Il Musée des Arts et Métiers di Parigi è considerato uno dei più antichi musei tecnici e industriali del mondo ma all’interno è possibile trovare anche mostre di arte contemporanea. Asia Ruffo di Calabria, viceresponsabile del dipartimento mostre e manifestazioni culturali, ci racconta il museo, le attività che lo fanno vivere e il dietro le quinte di una professione che necessità sempre più di apertura e confronto.
Alice Lombardelli: Il Museo delle Arti e dei Mestieri di Parigi può essere considerato uno dei più antichi musei tecnici e industriali del mondo. Quale è il suo ruolo all’interno di questa importante istituzione?
Asia Ruffo di Calabria: «Il musée des Arts et Métiers di Parigi ispira ai suoi visitatori la bellezza della scienza e della tecnologia attraverso le invenzioni francesi da ieri ad oggi. Attraverso l’esposizione di sette sezioni (Strumenti scientifici, Materiali, Costruzioni, Comunicazione, Energia, Meccanica e Trasporti) i visitatori ripercorrono i personaggi e gli oggetti più importanti della Rivoluzione francese, della rivoluzione industriale e dell’informatica del XXI secolo.
Il musée des Arts et Métiers è un ramo dello CNAM (acronimo del Conservatoire National des Arts et Métiers), istituto accademico fondato nel 1794. Sono passata dall’organizzazione di mostre temporanee sulla pittura veneta e su Gauguin tre anni fa al musée des Arts et Métiers con il ruolo di coordinatrice di mostre (in francese cheffe de projet d’exposition).
Ho mandato la mia candidatura perchè da architetto sono profondamente interessata ai modelli di macchine e in particolare a quelle per “spiccare il volo”, come il primo aereoplano francese di Clément Ader, esposto sulla scalinata d’onore del mio museo.
In secondo luogo, perchè fino al 2018 mi sono occupata in qualità di exhibition registrar del trasporto di opere d’arte, della loro movimentazione in un museo e della logistica dell’allestimento di mostre ma con il musée des Arts et Métiers ho fatto un salto di qualità: dirigo tutte le fasi di preparazione, allestimento e disallestimento di una mostra coordinando tutti i ruoli organizzativi.
Nell’estate del 2019, dopo aver aperto una mostra su un fumetto belga Scientifiction. Blake et Mortimer au musée des Arts et Métiers, sono stata nominata viceresponsabile del dipartimento mostre e manifestazioni culturali.
Se il 2020 è stato un anno complesso per la pandemia, dal punto di vista professionale ho avuto l’onore di dirigere per 10 mesi il dipartimento delle mostre e manifestazioni culturali in quanto la mia responsabile aveva lasciato il museo.
Oltre ad animare le riunioni del dipartimento ed a sviluppare la politica espositiva con la direttrice, ho continuato a preparare le mie mostre come Toxictoys, Champion Métadier che ho inaugurato ad ottobre, purtroppo chiusa dopo solo due settimane.
Si tratta di una mostra d’arte contemporanea, delle grandi tele di arte digitale dell’artista francese vivente Champion Métadier. Se dovessi tornare indietro per spiegare il mio percorso di formazione, direi che differisce alquanto da quello classico: ho affiancato alla laurea in architettura a Valle Giulia (Università La Sapienza) e all’abilitazione a Roma un master di II livello in Museologia, museografia e gestione dei beni culturali all’Università La Cattolica di Milano».
A.L.: Ci racconti la tua giornata tipica?
A.R.d.C.: «Arrivo al museo alle 9 dopo una bella passeggiata di un’ora, l’aspetto positivo della pandemia è di aver abbandonato la metro per spostarmi a piedi.
La mia settimana è molto varia, con due soli appuntamenti fissi: il martedì pomeriggio la riunione del dipartimento mostre e manifestazioni culturali e il giovedì con il responsabile del dipartimento sull’avanzamento dei miei progetti.
Appena arrivata faccio un giro nelle sale delle mostre temporanee per verificare che tutto sia in ordine. Sfoglio poi la mia posta, organizzo riunioni con tutto il personale del museo (almeno una volta al mese).
Nelle mie “revues de projet” presento le piante della mostra con la lista delle opere e le scadenze dell’elaborazione dei testi di sala da parte dei curatori.
Durante le riunioni, viene steso anche il piano di comunicazione, selezionando da parte della responsabile della comunicazione immagini, riferimenti a testi e individuando le testate sulle quali far comparire la locandina della mostra.
Dopo la mia presentazione la discussione con i colleghi è sempre ricca e ne scaturiscono angoli visuali diversi che contribuiscono ad un fruttuoso lavoro di team working.
In questa occasione vengono anche esaminati gli aspetti amministrativi ma si ha anche cura che il personale dell’amministrazione si senta parte attiva nella realizzazione del progetto.
La pausa pranzo (anche se in questo momento di pandemia i momenti convivali sono più difficili) è un momento di scambio di idee con i colleghi e accade spesso che tra un piatto ed un caffè si parli della stesura di un contratto o delle opere previste da esporre.
A fine giornata mi piace concludere riesaminando i conti della mostra per essere sicura di rientrare nel budget.
Una volta uscita, non vedo l’ora, quando le restrizioni dovute alla pandemia lo permetteranno, di riprendere la mia abitudine di andare a un vernissage o condividere con i miei amici un bicchiere e quattro chiacchiere».
AL: Quanto è importante il lavoro di squadra e il confronto?
A.R.d.C.: «Il lavoro di équipe con i colleghi del museo è fondamentale. Il mio ruolo come coordinatrice di mostre è anche quello di far intervenire sulla definizione del progetto sul progetto nel momento giusto, anche adattando i suoi bisogni alle esigenze della mostra.
La mostra temporanea che venite a visitare è il frutto di un lavoro coordinato di persone che lavorano in maniera stabile nel museo e di operatori esterni come i produttori di vetrine o i trasportatori di opere d’arte. Esiste anche un altro tipo di collaborazione ma meno frequente, il confronto con coordinatori di mostre temporanee di altri musei.
Discutere e conoscere i contenuti di altre mostre o nuove pratiche museografiche è fondamentale per dare al pubblico un’offerta culturale al passo con l’evoluzione della società e del pubblico che viene a visitare il mio museo».
A.L.: Il Museo delle Arti e dei Mestieri di Parigi è molto attento a mantenere un contatto con il pubblico al fine di far vivere il museo. Questa è una delle importanti missioni di ogni istituzione culturale. Puoi dirci quali sono le strategie che mettete in atto?
A.R.d.C.: «Parigi è città artisticamente vivace e bisogna tenere alto il livello di offerta perchè la concorrenza è spietata. Cerchiamo di far vivere il museo nel quartiere, nella città e grazie al digitale al resto del mondo. Cito solo come esempio, la Nuit des idées. Siamo molto attenti alla comunicazione delle nostre iniziative temporanee e alla sottolineatura delle ricchezze delle collezioni permanenti».
A.L.: Ci racconti della Nuit des idées e della Nuit Blanche e di come è possibile proporre contenuti culturali in occasioni estemporanee o comunque più leggere?
A.R.d.C.: «Un museo si deve adattare alle esigenze di un pubblico diversificato. Non ha molto senso parlare solo con persone della propria “lingua” culturale. Il nostro museo, per la sua peculiarità, si adatta al gusto di un pubblico sofisticato (dall’ingegnere agli scienziati che vogliano ricostruire la storia dei loro strumenti) ai bambini appassionati del fumetto Blake et Mortimer o ai quali spiegare come funziona l’energia elettrica.
Questo si traduce in dotte conferenze o in lezioni interattive di carattere più “democratico”. Abbiamo partecipato con il nostro museo a numerose edizioni della Nuit Blanche del Comune di Parigi e a due edizioni della Nuit des idées con l’Institut français. I due eventi hanno in comune la durata: una serata insieme (in presenza o online) con il nostro pubblico, e hanno condiviso mesi di preparazione e di ideazione.
La Nuit Blanche fa entrare nel museo l’arte contemporanea. Ho organizzato la scorsa edizione, che ha ospitato nel cortile del museo il 3 ottobre 2020 1.400 persone dalle 19 a mezzanotte. Una proiezione sulla facciata del museo di una serie di disegni, collage e foto con l’accompagnamento di una lanterna magica ripresa dalle collezioni del museo ha animato la nostra Nuit Blanche.
Ho visto persone di tutte le età ed alcuni che hanno scoperto per la prima volta il nostro museo, che si trova nel cuore di Parigi, vicino al Marais. Il pubblico attratto dalla nostra programmazione non è solo quello interessato alla scienza, ma anche quello interessato alla creazione artistica contemporanea.
Per preparare l’installazione della Nuit Blanche ho lavorato con la galleria parigina di Marguerite Milin, una figura rara da trovare in un museo scientifico. Il secondo evento notturno che ho organizzato, la Nuit des idées, è stato il 28 gennaio 2021 e invito i lettori a dare un’occhiata alla pagina Youtube (per la versione francese quella del mio museo e per la versione italiana quella del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano).
La Nuit des idées è una serata voluta dall’Institut français per lo scambio di idee in tutto il mondo attraverso istituzioni e ambasciate francesi e il tema di quest’anno era “Proches: relier les imaginaires” (Vicini: collegare gli immaginari). Esclusivamente online e in diretta, ho potuto mettere in relazione uno dei musei più importanti del mio paese con Parigi sulla questione del volo: Leonardo da Vinci e Clément Ader si sono ritrovati attraverso le parole dei responsabili di collezioni Lionel Dufaux e Claudio Giorgione.
Una piccola curiosità: mi sono cimentata per la prima volta nel doppiaggio, è mia la traduzione e la voce della versione italiana. È stata una bellissima esperienza pensare e realizzare la Nuit des idées ma per il doppiaggio non è proprio il mio mestiere!»
A.L.: E proporre contenuti culturali con l’open access?
A.R.d.C.: «Lavoro in un museo statale francese: per me il concetto di apertura, di open access, è insito nella sua mission dalla sua fondazione. Lavoro e metto in atto delle mostre per la società e per la diffusione della cultura. Limitare questo servizio pubblico a solo un settore o alla vendita sarebbe per me un sacrilegio.
I nuovi mezzi di comunicazione ci aiutano ancora di più ad aprirci a più pubblico più vasto e devono essere i benvenuti in qualsiasi museo e mai considerati come una tecnologia riduttiva della fruibilità dell’opera d’arte».
A.L.: La fruizione tramite social o tramite eventi estemporanei crea un primo contatto, un primo incontro. Interessante è capire cosa succede dopo. L’esperienza vissuta come si trasforma in relazione con l’istituzione culturale?
A.R.d.C.: «Il primo contatto attraverso i social è ormai d’obbligo per tutti i musei, ma per via della pandemia molti eventi e contenuti sono stati messi online o realizzati in diretta sui social e sito web.
Se prima eravamo abituati a vedere una mostra andando fisicamente al museo, oggi con una semplice connessione (a pagamento o gratuitamente) possiamo farlo da casa. Ed è il caso della mostra temporanea del musée des Arts et Métiers “Top modèles. Une leçon princière au XVIIIe siècle”.
Dopo aver disallestito una mostra rimangono ai professionisti e al pubblico il ricordo con qualche foto o la lettura del catalogo. La situazione di oggi con l’implementazione dell’uso di video e del sito web è diversa: la visita della mostra puo essere ripetuta più volte, senza che l’allestimento e gli oggetti spariscano insieme alla chiusura al pubblico».
A.L.: Come si diventa dei buoni professionisti in questo settore?
A.R.d.C.: «Mi considero ancora troppo giovane e con troppa strada davanti per poter dare una risposta esaustiva. Posso esprimere la mia opinione e riconoscere che per lavorare nella cultura bisogna partire dall’entusiasmo, acquisire una solida formazione, avere determinazione e coraggio. Ed è indispensabile viaggiare e confrontarsi con esperienze anche lontane.
Ho imparato molto “rubando con gli occhi” il savoir faire di professionisti più maturi di me, ma anche lavorando a contatto con artisti, coloro che creano l’arte di oggi e che hanno una visione del mondo e una sensibilità diverse da quelle comuni».