Il mercato dell’arte nel primo semestre 2025 restituisce l’immagine di un settore sospeso tra continuità e cambiamento. Le grandi aggiudicazioni milionarie, che avevano fatto brillare il biennio post-pandemico, si sono rarefatte. In compenso cresce un collezionismo diffuso, meno legato alla speculazione e più attratto da opere accessibili e da nuovi protagonisti.
Lo scenario globale: meno record, più transazioni
Secondo Artnet Intelligence Report, nel primo semestre le aste hanno totalizzato 4,7 miliardi di dollari, in calo del 8,8% rispetto al 2024. Il prezzo medio delle opere è sceso a 24.224 dollari, il livello semestrale più basso dell’ultimo decennio. A mancare sono soprattutto i top lot: nessuna opera ha superato i 50 milioni, con l’unica eccezione del Mondrian da 47,6 milioni di dollari aggiudicato a New York dalla collezione Riggio.
La tenuta arriva invece dal segmento medio-basso. Le vendite sotto i 50.000 dollari sono cresciute dell’8%, mentre il numero complessivo delle transazioni è aumentato del 6%. È qui che il mercato trova oggi la sua linfa, soprattutto grazie ad artisti emergenti o mid-career che intercettano nuove fasce di collezionisti.
Allo stesso tempo, cresce l’attenzione verso una generazione di autori nati tra gli anni Sessanta e Ottanta e verso artiste contemporanee che stanno conquistando un ruolo sempre più centrale, come nel caso di Marlene Dumas e Simone Leigh, capaci di attrarre l’interesse di collezionisti internazionali e istituzioni museali.
A livello geografico gli Stati Uniti restano leader con 2,2 miliardi di dollari e un calo minimo dell’1%. La Cina arretra del 26%, segnando il peggior risultato degli ultimi dieci anni, mentre il Regno Unito cede un quarto dei volumi e perde centralità, con Londra che ha visto Christie’s annullare per il secondo anno consecutivo l’asta estiva di moderna e contemporanea. L’Europa continentale, al contrario, mostra resilienza: la Francia cresce del 4,7% e Parigi si conferma sempre più centrale nello scenario internazionale.
Per comparti, moderni e impressionisti segnano un +4,4% per 1,7 miliardi di dollari complessivi, mentre il dopoguerra e contemporaneo, pur restando il settore più ricco con 1,8 miliardi, cala del 12,7%. Gli old masters risalgono con un +24,4%, mentre il design segna un incremento sorprendente del 101,6%. A livello di case d’asta Christie’s guida il mercato con 1,5 miliardi di dollari (–2%), Sotheby’s arretra a 1,2 miliardi (–14%) e Phillips scende a 190 milioni (–24,5%). Sempre più rilevanti le vendite private, cresciute del 14%, segno di un collezionismo che privilegia la discrezione alle luci della sala.
L’Italia tra calo delle aste e competitività fiscale
Sul fronte italiano, i dati raccolti nella nostra indagine semestrale mostrano un mercato che soffre ma resta attivo. Le 16 case d’asta operanti nel Paese che abbiamo analizzato hanno totalizzato circa 53,7 milioni di euro, in calo del 12% rispetto allo scorso anno. Il tasso di venduto si attesta al 70%, mentre il numero delle aste cresce del 36%, a testimonianza di un tessuto più dinamico ma frammentato.
La vera novità, però, arriva dal piano normativo. Da luglio l’IVA sulle opere d’arte è stata ridotta dal 22% al 5%, la più bassa in Europa. Una misura storica, che secondo gli operatori può rilanciare la competitività delle piazze italiane, soprattutto Milano e Roma, nei confronti di Parigi e Londra.
Le dichiarazioni dei protagonisti del settore confermano le tendenze in atto. Giuseppe Bertolami, amministratore di Bertolami Fine Art, parla di collezionisti prudenti ma non assenti: “Il primo semestre del 2025 conferma un mercato che non brilla ma tiene. Le tempeste non sono mai globali, e nuovi approdi come il collezionismo dell’Europa dell’Est offrono interessanti prospettive”.
Sulla stessa linea Gherardo Rusconi di Capitolium Art sottolinea come il numero dei lotti venduti sia aumentato sensibilmente, mentre i valori medi si sono ridotti: “Abbiamo venduto l’80% di lotti in più rispetto al 2024, ma con un prezzo medio dimezzato. Il mercato dei top lot rimane frenato, nonostante una domanda che sarebbe presente”.
Dalla prospettiva di Kruso Art, il CEO Andrea Orsini Scataglini evidenzia che gli artisti storicizzati restano il rifugio preferito, mentre l’ultra-contemporaneo soffre l’incertezza globale. Wannenes conferma un rafforzamento del respiro internazionale dei cataloghi, con un’incidenza degli artisti stranieri salita al 40%, mentre Blindarte sottolinea l’espansione delle aste online e la crescente attenzione internazionale per i maestri italiani e movimenti come la Transavanguardia.
Accanto alla prudenza, non mancano però segnali di solidità e innovazione. Il Ponte chiude il semestre con 6,2 milioni di euro, rafforzando i legami con il mercato francese e puntando anche sulla grafica d’autore. Finarte supera i 2,1 milioni, trainata da aste come quella dedicata alle collezioni di Monica Vitti e della famiglia Bertinotti, a dimostrazione del peso delle provenienze illustri. Meeting Art introduce il format delle Auction Night, aste serali che hanno riscosso successo, mentre Cambi si conferma leader del design con 3,8 milioni di euro e un terzo dei compratori provenienti dall’estero.
Un mercato in metamorfosi
Il semestre appena concluso consegna l’immagine di un mercato dell’arte 2025 che si allarga alla base, si fa più prudente ai vertici e continua a spostare i propri equilibri geografici. Per l’Italia la riduzione dell’IVA rappresenta un’occasione unica per rafforzare la propria posizione, valorizzando il patrimonio nazionale e aprendo nuovi spazi a un collezionismo sempre più internazionale.
In un contesto in cui i grandi record si diradano e le aste online guadagnano terreno, il vero motore del mercato sembra essere la capacità di rinnovarsi, di intercettare nuove generazioni e nuove geografie del collezionismo.
Il secondo semestre dirà se la fase di prudenza attuale porterà a un consolidamento o se assisteremo a una dinamica più vicina a quella di una vera crisi, con conseguenze anche sulle valutazioni di medio periodo. Gli occhi sono puntati sulle fiere internazionali, da Frieze a FIAC, fino ad Artissima e ad ArtVerona, che rappresentano ancora oggi il banco di prova decisivo per misurare la fiducia del sistema e la capacità di attrarre collezionisti da tutto il mondo.