L’autenticità dell’opera rappresenta la caratteristica più importante per il mercato dell’arte ed è spesso legata al rilascio di attestazioni o dichiarazioni di autenticità da parte dell’artista o – qualora quest’ultimo non sia più vivente – da parte dei suoi eredi o di esperti riconosciuti dal mercato, da parte di fondazioni o archivi nati per volontà dell’artista, dei suoi familiari o più stretti collaboratori.
I soggetti legittimati al rilascio dell’autentica
L’ordinamento non riconosce ad alcun soggetto un diritto esclusivo di autenticazione delle opere, neanche all’artista. Sebbene l’art. 20 della legge sul diritto d’autore[1] (“l.d.a.”) attribuisca all’artista “il diritto di rivendicare la paternità dell’opera”, quest’ultimo non riveste alcun ruolo dirimente nel dichiarare autentica o meno un’opera. Ciò è evidente, ad esempio, nei procedimenti penali per contraffazione relativi ad opere d’arte moderna e contemporanea ove l’artista è sentito esclusivamente in qualità di testimone ai sensi dell’art. 9 della legge n. 1062/1971, riservando al giudice la decisione finale circa l’autenticità o meno dell’opera artistica.
Parimenti, la giurisprudenza ha ribadito in molte pronunce come il diritto al rilascio di un parere sull’autenticità di un’opera spetti non solo all’artista e, alla sua morte, agli eredi, bensì a qualsivoglia esperto accreditato, fermo restando il diritto dell’artista e degli eredi di rivendicare la paternità dell’opera d’arte, ove erroneamente attribuita ad altri, o viceversa, di disconoscerne la provenienza.[2]
Il diritto di rilasciare pareri circa l’autenticità o l’attribuzione di un’opera costituisce, infatti, espressione del diritto alla libera manifestazione del pensiero tutelata dall’art. 21 della nostra costituzione[3].
L’assoluta libertà per qualsiasi soggetto che il mercato dell’arte ritenga qualificato a rilasciare pareri comporta spesso uno stato di incertezza sull’autenticità delle opere. Un eventuale parere negativo sulla genuinità di un’opera può diminuire, se non azzerare, il valore economico della stessa impedendone concretamente la vendita o la circolazione. Si ricordi, tra l’altro, che il commercio di opere non autentiche integra il reato di cui all’art. 178 del Codice dei Beni Culturali. [4]
Il proprietario dell’opera rivelatasi non autentica potrà decidere di rivalersi nei confronti del venditore che gliel’ha ceduta, esperendo le azioni di cui ho parlato nell’articolo precedente. (Leggi -> Non autenticità dell’opera d’arte: i rimedi giudiziali a favore dei collezionisti)
Qualora invece il titolare dell’opera non concordi con l’opinione negativa espressa sull’opera e ritenga ascrivibile all’esperto una qualche responsabilità nel rilascio di tale parere, il proprietario potrà agire nei confronti di quest’ultimo richiedendo il risarcimento degli eventuali danni subiti a seguito di tale valutazione.
Le responsabilità dei soggetti che rilasciano pareri sull’autenticità dell’opera
Al fine di determinare se sussistano eventuali responsabilità in capo ai soggetti che rilasciano un parere sulla paternità di un’opera d’autore, occorrerà distinguere in base al contesto, ma soprattutto alla finalità per cui tale parere sia stato reso.
Se l’opinione sull’opera è stata espressa nel corso di un’attività di studio, insegnamento o ricerca, tale parere costituisce – in linea generale – una mera manifestazione del pensiero non sanzionabile dall’ordinamento.
Diversamente, il parere può essere reso da parte di un soggetto esperto – privato o ente – nell’ambito di un rapporto contrattuale di prestazione d’opera professionale stipulato con il proprietario o altro soggetto detentore dell’opera. La dottrina qualifica la “pubblicizzazione dell’attività di esame e archiviazione degli archivi e delle fondazioni come un’offerta al pubblico ex art. 1336 c.c.”[5]. Pertanto, tale attività di pubblicizzazione varrebbe come proposta contrattuale, laddove contenga gli estremi essenziali del contratto.
Trattandosi di un contratto d’opera intellettuale, sul professionista che valuti l’autenticità o meno dell’opera graverà un’obbligazione di mezzi e non di risultato.
Inoltre, poiché si tratta di un’attività che comporta la libera manifestazione di una propria opinione, il professionista accreditato dal mercato non potrà in alcun modo essere obbligato a stipulare tale contratto potendo anche decidere di non rendere alcun parere al riguardo, al fine di non incorrere in eventuali contenziosi. In tal caso, al proprietario non resta alcun rimedio se non richiedere un parere ad altri esperti – ove esistenti sul mercato – o domandare giudizialmente l’accertamento dell’autenticità della propria opera d’arte.
L’esperto potrà essere ritenuto responsabile qualora nel rilascio del parere non abbia rispettato i criteri della diligenza professionale qualificata, ai sensi dell’art. 1176 co. 2 c.c. Ciò è stato ribadito anche dal Tribunale di Milano[6], adito per valutare se la Fondazione Mimmo Rotella fosse stata diligente nel rendere il parere su un’opera del celebre artista, la cui data di creazione era stata posticipata dalla Fondazione dagli anni 1963/69 al 2001, con un conseguente decremento del suo valore economico. Il Tribunale ha ritenuto che i dati sull’opera fossero stati acquisiti dalla Fondazione “con la dovuta diligenza, valutati con il livello di perizia e professionalità richiesta per la particolare tipologia attività” concludendo che l’opinione espressa dalla Fondazione Mimmo Rotella fosse il frutto di “una attività di studio e di esame prudente, diligente e fondata su più che adeguate competenze.
Poiché il rilascio di un parere sull’autenticità comporta la valutazione di problemi tecnici di speciale difficoltà, tale parere negativo comporterà una responsabilità dell’esperto esclusivamente ove il rifiuto di rilascio dell’autentica o di archiviazione dell’opera sia viziato da dolo o colpa grave. L’onere della prova graverà sul proprietario del bene che dovrà dimostrare: l’erroneità del parere reso dall’esperto, l’assenza di diligenza e il dolo o la colpa di quest’ultimo, oltre ai danni subiti ex art. 1218 c.c.
Si discute in dottrina se il proprietario dell’opera possa invocare anche la tutela extracontrattuale, qualora non sia presente alcun vincolo contrattuale tra quest’ultimo e l’esperto che ha reso il parere. Parte della dottrina ritiene che i pareri emessi da soggetti qualificati senza la necessaria perizia e diligenza possano integrare gli estremi di illeciti informativi[7].
Azione di accertamento
Al fine di poter agire contro l’esperto che ha reso il parere, è necessario – nella maggior parte dei casi – richiedere preliminarmente nel medesimo procedimento giudiziale l’accertamento dell’autenticità dell’opera per dimostrare la fallacità del parere emesso.
La giurisprudenza di merito[8] si è sempre espressa ritenendo ammissibile tale azione in tutti quei casi in cui vi fosse una situazione di incertezza sull’opera.
Tuttavia, recentemente, la giurisprudenza sembra aver cambiato orientamento, restringendo il campo di applicazione di tale azione. Particolarmente stringente il Tribunale di Roma che in una pronuncia del 2017[9] ha negato che tale azione sia ammissibile sostenendo che: ogni parere possa essere messo in discussione da un parere diverso e che in assenza di dati incontrovertibili – quali la documentazione fotografica dell’artista mentre realizza l’opera – non sia possibile accertare se un’opera pittorica sia attribuibile o meno ad un certo autore. Di pari avviso anche la sentenza del Tribunale di Roma n. 7792/2018. [10]
Tale orientamento della giurisprudenza di merito è stato recepito anche dalla Corte di Cassazione che – seppur in modo meno stringente – ha ritenuto che tale azione non sia ammissibile laddove riguardi fatti storici – quali se l’artista abbia o meno creato l’opera- che dovrebbero costituire solo “la mera premessa, incidentalmente verificata, del prodursi di un effetto giuridico positivo per l’attore (il diritto soggettivo) questo sì direttamente e doverosamente verificabile”.
Alla luce di tale nuovo orientamento giurisprudenziale appare sempre più difficile richiedere l’accertamento giudiziale dell’autenticità di un’opera la cui paternità sia dubbia, con evidenti complicazioni per i proprietari nel caso in cui i pareri non siano stati resi o siano stati rilasciati in maniera poco diligente.
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[1] Legge del 22 aprile 1941 n. 633.
[2] Trib. Roma, 16 febbraio 2010, n. 3425, in Dir. Famiglia 2011, 4, 1730; Trib. Milano 13 dicembre 2004, AIDA, 2005, 1053.
[3] Trib. Milano 13 dicembre 2004, Sez. Spec. P.I. 2004, 2-3, 222.
[4] Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
[5] M.F. Guardamagna, L’azione di accertamento giudiziale dell’autenticità di un’opera. I recenti sviluppi giurisprudenziali, Dir. di famiglia e delle persone, fasc. 4, 1° dicembre 2018, p. 1588.
[6] Trib. Milano 14 luglio 2012, n. 8626, Redazione Giuffrè 2012.
[7] B. Mastropietro, Mercato dell’arte e autenticità dell’opera: un quadro a tinte fosche, Rass. Dir. Civ. 2017, 581 e ss.
[8] Trib. Roma 187/2006, Darts-ip; Trib Milano 11911/2013, Darts-ip; App. Milano 1792/2012, Darts-ip.
[9] Trib. Roma 9610/2017 in Foro Italiano 2017, I, 3772.
[10] Trib. Roma 7792/2018, De Jure.