Non è ancora un “liberi tutti”, ma si inizia veramente a respirare aria di libertà. Un cambio di passo che, almeno in chi scrive, ha fatto esplodere un desiderio incontenibile di arte. Mi metto, così, a scartabellare tra le mostre che aprono a giugno e che mi sono appuntato come “da vedere”.
La prima che mi ero segnato è curata da Marco Meneguzzo negli spazi della galleria 10 A.M. ART di Milano e mette in dialogo due artisti della stessa epoca. Uno è conosciutissimo, Agostino Bonalumi, l’altro, invece, sta lentamente risorgendo dalle nebbie del tempo dove le vicissitudini personali l’avevano relegato nonostante una carriera tutt’altro che secondaria: Sandro De Alexandris.
Due artisti diversi ma allo stesso tempo simili, entrambi alle prese, negli anni Sessanta e Settanta con la superficie, dopo il gesto assoluto del “taglio” della stessa da parte di Lucio Fontana. E così, attraverso le importanti opere selezionate, questa esposizione, dal titolo Nelle pieghe della storia. Agostino Bonalumi, Sandro De Alexandris, mira a dimostrare, come spiega lo stesso curatore, come «nelle pieghe della storia si può nascondere ancora qualcosa di non visto, di non rilevato, che storicamente apre nuove prospettive di interpretazione su esperienze comunemente considerate indipendenti le une dalle altre».
Sempre a Milano, la Galleria Bianconi presenta, fino al 16 luglio, Travels With Herodotus: A Journey Through African Cultures, una mostra, a cura di Domenico de Chirico, che dà vita ad un ideale viaggio di esplorazione nell’arte contemporanea africana. Attraverso il confronto fra le opere di sei artisti di differente generazione e geolocalizzazione Gerald Chukwuma (Nigeria 1973), Jeremy Demester (Francia 1988), Ameh Egwuh (Nigeria 1996), Troy Makaza (Zimbabwe 1994), Boris Nzebo (Gabon 1979) e Monsieur Zohore (Usa 1993), la mostra delinea, per mezzo di una “esposizione della ricerca” nel senso erodotiano del termine, un ritratto articolato, ma al contempo armonico, della scena artistica di matrice africana.
A Torino la Raffaella De Chirico Arte Contemporanea ha da poco aperto la mostra personale Rain Gun di Fabio Perino con cui ha inaugurato la nuova sede della galleria, in via Barbaroux 14-16. Video, installazione e fotografia compongono un corpus omogeneo per una struttura narrativa che fa del corto circuito comunicativo il suo fil rouge. Nel nuovo ciclo di opere che l’artista presenta in galleria fino al 3 luglio, l’attenzione è posta sull’incoerenza e scompenso propria della natura umana che, nella sua ambizione a superare l’atto creatore primigenio, è destinata ad opporsi a ciò di cui essa stessa è parte.
In concominanza con la Biennale di Architettura e i 1600 anni dalla fondazione della città, Venezia ha da poco assistito alla nascita di Spazio Berlendis là dove un tempo si trovava la falegnameria dello Squero Fassi, uno dei più antichi di Venezia.
Il progetto inaugurale, accompagnato da un testo del filosofo Jonathan Molinari, si intitola Rincontrarsi a Venezia e coinvolge otto artisti – Francesco Candeloro, Maurizio Donzelli, Maurizio Pellegrin, Fabrizio Plessi, Ferdinando Scianna, João Vilhena, Francesca Woodman e Toots Zynsky – e altrettante gallerie veneziane: Alberta Pane, Beatrice Burati Anderson Art Space & Gallery, Caterina Tognon, La Galleria Dorothea Van der Koelen, Ikona, Marignana Arte, Galleria Michela Rizzo e Victoria Miro.
Un progetto espositivo che, nel particolare momento storico che stiamo vivendo, vuole offrire l’opportunità di conciliarci con gli altri, con le nostre paure e con le nostre speranze, utilizzando la forza, l’emozione e la bellezza dell’arte.
Riccardo Baruzzi e Pieter Vermeersch sono, invece, i protagonisti di Resonance, mostra allestita nella Galleria P420 di Bologna dove rimarrà aperta fino al 23 luglio. Resonance è una mostra di pittura che esplora un aspetto comune della pratica degli artisti, ma meno evidente di altri almeno a prima vista: la dimensione acustica. La mostra bolognese propone, così, una continua interazione della poetica di due artisti attraverso opere su tela, pezzi mai esposti altrove, nuovi cicli pittorici, strutture in bilico tra dipinti e oggetti.
La serie di quadri Quadri Audiofili di Baruzzi e i movimenti armonici e tonali di Vermeersch – tra i quali un suo monumentale wall painting – suggeriscono una trasposizione sinestetica – come nota Lilou Vidal – un transfert percettivo tra il mondo visivo e quello acustico, dando origine a Ecnanoser, ovvero la parola Resonance letta al contrario, come il titolo del disco in vinile coprodotto dai due artisti. Suggerendo un linguaggio sconosciuto, futuristico, una lingua dimenticata, un’eco di echi, il disco in vinile Ecnanoser apre un’altra via di accesso al linguaggio dei due artisti
Dall’Emilia Romagna alla Toscana, dove la Galleria Continua di San Gimignano ha da poco inaugurato quattro nuove mostre: Viaje, la prima personale in italia dell’artista cubano Osvaldo González; Atto Unico / Single Act, personale di Giovanni Ozzola, intervento site-specific in cui l’artista, abbracciando come suo solito pratiche artistiche diverse compie un’indagine che parte dall’osservazione del mondo visibile, dello spazio e della luce per condurci verso quegli estremi che sono l’essenza della vita: il giorno, la notte, il maschile, il femminile, l’interno, l’esterno.
La terza mostra è invece Materia vivente, a cura di Simon Njami che presenta due interessanti artiste africane, Donna Kukama e Nandipha Mntambo e, infine, EYES IN THE SKY – Occhi verso il cielo, un progetto curatoriale di Luigi Fassi e Alberto Salvadori che raccoglie opere che riflettono sul valore della memoria di Leila Alaoui, Kader Attia, Alejandro Campins, Nikhil Chopra, Jonathas De Andrade, Shilpa Gupta, Aziz Hazara, Jorge Macchi, Ahmed Mater, Susana Pilar, José Antonio Suárez Londoño e Nari Ward.
Di appunto in appunto ecco che arriviamo a Roma dove Matèria prosegue la programmazione espositiva nella sua nuova sede in via dei Latini 27 con Works for a Cosmic Feeling, mostra personale di Fabio Barile visitabile fino al 10 luglio. La ricerca di Fabio Barile è un universo in espansione. Un cosmo di immagini che tenta di afferrare con la fotografia, per definizione parziale e frammentaria, il flusso assoluto e totale dell’evoluzione.
Works for a Cosmic Feeling è così una raccolta di opere fotografiche che nel loro insieme agiscono come un viaggio immersivo nell’interconnettività. Le 229 immagini in mostra, realizzate a partire dal 2018 e ispirate al sentimento oceanico descritto dallo scrittore francese Romain Rolland in una lettera a Sigmund Freud del 1927, esplorano molteplici traiettorie nella ricerca dell’artista, assumendo le caratteristiche di un sistema organico complesso e in divenire.
Ancora a Roma, la Galleria Spazio Nuovo presenta fino al 17 luglio la seconda mostra personale di Marco Maria Zanin, dal titolo Parentele di terra, con la curatela di Matteo Lucchetti.
La mostra presenta una nuova produzione sviluppata nel corso dell’ultimo anno dall’artista padovano, attraverso la costruzione di connessioni impreviste fra gli attuali soggetti di ricerca dell’artista, che spaziano dagli attrezzi della cultura contadina veneta delle sue origini, ai manufatti di comunità incontrate durante il suo percorso da antropologo in Sud America, tra le quali la popolazione amazzonica degli Yanomami, o i Q’ero peruviani.
Le associazioni visive e culturali prendono la forma di un’installazione che occupa l’intero spazio della galleria, composta da una serie fotografica, sculture in ceramica e piante spontanee, accomunate dall’idea, letterale e figurata, di radicamento alla terra, e dalla volontà dell’artista di generare nuove parentele tra contesti e culture in costante migrazione.
Arriviamo così a Napoli dove la Galleria Andrea Ingenito Contemporary Art ospita, fino all’11 luglio, Come Back, mostra che segna il ritorno nella città partenopea, dopo 40 anni, di due grandi artisti della scena americana degli anni 80-90: James Brown e Ronnie Cutrone. Circa 15 le opere messe a confronto e che portano con sé tutta la vitalità della Lower East Side e del South Bronx, degli artisti armati di bombolette spray che danno vita alla street art e alla graffiti art e di quelli che riprendono, negli stessi anni, tele, colori e pennelli per “rifondare” la pittura.
Infine, da Napoli torniamo a Milano, per una riflessione sul tema, quanto mai attuale, del valore sociale dei luoghi di lavoro intesi come spazi di relazione, creatività, formazione, e non solo di produttività. E’ questo che ci propone la Other Size Gallery con la mostra Massimo Siragusa. Posti di lavoro a cui dedichiamo la copertina di questo articolo e che aprirà i battenti il 10 giugno prossimo.
La narrazione dell’esposizione si sviluppa a partire dall’ambiguità del titolo: se la locuzione “posto di lavoro” indica infatti un’occupazione stabile, designa anche, in modo più letterale, il luogo fisico dove tale occupazione si svolge.
Sulla sottile soglia tra questi due significati si poggia la selezione delle dodici fotografie esposte, generando un effetto di straniamento: i luoghi di lavoro non sono solo “contenitori”, ma spazi in cui le dimensioni estetica e architettonica – che appaiono apollinee nell’obiettivo del fotografo catanese – svolgono un ruolo fondamentale nella costruzione della società e dell’identità individuale.