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Lo strumento della manutenzione

del

Al di là della mera definizione linguistica del termine “manutenzione”, ovvero quel complesso di operazioni necessarie a conservare la conveniente funzionalità ed efficienza di un oggetto, ci sono anche ulteriori aspetti su cui il termine ci porta a riflettere. “Manutenere” porta con sé il verbo “tenere”, vale a dire tenere l’oggetto, sottolinearne l’importanza, osservarlo, prestargli attenzione, provare a ripararlo invece di sostituirlo.

Tutte queste azioni delineano il compito di un conservatore, atto – appunto – a “manutenere” l’opera d’arte.

Chiunque possegga un oggetto di importanza si è cimentato prima o dopo nella sua manutenzione: pensiamo alle ore spese per lavare l’auto o lustrare le scarpe in pelle, il tempo dedicato a lavare a mano un capo in seta o a lucidare un braccialetto in argento. L’obiettivo è sempre quello di far durare l’oggetto il più possibile facendolo risplendere e così valorizzandolo.  

Spesso queste operazioni comportano un discreto dispendio di tempo, altre volte sono piccoli gesti quotidiani entrati a far parte della routine a tal punto da non rendercene neppure più conto ma entrambi permettono di tenere sempre sott’occhio l’oggetto, osservandolo e prestandogli le necessarie attenzioni, curandolo insomma.

Il conservatore opera allo stesso modo: monitora l’opera, ne rileva l’importanza, la osserva e pone in essere ripetutamente piccole azioni al fine farla durare nel tempo nelle sue condizioni migliori e possibilmente invariate.

Ma quali sono i segreti del mestiere? Quali gli strumenti? E soprattutto, è un lavoro che può svolgere autonomamente il collezionista?

Ebbene, la prima cosa da tenere a mente è la necessità di valutare sempre caso per caso fino a che punto possiamo spingerci nella manutenzione delle nostre opere e quando invece è il momento di fare un passo indietro e consultare l’esperto. Il momento della manutenzione di un’opera d’arte potrebbe infatti sembrare ad un primo sguardo un’operazione comparabile alle “faccende domestiche” ma, analizzandola più a fondo si intuisce quasi subito come l’oggetto che si sta trattando sia molto diverso da un pavimento in grès o un piatto doccia.

Un’opera d’arte è fatta, infatti, di materiali spesso pregiati e fragili, materie che interagiscono alla minima sollecitazione, ma soprattutto si tratta di un oggetto unico e insostituibile e merita per questo un livello di attenzione maggiore.

Ma nella pratica di cosa si tratta? La manutenzione di una collezione si compone per il 90% di operazioni volte all’eliminazione dalle superfici del deposito superficiale incoerente comunemente definito “polvere”, uno dei maggiori fattori di degrado che ingrigisce le superfici e che porta con sé agenti inquinanti e potenzialmente dannosi se non rimossi. Questa apparentemente “banale” operazione va, tuttavia, differenziata a seconda del materiale di cui è costituita l’opera. Se si sbaglia strumento, infatti, si può rischiare di rigare irrimediabilmente una superficie o di lasciare tracce e aloni o di macchiare maggiormente l’oggetto.

Per ogni supporto esiste una giusta strategia e i giusti strumenti: per il plexiglass c’è il panno in microfibra, per i dipinti e le sculture i piumini di vere piume di struzzo e le pennellesse a setole morbide associati ad aspiratori a potenza controllata, per i tessuti ci sono gli aspiratori con interposti tessuti in tulle. Insomma, esiste una serie infinita di strumenti e tecniche da utilizzare per ogni singolo materiale che compone un oggetto d’arte.

Da tenere a mente durante le operazioni di ordinaria manutenzione, però, non è soltanto lo strumento che si ha in mano, ma l’occhio con cui si guarda l’opera. Fondamentale è, infatti, il suo monitoraggio. Prendersi cura in modo costante e prolungato nel tempo della collezione permette all’operatore di abituare l’occhio all’oggetto ed individuare ogni eventuale cambiamento di forma, colore o superficie. Rimuovere il deposito da una superficie compromessa potrebbe essere rischioso: se si spolvera in presenza di muffe si rischia di spargerle in tutto l’ambiente andando ad intaccare oggetti nelle vicinanze, se si passa un pennello su sollevamenti di pellicola pittorica si potrebbe rischiare di perderne delle parti.

La manutenzione non è solo una sequenza di “spolverature, aspirazioni e lucidature” ma piuttosto una cura meticolosa e attenta verso l’oggetto prestando estrema attenzione a ciò che si tocca e a come lo si fa.

Per questo è sempre importante rivolgersi ad un conservatore esperto, magari programmando sedute di manutenzione periodiche in modo da tenere costantemente monitorata e splendente la vostra collezione. Ragionare costantemente sulle opere permetterà inoltre di studiarle nel tempo valutandone le condizioni ambientali e prevenendo un danno prima che sia troppo tardi.

Sara Stoisa
Sara Stoisa
Conservatrice e restauratrice di dipinti e di opere di arte contemporanea freelance oltre all’attività di restauro si è specializzata nella curatela di archivi d’artista e nella gestione di collezioni d’arte private. Da diversi anni collabora con la Fondazione Centro Conservazione e Restauro dei Beni Culturali La Venaria Reale nell’ambito della documentazione e per progetti internazionali.
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