Cari lettori,
oggi niente storie di collezionismo, solo qualche riflessione, in una giornata novembrina, tra me e me, tra me e voi.
Qualche settimana fa, mentre programmavo i prossimi articoli, mi sono ritrovata a pensare a quali possono essere le principali difficoltà che un collezionista si trova ad affrontare nel complesso panorama di oggi, e in che cosa possono essere diverse da quelle del secolo scorso.
In verità temo che alcuni di questi ostacoli si possano tranquillamente estendere anche ad altre categorie di appassionati d’arte, ma colpiscono più da vicino i collezionisti vista la particolare natura, anche economica, del loro coinvolgimento.
Nelle mie interviste ai collezionisti cerco di mantenere un approccio più incoraggiante, semplicemente per stimolare riflessioni che aiutino chi legge a esorcizzare in qualche modo i timori nascosti nel collezionare arte.
Queste sono le mie preoccupazioni, poi se volete raccontatemi le vostre…
La mancanza di conoscenza, ovvero l’ignoranza
Sembra incredibile, eppure in un epoca dove le notizie sono globalmente accessibili e incensurate, la mancanza di interesse per l’informazione e la storia anche recente dell’arte si è diffusa non solo nell’aspirato grande pubblico, ma anche nella folla di addetti ai lavori di vario tipo, con più o meno responsabilità in campo. Questo per me è un problema.
Soprattutto chi guarda all’arte esclusivamente come a un investimento, il che non è affatto una cosa molto cattiva, dovrebbe essere certo di partire dalla distinzione tra che cosa sia arte e che cosa invece non lo sia. Nell’investimento una componente di rischio è inevitabile, ma più che rischiare di fallire, oggi si rischia di essere presi in giro anche in buona fede a causa di una conoscenza superficiale, propria o del professionista.
Competenza e affidabilità del professionista
Purtroppo negli ultimi anni si è diffusa la percezione che l’arte sia facile: fare arte è facile, studiare arte è facile, insegnare arte è facile, guadagnare con l’arte è facilissimo! Così con un paio di manuali e qualche corso, tutti producono e tutti vendono arte, scardinando la netta separazione tra mestiere e improvvisazione con l’illusione di diffondere bellezza ovunque.
Ma l’arte non è una condizione accessoria, bensì necessaria. Scegliere il professionista, artista e gallerista, ma anche advisor e giornalista, su cui riporre la propria fiducia, e in conseguenza i propri denari, non è più così scontato. Ovviamente non troverete di seguito un elenco di persone affidabili o peggio la lista nera, potrei al massimo parlare ancora di responsabilità (sempre) e di conoscenza.
Ridondanza, web e autenticità
Da Duchamp in poi tutto può essere arte, varcando confini sempre più ampi verso campi di indagine sempre nuovi. L’enorme vastità della proposta artistica di oggi è concausa al problema della sua stessa conoscibilità, insieme alla marcata carenza di autocritica. Davvero ogni ricerca esistente è necessaria?
Qualcuno si pone ancora il problema della necessità, o piace di più il consumo sregolato di false illusioni su ogni lato? Inoltre, con i nuovi media e social media, internet ha sdoganato qualunque qualunquismo come un vaso di Pandora e oggi ogni creativo sui social diventa “artista”, che è decisamente più figo.
Un atteggiamento allarmante, come se nessuno volesse più assumersi le proprie responsabilità, demandando sempre ad altri questo sporco lavoro. Allora, più che collezionare diventa di vitale importanza riuscire a resistere.
La cura nel processo di scelta e il tempo della verifica
Perdersi tra mostre, portfolio e siti di artisti, testi critici e confronti diretti per capire le motivazioni di una ricerca artistica nuova, le sue connessioni con il momento in cui ha avuto origine e gli sviluppi successivi, le implicazioni nascoste e le anticipazioni sulla realtà sociale, il contesto universale e individuale di appartenenza, la storia di quel che è già stato detto e di come è stato detto, non è certo immediato e richiede molta dedizione a tutti i livelli nella triade relazionale tra artista, opera e fruitore.
Ogni collezionista (o chi per esso) mette in atto questi processi prima di decidere se acquistare o meno un’opera d’arte per la collezione, ma spesso la mancanza di cura comporta un riscontro inadeguato e un conseguente risultato incerto. Si arriva a una non scelta che si perpetua nel tempo della verifica, perdendo la possibilità di testarne l’esattezza e vedere così risultati concreti. Non esistono scorciatoie: il tempo della verifica è il futuro, e arriva sempre più in fretta.
La soggettività e la mancanza di oggettività
Nella decisione di acquisto si è soli. In ultima, nessuno può decidere come spendere al meglio i propri soldi se non il collezionista, nemmeno l’advisor più fidato o la cara mamma. Per questo non esistono riferimenti inconfutabili, solo un manuale di storia dell’arte, che è più che altro una traccia, e alcuni altri fattori oggettivi, che si possono bellamente ignorare.
Soprattutto c’è un ego soggettivo con cui fare i conti, e non è facile scendere a compromessi con sé stessi. Quali conti si è disposti a fare ogni giorno? Ne varrà la pena?
Il collezionismo è un’avventura soggettiva, anche se ha dei risvolti che possono arrivare a essere lo specchio di una comunità. In questo particolare modo di essere nella vita, non si è proprio del tutto soli. Si possono contaminare tanti amici e incontrarne di nuovi, con una visione simile o diversa dell’arte, viaggiando in compagnia appena si trova quella giusta.
Ma il viaggio è soprattutto quello all’interno di uno specchio che mostra tutte le imperfezioni, le inquietudini, le solitudini del proprio essere unici. L’arte può essere molto semplice, ma non è per niente facile.