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La Laser Light Art degli anni Settanta

del

Gli artisti hanno sempre utilizzato i materiali e le tecniche più avanzate per creare i loro lavori. E’ successo per il colore ad olio nel Quattrocento e per la Fotografia nell’Ottocento. E un discorso analogo, come abbiamo visto già nelle puntate precedenti di questo approfondimento su Colore e Luce nell’Arte Contemporanea, può essere fatto per la Light Art e le ricerce artistiche ad essa connesse in vario modo. Come scriveva Marshall McLuhan nel 1964, d’altronde, «l’artista serio è l’unica persona in grado di incontrare la tecnologia con impunità, e questo per il semplice fatto che è un esperto consapevole delle variazioni nella percezione sensoriale».

Non ci deve meravigliare, allora, che dopo il neon e i colori fluorescenti, negli anni Settanta alcuni artisti rivolgano la loro attenzione alle possibilità offerte da un nuovo “medium”: il laser, azionato per la prima volta nel 1960 nei laboratori della Hughes Research a Malibù. Un avvenimento che – come visto la scorsa settimana – fu da stimolo anche per le ricerche condotte dal Moviemento Light and Space. Ma se gli artisti del gruppo californiano si concentrarono, in senso più ampio, sull’uso della luce artificiale come medium artistico; altri si dedicarono, più specificatamente, al laser dando vita alla cosiddetta Laser Light Art. Anche se in questo caso non è possibile parlare di un Movimento, seppur non formalizzato, come per il Light and Space.

Il primo laser viene azionato nel 1960 nei laboratori della Hughes Research a Malibù
Il primo laser viene azionato nel 1960 nei laboratori della Hughes Research a Malibù

Nelle prime ricerche che vedono gli artisti alle prese con questa nuova tecnologia, i laser proiettavano raggi e combinazioni luminose statiche, o deviate dal riflesso molteplice su degli specchi preventivamente posizionati o indossati dall’artista che, muovendosi in continuazione, rifletteva i raggi in direzione di superfici, oggetti di vetro, contenitori riempiti di liquidi o volute gassose formate dalle macchine di propagazione del fumo. Mentre le prime installazioni laser ci conducono alle sperimentazioni di Leo Beiser e alla sua Optical Art, o all’artista svedese Carl Frederick Reutersward che nel 1968 usò i laser in una performance teatrale del “Faust”. Negli stessi anni Joel Stein, artista francese, realizzò un sistema di proiezioni di immagini laser per un balletto all’Opera Comique di Parigi e l’anno successivo presentò le sue opere laser a Bordeaux.

 

La nascita di una nuova arte visuale

 

Presso l’Art Museum di Cincinnati nel 1969 fu organizzata dal Leon Goldman Laser Light: a New Visual Art, la prima grande mostra americana di Laser Light Art. In queta occasione Mike Campbell, Baron Kody e Rockne Krebs allestirono diverse installazioni artistiche nelle stanze del Museo, dove erano posizionati specchi e propagato il fumo-ambiente che consente di trasformare i raggi luminosi di un laser in geometrie e volumi di grande effetto.

Rockne Krebs, Day Passage, 1971
Rockne Krebs, Day Passage, 1971

Rockne Krebs, scultore originario di uno scultore di Washington DC, faceva parte di un gruppo di artisti che, in quegli anni, stava sperimentando i colori vivaci delle vernici acriliche. Nel 1967, Krebs acquistatò un laser He-Ne e iniziò a collaborare con uno scienziato dell’Università del Maryland per capire come usarlo. Dopo aver progettato, nel 1968, una prima mostra utilizzando un laser e due specchi all’interno di una galleria d’arte di Washington, finì per lavorare a fianco degli ingegneri della Hewlett-Packard a Palo Alto, in California, su un display destinato all’Expo di Osaka del 1970.

Laser light show Video/Laser II (L), 1969 Spirali, immagine laser cinetica da VIDEO/LASER II realizzata con il laser multicolore e il sistema di scansione X-Y completato e destinato ad Expo ’70 di Osaka in Giappone. Carson D. Jeffries: Spirals, © 1969
Carson D. Jeffries, Spirals, 1969. Immagine laser cinetica creata per l’Expo di Osaka del 1970.

 

La futuristica esposizione internazionale giapponese attirò un collettivo di artisti chiamato Experiments in Art and Technology o, più semplicemente, E.A.T., i cui membri hanno portato i loro esperimenti interdisciplinari di ottica all’attenzione del pubblicoUn anno dopo, nel 1971, Krebs realizzò l’opera Day Passage per la mostra Art and Technology al County Museum of Art di Los Angeles, utilizzando ancora una volta un laser HeNe per la creazione di una scultura luminosa multicolore 3D. Negli stessi anni sempre Krebs realizza a Minneapolis l’installazione laser Walker Night Passage e Horst Baumann crea nel 1977 il suo Laser Environment per Documenta 6 a Kassel.

 

Il lato artistico della scienza

 

Contemporaneamente, anche gli scienziati si interessano alle possibilità artistiche della luce laser. La prima ad occuparsi di questo tipo di sperimentazioni è, dagli inizi degli anni Settanta, la fisica Elsa Garmire (California Institute of Technology) che unì arte e tecnologia arrivando alla realizzazione di fotografie laser e alla produzione di film laser. Nel 1969 Garmire progetto il primo muro laser attraversabile dal pubblico. La scienziata, inoltre, si interessò alla creazione di  pattern di diffrazione astratti, utilizzando vetri satinati e plastica.

 

La fisica Elsa Garmire del California Institute of Technology
La fisica Elsa Garmire del California Institute of Technology

 

L’interesse per il laser come medium artistico ha coinvolto,  nei decenni, anche musicisti, coreografi, scienziati ed ingegneri, intenti a sperimentare ed integrare le idee e le soluzioni tecnologiche. E’ nella musica e nell’intrattenimento, peraltro, che i laser troveranno la più ampia applicazione. Si pensi, ad esempio, ai laser show progettati in occasione di molti concerti. Su fronte delle arti visuali in senso stretto, invece, le sperimentazioni volgeranno in primo luogo verso la creazione di ologrammi.

Una delle principali limitazione che viene a diminuire l’utilizzo artistico di questo medium, a favore di un impiego nel campo dell’intrattenimento, è l’alto costo  della realizzazione di questo tipo installazioni, mettendo l’espressività a contatto con l’industria, unica realtà in grado di sponsorizzare e alimentare questo tipo di creazioni,  ma purtroppo anche di condizionare le forme di produzione artistica.

 

Il laser e gli Ologrammi

 

Tra i primi impeghi del laser come medium artistico ci fu la creazione di ologrammi. La prima mostre di olografia risale al 1970 e si tenne presso il Finch College Museum of Art di New York: N-Dimensional Space, che comprendeva opere di Emmet Leith, Bruce Nauman, Lloyd Croce (pioniere dei light show) e altri. 

Come abbiamo visto, l’uso delle nuove tecnologie nelle arti visive porta ad un nuovo modo di intendere le relazioni con la forma, ad un nuovo modo di percepire e apprezzare le configurazioni che la presentano ai nostri sensi. Il primo a guardare alal luce come ad un “materiale plastico” fu Moholy-Nagy quando creaò e presento il suo Light-Space-Modulator: uno strumento – come spiegava lo stesso artista nel 1931 – che serviva a rendere visibili entrambi gli aspetti dell’immagine e del movimento. Quando il fisico ungherese Dennis Gabor scoprì l’Olografia divennero possibili nuovi approcci all’uso della luce come medium artistico.

Ritratto olografico di Dennis Gabor
Ritratto olografico di Dennis Gabor
Parlando di arti visuali, l’Ologramma non è altro che la registrazione di un oggetto, di un assemblaggio, di una scena o di una personautilizzando un set di dispositivi ottici organizzati in una geometria definita su un tavolo ottico. La sorgente luminosa utilizzata in olografia è detta luce coerente (una luce laser con una sola  lunghezza d’onda). Una parte di questa luce illumina l’oggetto, un’altra, invece, serve da riferimento “geometrico”. Insieme, questi due fasci di luce si combinano creando un modello che contiene tutte le informazioni dell’oggetto che, successivamente, vengono “fermate” su una piastra o su un foglio di pellicola rivestito con  una emulsione fotografica ad alta risoluzione che viene sviluppata chimicamente.

La scultura di Carl Fredrik Reuterswärd, Non violence del 1980
La scultura di Carl Fredrik Reuterswärd, Non violence del 1980

 

A questo punto, l’ologramma può essere ricostruito illuminando la pellicola con un raggio laser che ha la stessa inclinazione del fascio di riferimento utilizzato in fase di registrazione. Gli artisti hanno accettato e sviluppato le peculiarità di questo nuovo medium, utilizzandolo come nuova tecnica da applicare all’arte.  Al giorno d’oggi molti artisti usano l’olografia artistica come mezzo preferenziale tanto che varie città hanno ora musei e gallerie dedicati all’olografia. Il primo e più famoso fu The Museum of Holography a New York, fondato nel 1976 e oggi chiuso. Tra le istituzioni che oggi vantano una tra le più ampie collezioni di Ologrammi va ricordato il museo del Massachusetts Institute of Technology (MIT) .

 

L'ologramma della La scultura di Carl Fredrik Reuterswärd, Non violence del 1980
L’ologramma della La scultura di Carl Fredrik Reuterswärd, Non violence del 1980

 


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