Non tutti si recano in visita ad un museo per lo stesso motivo o con gli stessi obbiettivi. C’è chi apprezza di più l’immobile, il contenitore e chi apprezza di più il contenuto, le opere. Chi il rapporto che si crea tra di essi.
Non tutte le opere conservate all’interno di un museo destano la stessa curiosità o hanno lo stesso fascino, nessuna ha pari pregio agli occhi di chi guarda. Stessa cosa vale per qualsiasi tipo di collezione. E ogni collezionista ha per ogni opera diversa passione.
Si può dire altrettanto per ogni attività o proposta culturale. Vale anche per gli artisti: potrebbero tutti raccontare, oltre all’opera e al suo messaggio, almeno un’altra storia sull’opera stessa che la renderebbe nel rapporto diversa dalle altre.
Perché uno spettacolo di butō (danza moderna giapponese, ndr) potrebbe non piacerci o piacerci ancor di più di un’opera di Rossini? Un arazzo, una ceramica, un’incisione, cosa raccontano meno o raccontano meglio rispetto un quadro, una scultura, un affresco? E un’architettura? E una progettazione urbana?
Lo sapevate che ad alcune opere d’arte non è concesso uscire dal museo in cui vengono conservate? Perché alcune possono abbandonare “la base” ed altre no? È solo e sempre una questione di conservazione dello status dell’opera? O di conservazione dello status della collezione? E dello status del museo?
Sto esagerando con le domande e con le affermazioni, me ne rendo conto! Capisco anche che tutte insieme, domande e affermazioni, sembrano correre in mille argomenti disgiunti tra loro. Ma non è così. Alla base di queste domande e alla base delle affermazioni e dei meccanismi sopracitati c’è solo una parola: riconoscersi.
Quanto desidererei in questo momento aprire una lunga parentesi sui neuroni specchio e sulla loro funzione nell’arte e nei processi culturali, ma credo che finirei inevitabilmente nel perdermi.
Pensiamo alla parola riconoscersi come a quell’azione che muove noi, i nostri interessi e le nostre curiosità.
Limitiamoci al dizionario: accorgersi e rendersi conto, da qualche segno o indizio, che una persona o cosa si era già conosciuta, che è quella stessa che si era conosciuta precedentemente; o, più semplicemente, rendersi conto dell’identità di una persona, di una cosa. Nel nostro caso in un’opera e nel suo significato o nella sua storia o nel suo messaggio. Ma anche in un linguaggio, in un’esperienza, in un’azione.
Mi riconosco in un’opera e lei diventa il mio interlocutore. Un interlocutore che riconosco perché in qualche modo conosco. Stabiliamo una comunicazione.
Ora abbiamo un linguaggio che condividiamo e ce lo permette. Abbiamo un rapporto. Riconoscersi implica a tutti gli effetti un’interazione. Uno scambio. Dove conoscenza crea coscienza. Uno scambio reciproco.
Un dialogo dove sensibilità, curiosità e competenze si mettono in gioco e attribuiscono valore ad un’opera. Ad una, rispetto ad un’altra. Un rapporto unico.
È sulla base di questa interazione che si sviluppano molte dinamiche che regolano le collezioni, la loro accessibilità e la loro conservazione.
Ci sono opere che non vengono prestate, o che vengono maggiormente tutelate perché sono il fulcro di una collezione, e se lasciassero il museo anche per un breve periodo, il museo perderebbe in parte la sua identità. O meglio, la sua riconoscibilità agli occhi dei tanti visitatori.
Tra le mission più importanti di un conservatore oggi vi è sicuramente quella di saper evidenziare le specificità di ogni opera e creare il contesto giusto per poterle valorizzare. Creare scambio. Instaurare relazioni. Creare coscienza. Dare pari dignità e pari opportunità a tutte alle opere di una collezione.
Ci saranno così collezioni più ricche. Non è necessario creare contenuti perché l’arte ne è già piena e portatrice, ma comunicarli è importante. C’è una sfida necessaria: dotare di una vasta molteplicità di chiavi di lettura gli interlocutori. Creare accessibilità. Partecipazione.
Educare all’arte attraverso una didattica multiforme che attinga dai più disparati mezzi di comunicazione tradizionali e avanguardistici. Ricerca, studio e sensibilizzazione a monte. Creare un bagaglio culturale tale da poter mettere in condizione le persone di stabilire un dialogo con molte opere d’arte. Affinché la rilevanza culturale che porta a tutelarne una, rispetto un’altra, sia definitivamente abbattuta.