Alive and kicking, anche se un po’ ammaccato. Il mercato italiano delle aste di arte moderna e contemporanea chiude il terribile 2020 con i fatturati in netto calo rispetto al 2019 (-31%), ma già alla fine del secondo semestre si sono registrati i primi, importanti, segnali di ripresa.
A pesare sull’andamento complessivo della piazza italiana, funestata dalla pandemia, l’improvvisa riprogrammazione delle aste, tra annullamenti e slittamenti, e una certa difficoltà a reperire opere di pregio.
Gli operatori, però, non si sono fatti trovare impreparati alla prova del “digitale” e grazie agli investimenti fatti in passato sono riusciti a limitare i danni e a conservare una platea internazionale. Avvantaggiandosi, in un certo senso, di un’emergenza che ha messo fuori gioco i principali competitor: gallerie e fiere d’arte.
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La pandemia fa crollare prezzi e fatturati
82.503.996 euro. A tanto ammonta il fatturato complessivo delle 93 aste di arte moderna e contemporanea che le 19 case monitorate da Collezione da Tiffany hanno battuto durante il 2020.
Una cifra che segna un calo del -31% rispetto al 2019, determinato in primo luogo dal crollo verticale del valore dell’aggiudicazione media, passata dai 10.460 euro del 2019 ai 5.216 del 2020.
Questo a fronte di un numero di lotti messi in asta superiore a quello dell’anno precedente (+27%) e di un tasso di vendita perfettamente in linea con quello normalmente riscontrato nelle aste italiane di questo settore (68%).
A dimostrazione di come nei momenti di forte incertezza la qualità delle opere immesse sul mercato tenda a calare, anche se non sono mancati, durante l’anno, lotti di assoluto pregio.
Primo semestre tragico, ma il 2020 si chiude in rialzo
Tra i fattori che certamente hanno maggiormente contribuito al calo dei fatturati vi è stata certamente la scarsa disponibilità di opere di qualità, tipica dei periodi di incertezza come quello attuale.
Questo, assieme agli indubbi motivi di sicurezza, ha portato molti operatori alla cancellazione delle aste tradizionali, invece che ad una loro semplice trasformazione in vendite “da remoto”.
Una scelta strategica, operata in primo luogo da quelle case d’asta che negli anni hanno fatto della qualità della proposta una caratteristica peculiare.
Nonostante questo, i tassi di vendita e l’ampia partecipazione internazionale alle aste italiane di arte moderna e contemporanea, ci consegna l’immagine di un mercato che ha saputo mantenere, al netto delle difficoltà del periodo, una certa vivacità.
Tanto che dopo un primo semestre tragico, che si è chiuso con un calo medio dei fatturati del -52% rispetto allo stesso periodo del 2019 (con punte anche del -90%), la seconda parte dell’anno ha fatto registrare netti segni di ripresa.
Complice lo slittamento dell’asta di Christie’s in autunno, infatti, il secondo semestre del 2020 ha registrato solo una lieve flessione (-1%) rispetto al periodo luglio-dicembre del 2019. Ma anche togliendo dal conteggio l’asta di Palazzo Clerici, lo scenario non cambia poi molto, con un fatturato semestrale che cala solo del -4% rispetto all’anno precedente.
Il 2020 raccontato dagli operatori
«Paradossalmente – commenta Angelo Martini della casa d’aste Studio d’Arte Martini di Brescia – la crisi ha fatto crescere la richiesta, o meglio, tutta l’attenzione dei collezionisti si è focalizzata sulle aste, l’unico settore di mercato che era già predisposto per lavorare a distanza».
«Le fiere – aggiunge Martini – sono tutte saltate, le gallerie non potevano aprire, i musei erano chiusi, mentre per le aste poco era cambiato, certo non si poteva allestire l’esposizione dell’asta, ma si potevano mandare video, foto, condition report».
Un vantaggio competitivo, quello concesso dai canali di vendita online, che già in passato aveva permesso alle nostre case d’asta di competere con le major che operano nel nostro Paese e oggi risultato quanto mai strategico. Tanto che, nonostante un 2020 da dimenticare per molti motivi, non sono pochi gli operatori che mettono in luce anche aspetti positivi derivati dall’emergenza e che oggi permettono al settore di guardare con fiducia al futuro.
E’ il caso di Rossella Novarini, direttrice de Il Ponte Casa d’Aste la quale, in linea con quando detto da Martini, sottolinea come «la chiusura e il blocco di numerosi canali di vendita di opere d’arte, a livello nazionale ed internazionale (pensiamo a fiere, mostre, saloni ecc…), a seguito delle misure restrittive per il contenimento del Covid-19, hanno contribuito a far confluire sul mercato delle aste una fetta importante di acquisti».
«Durante tutto l’anno – prosegue Novarini illustrando la strategia messa in atto da Il Ponte – abbiamo dedicato moltissima attenzione ai processi di digitalizzazione del business al fine di raggiungere capillarmente il pubblico di riferimento ed estendere la promozione dei beni in catalogo su scala mondiale, puntando su un servizio che colmasse le distanze e portasse il cliente letteralmente “dentro” la casa d’aste».
Un’attività di digitalizzazione che tra innovativi portali di vendita, tour virtuali delle esposizioni, video di approfondimento e un uso sapiente del web marketing, ha portato una ventata di innovazione all’intero del settore. Con ricadute evindenti in termini di business.
«L’anno che ci lasciamo alle spalle – conclude infatti Rossella Novarini – ci ha posto di fronte a innumerevoli sfide, ma si è allo stesso tempo rivelato fondamentale per identificare potenzialità e nuovi strumenti attraverso cui soddisfare una richiesta mai venuta meno da parte del mercato. Con risultati oltre le aspettative e dipartimenti che si sono confermati in salute e solidi, le aste non hanno mai perso il loro charme adrenalinico, registrando un incremento considerevole nella partecipazione da parte del pubblico con vette del 70% di nuovi utenti e una media di lotti venduti pari all’86%».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche la pratese Farsetti Arte: «Per le ragioni che tutti sappiamo il 2020 è stato un anno estremamente difficile; la crisi economica scaturita dalla pandemia ha ovviamente toccato anche il settore del mercato dell’arte e dunque anche le case d’asta».
«Queste ultime però, – proseguono dalla casa pratese – a differenza di altri operatori del settore, erano già dotate degli strumenti che sono risultati poi indispensabili a mantenere viva l’attività, come delle piattaforme online già strutturate per la vendita e l’acquisto da remoto».
«Questo – concludono da Farsetti – le ha sicuramente facilitate nell’affrontare la difficile situazione. Difficile fare previsioni in un periodo così incerto. Ma i segnali di costante interesse per il mondo dell’arte fanno guardare all’anno che è appena iniziato con un certo ottimismo».
Ottimismo che non manca neanche nelle parole di Marco Canepa della genovese Aste Boetto che mette in evidenza alcune problematicità operative emerse durante la Pandemia.
«La difficoltà maggiore – spiega – è stata quella di reperire le opere, dovuta all’impossibilità di spostarsi. Oltre a questo, la poca ricettività degli archivi nel portare avanti il lavoro di catalogazione, ha provocato rallentamenti e disagi. Le aste hanno comunque suscitato interesse e ci è sembrato che ci sia ancora voglia di comprare o comunque un’attenzione anche verso le vendite all’incanto».
Un interesse, quello suscitato dalle aste italiane, su cui si sofferma anche Pietro De Bernardi, A.d. di Pandolfini, che parlando dell’annata da poco conclusa sottolinea i «risultati in continua crescita delle Aste a Tempo, online sulla piattaforma Pandolfini Live. In poco più di un mese la serie di vendite, che ha sostituito i cataloghi “traslati” a inizio 2021, ha totalizzato quasi 1,2 milioni di euro di vendite evidenziando l’aumento dei partecipanti e una notevole fidelizzazione dei clienti».
Un mercato, quelle italiano delle aste di arte moderna e contemporanea, che nonostante l’emergenza sanitaria ha saputo mantenere una sua vivacità e internazionalizzazione.
«I nostri compratori – evidenzia De Bernardi – provengono da tutto il mondo, in particolare da paesi come Russia, Gran Bretagna, Israele, Stati Uniti, Svizzera e Cina. Resta inteso che questo mondo internazionale trova costante e attiva concorrenza in una motivata clientela italiana composta da collezionisti, mercanti e anche da musei italiani e stranieri».
«La crisi – conclude l’Ad di Pandolfini – ha fatto certamente aumentare l’offerta di opere, ma principalmente di livello qualitativo medio basso con il risultato che, in questo segmento di mercato già in crisi da tempo e non certo per la pandemia, sono aumentati gli invenduti e i prezzi tendono a decrescere. L’offerta di opere di elevato livello qualitativo non è invece aumentata ed è sempre più difficile reperire opere di questo tipo a prezzi corretti da provenienze private».