storico della fotografia moderna rispetto a quelle contemporanee. Quest’ultime, infatti, sono spesso soggette a variazioni cicliche e più sensibili agli effetti della moda. Se la borsa subisce un forte calo, la quotazione di un artista come Gursky rischia di essere compromessa contrariamente a quella di Le Gray che ha più valore patrimoniale.

Ultimamente, appunto, “gli acquirenti hanno adottato un approccio più selettivo, anche a fronte di un’offerta di minore qualità, portando a una ricalibrazione dei risultati d’asta”. Inoltre, va considerato anche l’impatto del passaggio alle piattaforme online, che, da una parte, sicuramente ha consentito un accesso più ampio al mercato, ma dall’altra ha frammentato l’offerta. Il risultato? “Un eccesso di opere che ha ridotto la domanda, con acquirenti con potere di acquisto inferiore” e i prezzi messi “sotto pressione”. Tuttavia, non c’è da preoccuparsi, in quanto “la domanda di opere fotografiche di alta qualità e rilevanza storica […] rimane solida”. Deloitte, infine, precisa che il 2024 ha visto “un’impennata dell’interesse per la fotografia concettuale e quella a tecnica mista, accanto a una crescente valorizzazione delle opere storiche e contemporanee. Con i collezionisti sempre più propensi a investire in fotografi italiani e internazionali, il mercato continua a espandersi in portata e rilevanza” Anche i progetti sperimentali ed i nuovi artisti emergenti, comunque, trovano l’interesse di collezionisti sempre più curiosi e informati.

Come sottolinea Francesca Malgara, direttrice di Mia Photo Fair Bnp Paribas: “Abbiamo visto crescere la consapevolezza da parte delle gallerie di dover lavorare su progetti curatoriali forti, capaci di competere su un mercato globale, alla ricerca anche di progetti legati all’intelligenza artificiale, a cui il pubblico inizia a guardare con molto interesse”. Sarah Krueger, Head of Photograph di Phillips, spiega che “chi colleziona fotografia oggi non cerca semplicemente un autore, una scuola geografica o un genere; l’attenzione si concentra sulle idee e le esperienze dell’autore, insieme al soggetto rappresentato nell’immagine. I fotografi che integrano temi sociali nelle loro opere stanno riscontrando un interesse crescente, poiché i collezionisti e il pubblico tendono a gravitare attorno a immagini di forte impatto, capaci di stimolare il dialogo, promuovere la consapevolezza e ispirare il cambiamento”. La fotografia, così come l’arte visuale, osservano in modo critico il presente, interrogandolo e restituendo visioni di ciò che il mondo sta attraversando, tra guerre, crisi economiche e tensioni internazionali.

I fotografi più quotati

Gli Stati Uniti sono sicuramente uno dei paesi che presenta la maggior fetta di mercato fotografico al mondo. Sempre Krueger, commenta che “il mercato della fotografia negli Stati Uniti, e in particolare a New York, resta vivace e solido. Nell’ultimo anno, circa il 20% degli acquirenti era rappresentato da collezionisti alle prime armi”. Tra i fotografi maggiormente apprezzati e più acquistati del 2024, troviamo appunto americani come Richard Prince (che ha realizzato i 3 scatti più costosi di quell’anno, della serie “Cowboy”, tra cui spicca quello del 1997 battuto per oltre 2,6 milioni di dollari), William Eggleston (con un record d’asta di 1,4 milioni di dollari raggiunto da Christie’s a New York, ma superato da Phillips a marzo di quest’anno con la vendita del portfolio completo “Los Alamos” per più di 1,8 milioni di dollari) e Diane Arbus (con 1,2 milioni di dollari aggiudicati per IdenticalTwins, Roselle, N.J., 1967, da Phillips). Altri nomi ricercati sono anche quelli di Edward Weston (“Shell – Nautilus”, 1927 a 1,07 milioni), Richard Avedon (“Marilyn Monroe”, 880mila dollari), ma anche Cindy Sherman, Andreas Gursky, Ansel Adams e Robert Mapplethorpe. Una mossa strategica è anche quella di inserire le fotografie più iconiche e rare nelle aste di moderna e contemporanea, come hanno fatto Christie’s e Sotheby’s. Phillips, però, tra le “major”, è quella che di più si concentra sulla fotografia, realizzando varie aste esclusivamente dedicate a questo dipartimento.

Richard Prince, Untitled (Cowboy), 1997. Foto: malba.org.ar

Spostando lo sguardo verso l’Italia, possiamo trovare altrettanti nomi interessanti conosciuti anche a livello internazionale. Gabriele Basilico, Mario Giacomelli, Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, sono solo alcuni dei fotografi che in questi anni hanno raggiunto risultati importanti nel mercato della fotografia.

Nel 2010, Basilico raggiunse i 105.229,50 Euro, in un’asta di Christie’s a Londra per la foto “Contact” (1944). Nello stesso anno, anche Giacomelli fece il suo record d’asta alla Swann Auction Gallery di New York con 24.977,70 Euro per il portfolio di immagini intitolato “La gente” (1956-1968). Nel 2014, Luigi Ghirri raggiunse il suo record da Sotheby’s Paris di 51.900 Euro, sempre per un portfolio intitolato “Atelier Morandi” (1992). Anche Finarte, in un articolo del 2021, ci racconta come tra il 2018 e il 2020 ha venduto l’84% sui 25 lotti proposti, con cifre che variano dagli 8mila ai 13mila euro. Nel 2024, Farsettiarte ha aggiudicato, invece, forse la fotografia più costosa mai venduta in un’asta italiana: Waiting for the End – Moca, San Francisco June 1975 (1977) di Vito Acconci per 32mila euro. Vendita che probabilmente ha consolidato e confermato l’interesse per opere concettuali ed espressive.

Elisa Minchio
Elisa Minchio
Laureata in Scienze Psicosociali della Comunicazione e in Economia e Gestione dei Beni Culturali, a fine 2023 ha deciso di trasferirsi a Parigi dove ha lavorato per sei mesi in una galleria d’arte. Attualmente lavora nella casa d’aste Ader e Publishing Agent per Snap Collective.

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