Klimt amava l’Italia, e oggi sarebbe felice di ritornarvi di persona e vedere i suoi capolavori disseminati ovunque, sottoforma di gadgets e oggetti d’ogni genere, impreziositi da immagini d’una bellezza eterea e senza tempo. Dopo oltre un secolo dalla premiazione all’Esposizione Internazionale dʼArte di Roma del 1911, ad accogliere le sue opere, fino al 27 marzo 2022, è il Museo di Roma a Palazzo Braschi.
“Klimt. La Secessione e l’Italia”: questo è il titolo di una ricchissima esposizione che celebra uno degli artisti più amati al mondo, a cavallo fra Ottocento e Novecento e protagonista della Secessione viennese, il movimento fondato nel 1897 e la cui visione era quella dell’opera d’arte totale, che comprendesse, oltre alle arti plastiche, anche l’architettura ed il design.
La rassegna è curata da Franz Smola, curatore del Belvedere; Maria Vittoria Marini Clarelli, Sovrintendente Capitolina ai Beni Culturali e Sandra Tretter, vicedirettore della Klimt Foundation di Vienna.
All’interno della mostra capitolina c’è tutto l’universo klimtiano, popolato da giovani signore, spose, mamme, mogli e amanti, celebrate soprattutto in quanto donne, i cui ritratti sembrano venir fuori da pennellate che a tratti appaiono come vere e proprie carezze di colori tenui e delicati, che si alternano a tinte accese e marcate.
Alcuni dei capolavori esposti provengono dal Museo Belvedere di Vienna e dalla Klimt Foundation, tra i più importanti Musei al mondo a custodire l’eredità artistica del pittore austriaco. Nella mostra, articolata in ben quattordici sezioni, ci saranno molte novità e un celebre dipinto, che nel 1997 fu trafugato per poi essere ritrovato nello stesso luogo ventidue anni dopo.
Si tratta dell’incantevole “Ritratto di Signora”, rubato nella Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza. La storia di questo quadro commuove e stupisce al tempo stesso; l’opera, a quanto pare, potrebbe non essersi mai allontanata dalla Galleria. Durante i lavori di ripulitura di un’edera che copriva una parete esterna della stessa Galleria, infatti, si è scoperta un’intercapedine chiusa da uno sportello, all’interno della quale c’era un sacco, con dentro il quadro.
L’ipotesi è che i ladri abbiano nascosto il quadro con l’intento di prelevarlo qualche giorno dopo, ma senza riuscirci, a causa dell’enorme clamore suscitato dall’oscura vicenda. Il capolavoro fa parte di un gruppo di ritratti femminili creati da Klimt negli ultimi anni della sua attività (tra il 1916 ed il 1918), alcuni dei quali rimasti incompiuti. Ma, a Palazzo Braschi, il pubblico potrà ammirare anche altre opere, che celebrano, oltre a Klimt, anche gli artisti della sua cerchia.
Il percorso espositivo prevede, infatti, oltre 200 opere tra dipinti, disegni, manifesti d’epoca e sculture, firmati da altri artisti quali Josef Hoffmann, Koloman Moser, Carl Moll, Johann Victor Krämer, Josef Maria Auchentaller, WilhelmList, Franz von Matsch e molti altri. Cartoline autografe documentano in mostra i viaggi in Italia di Klimt, che visitò Trieste, Venezia, Firenze, Pisa, Ravenna – dove si appassionò ai mosaici bizantini – Roma e il lago di Garda, cui si ispirarono alcuni suoi paesaggi.
Questi viaggi furono importanti per l’evolversi della sua ricerca creativa e ne accrebbero l’influenza sugli artisti italiani. Per questo, nel museo romano le opere di Klimt saranno messe a confronto con quelle di artisti italiani come Galileo Chini, Giovanni Prini, Enrico Lionne, Camillo Innocenti, Arturo Noci, Ercole Drei, Vittorio Zecchin e Felice Casorati.
Inoltre, grazie alla ricostruzione digitale di Google Arts & Culture Lab Team, tornano in vita tre celebri dipinti conosciuti come “Quadri delle Facoltà – La Medicina, La Giurisprudenza e La Filosofia” – , allegorie realizzate da Klimt tra il 1899 e il 1907 per il soffitto dell’Aula Magna dell’Università di Vienna e rifiutate da quest’ultima perché ritenute scandalose.
Ciò che rimane di queste opere, andate perdute nel 1945 durante un incendio scoppiato al castello di Immendorf in Austria, sono solo alcune immagini fotografiche in bianco e nero e articoli di giornale. La mostra omaggia opere iconiche di Klimt, come la famosissima “Giuditta I” (1901), “Signora in bianco” (1917-18), “Amiche I” (Le Sorelle) (1907) e “Amalie Zuckerkandl” (1917-18). Sono stati anche concessi prestiti del tutto eccezionali, come “La sposa” (1917-18), che per la prima volta lascia la Klimt Foundation.
Nessun settore della vita è tanto esiguo e insignificante da non offrire spazio alle aspirazioni artistiche; questa frase, attribuita a Klimt, è particolarmente adatta a descrivere l’esposizione in corso a Roma, che ritrae mondi, scenari ed emozioni universali, che rivivono e si diramano oltre i confini di dorate e scintillanti cornici, nel quotidiano ed incessante trascorrere dei giorni.