Giovedì scorso, con l’Atto Camera n. 893-B il parlamento italiano ha approvato in via definita il progetto di legge in materia di reati contro il patrimonio culturale.
Il provvedimento legislativo ha la chiara finalità di fornire maggiore tutela al patrimonio culturale, ridefinendo l’assetto della disciplina anche nell’ottica di un tendenziale inasprimento del trattamento sanzionatorio.
Con la locuzione “patrimonio culturale” si intende l’insieme dei beni culturali tutelati dal D.lgs. n. 42 del 2004 (“Codice dei beni culturali” o “Codice”), ovvero delle cose mobili e immobili analiticamente indicate negli articoli 10 e 11 del Codice e che “presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà” (art. 2).
Se ad oggi i reati contro il patrimonio culturale sono contenuti prevalentemente negli articoli da 169 a 178 del Codice dei beni culturali, il Disegno di Legge prevede che essi facciano il loro ingresso nel novero dei reati previsti e puniti dal Codice Penale.
La scelta è quella di inserire nel Codice Penale un nuovo titolo, interamente dedicato ai delitti contro il patrimonio culturale, composto da 17 articoli.
Il nuovo titolo ricomprenderebbe, da un lato, fattispecie già previste dal Codice dei beni culturali – come quella in materia di “uscita o esportazione illecite” – rispetto alle quali il legislatore prevederebbe l’innalzamento delle pene edittali esistenti e, dall’altro, reati di nuova introduzione tra cui la “falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali”.
Tra le norme individuate riveste grande rilevanza, in un’ottica di maggiore tutela, la fattispecie in materia di contraffazione di opere d’arte: il reato, attualmente disciplinato dall’art. 178 del Codice dei beni culturali che prevede la pena della reclusione da tre mesi a 4 anni e la multa da 103 a 3.099 euro, verrebbe infatti punito dall’art. 518-quaterdecies c.p. con la reclusione da 1 a 5 anni e la multa da 3.000 a 10.000 euro.
Sulla base del principio costituzionale in forza del quale il patrimonio culturale e paesaggistico necessita di una tutela ulteriore rispetto a quella offerta alla proprietà privata, verrebbe inoltre inserita un’aggravante da applicare a qualsiasi reato che, avendo ad oggetto beni culturali o paesaggistici, cagioni un danno di rilevante gravità oppure sia commesso nell’esercizio di un’attività professionale o commerciale.
E ancora, diverse fattispecie rientreranno nel catalogo dei delitti in relazione ai quali è consentita la confisca allargata, ovvero quella forma di espropriazione definitiva di beni che risultino sproporzionati ai redditi o ai proventi dell’attività economica di un soggetto che ne dispone, ove non si fornisca la prova di una provenienza lecita.
Di grande impatto è anche la scelta di inserire i reati a danno del patrimonio culturale nell’ambito della responsabilità amministrativa dell’ente ex D.Lgs. 231/2001 attraverso l’estensione del catalogo dei reati presupposto per il caso di commissione dei nuovi reati nell’interesse o a vantaggio dell’ente. La responsabilità – oggi in capo alla persona fisica – sarà dunque estesa anche alla persona giuridica.
Alla base di questo atteso intervento normativo vi è la ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di Nicosia (Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali) avvenuta il 12 gennaio scorso con voto unanime da parte della Camera dei Deputati e la successiva entrata in vigore del Trattato, la cui legge di ratifica produrrà effetti in Italia a partire dal prossimo aprile.
La Convenzione sostituisce la precedente – di Delfi – sullo stesso tema, aperta alla firma nel giugno 1985 e mai entrata in vigore per il mancato raggiungimento del numero di ratifiche necessarie.
Frutto di un lavoro preparatorio svolto in seno al Consiglio d’Europa con la collaborazione di numerose organizzazioni internazionali quali l’Unione europea, l’Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato (UNIDROIT), l’UNESCO e l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNOD), è volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali.
Come si legge nel Dossier pubblicato dalla Camera dei deputati l’8 novembre 2021, infatti, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, “ha l’obiettivo di contrastare il traffico illecito di beni culturali che coinvolge in prima linea Stati come l’Italia e la Grecia, e ha un notevole impatto sia dal punto di vista del danno che tali beni subiscono, sia dal punto di vista economico”.
Il trattato redatto a Nicosia obbliga chi lo ratifica a prevedere forme di tutela adeguate in relazione al proprio patrimonio culturale. Da qui l’esigenza per il Parlamento italiano di attuare una riforma organica della materia capace di adeguarsi agli standard di tutela previsti nell’ambito dell’accordo ratificato.
Si comprende allora come, anche da un punto di vista storico, la riforma attualmente al vaglio del Parlamento sia nata con l’obbiettivo di porre in risalto la centralità dello specifico bene giuridico costituito del patrimonio culturale, e come la scelta di disciplinare la materia in modo organico nell’ambito del codice penale abbia un chiaro intento di semplificazione nell’ottica dell’effettività delle tutele.
Occorre allora attendere la definitiva approvazione del testo di legge per porre fine ad una tutela penale del patrimonio culturale nazionale ancora troppo frammentaria e poco incisiva.
Ciò che appare certo è che l’eventuale approvazione del testo in commento, comportando una tutela crescente per i beni culturali, richiederà ai soggetti giuridici appartenenti ai settori più sensibili di prevedere specifiche procedure che si pongano in un’ottica preventiva e di tutela dell’ente da eventuali fatti illeciti, aggiornando a tal fine i Modelli 231 esistenti anche in relazione allo specifico rischio.