Settimana faticosa, quella appena conclusasi a Londra, per le aste di arte moderna e contemporanea. Tanti, troppi, i top lot in catalogo rimasti invenduti, da Richter a Bacon. E se Sotheby’s realizza il più alto totale della storia per un’asta londinese di moderna e contemporanea, il mercato è apparso comunque stanco, dopo un semestre di vendite record e stime sempre più alte. Delusione per gli italiani: quasi tutti bocciati i nuovi, se non addirittura ritirati. Solo le solite star tricolore (Fontana, Manzoni ecc.) brillano nel cielo di Londra. Bene Pistoletto da Phillips e Melotti nella day sale di Sotheby’s.
Phillips: un inizio eccellente che illude
Il ricordo delle aste record newyorchesi è ancora fresco quando il testimone passa a Londra per le sue evening sale di metà anno. Le attese sono alte. Sullo sfondo inizia a profilarsi la possibilità di una nuova crisi economica europea guidata dalla situazione debitoria della Grecia e il test londinese assume un valore particolare per giudicare la salute di un mercato che, in questo primo semestre, ha dimostrato una salute di ferro. Si inizia il 29 giugno con l’evening sale di Phillips che totalizza 18.2 milioni di sterline centrando a pieno le aspettative. La serata in Berkeley Square è sotto il segno di Ai Weiwei che realizza il suo nuovo record d’asta con l’opera Circle of Animals / Zodiac Heads (2010), venduta per oltre 3.4 milioni di sterline. Record che arriva, peraltro, a pochi mesi dal precedente, registrato a febbraio sempre da Phillips.
Tra le aggiudicazioni più interessanti va certamente citata quella di Ship Talk, opera del 1988 di Ed Ruscha, che dopo una lotta tra sette bidder, è stata battuta per oltre il doppio della stima minima: più di 1.2 milioni di euro. Un inizio solido, per le aste londinesi, supportato anche da una percentuale di vendita di tutto rispetto: 84% in lotti e 89% in valore. E, in barba alla crisi del suo Paese, quello che ha guadagnato di più da questa vendita è stato il collezionista Dimitri Daskalopoulos che metteva all’asta il dipinto Homage (1993-95) di Chris Ofili, acquistato nel 1998 per 19.5 mila sterline e rivenduto lunedì scorso per 302 mila.
Notte amara, invece, per gli italiani in catalogo con il “piccolo” coniglietto Richard di Maurizio Cattelan che supera di poco la stima minima e Pelle di Marmo, opera del 2011 di Giuseppe Penone presentata inizialmente con una stima di 120-180 mila, che è stata addirittura ritirata dalla vendita. Non va benissimo, per i nostri, neanche durante la Day Sale del giorno dopo, con Salvatore Emblema che fallisce miseramente il suo test di mercato (rafforzando i dubbi di “pilotaggio” del recente risultato newyorchese) e Pistoletto battuto per poche migliaia di euro: ma quella in catalogo era decisamente un’opera secondaria. Bene invece Mimmo Paladino la cui scultura Caduto a Ragione (Fall for a Reason) del 1995 è stata venduta per oltre 110 mila sterline contro una stima iniziale di 60-80 mila.
Christie’s: flop per Gerhard Richter
In platea spiccano le tante sedie vuote, simbolo dei primi probabili segni di fatica tra i collezionisti dopo sei mesi di record. In più il catalogo di King Street per la evening sale del 30 giugno non presenta molti pezzi realmente eccellenti e i lotti che eccitano il pubblico sono pochi. E, così, anche se il risultato finale è buono (95.6 milioni di £ contro un’aspettativa di 82/117 milioni) le delusioni sono tante: 30 dei 76 lotti in asta vengono aggiudicati per cifre pari o al di sotto della stima minima e 10 rimangono invenduti. Tra questi spiccano i 4 dipinti (su 5 in catalogo) di Gerhard Richter. Opere che coprivano oltre 20 anni di carriera, dal 1969 al 1995, e presentati con stime dalle 800 mila sterline ai 6 milioni. Forse un po’ troppo, stando al commento che l’art advisor americana Mary Hoeveler ha rilasciato a Katya Kazakina di Bloomberg News e in cui le descrive come degli esempi non certo eccellenti della sua arte e concludendo con un fin troppo pessimistico: «I giorni in cui tutto volava sembrano ormai andati». Per il presidente di Christie’s Brett Gorvy, riporta Judd Tully del magazine Art + Auction, il flop è dovuto invece solo ad un problema cromatico: erano opere troppo scure, mentre ai nuovi collezionisti piacciono di più quelle decorative e colorate.
Neanche Bacon porta a casa grandi risultati. La sua tela Study for Head of Isabel Rawsthorne and George Dyer del 1967 supera di poco la stima massima raggiungendo i 12.2 milioni, e lo stesso fa Two Men Working in a Field (1971): è stata acquistata dal mercante Gary Tatintsian a 10.7 milioni per un cliente russo. Risultati tutto sommato modesti che hanno spinto l’art advisor Todd Levin – che ha comprato nella stessa serata Bianco Plastica P (1970) di Alberto Burri per 2.2 milioni – ha commentare: «Siamo alla fine della stagione. Alcune persone hanno speso forse un po’ troppo; altre sono esauste». Esauste e un po’ frustrate per i prezzi in continua ascesa: «Ho visto un bel po’ di amici frustrati che non hanno mai alzato la mano – ha detto ancora Levin al termine dell’asta – i prezzi sono andati troppo oltre le loro possibilità».
Nessuna crisi, invece, per la collezione George Economou di Atene che si è aggiudicata per 5.9 milioni di sterline l’opera Peinture de feu couleur sans titre, (FC 27) di Yves Klein che partiva da una stima attorno ai 5 milioni. Ottime aggiudicazioni anche per Sigmar Polke, Christopher Wool e per una serie di giovani pittori oggetto però – lo abbiamo visto più volte – di grande speculazione. Ma l‘asta di Christie’s, più che altro, ha sottolineato ancora una volta quanto pesi la provenienza delle opere sul loro valore economico. E così la parte della evening sale che va meglio è quella dedicata alla collezione di Lord e Lady Jacobs, come testimoniano alcune aggiudicazioni eccellenti. Un esempio: Number 36 (1962) di Morris Louis, acquistata nel 1998 per 178 mila dollari è stata venduta a 2.4 milioni. Ed è proprio in questa sezione dell’asta che si registrano anche le migliori performance degli italiani che, va detto, da Christie’s si sono comportati bene sia nella vendita serale che in quella diurna del giorno successivo (01/07): tutti venduti anche se con risultati sempre nel range della stima prevista. Ma vista la qualità media era prevedibile.
Sotheby’s da record, ma che fatica
Il finale di partita è nel segno di Sotheby’s (01/07) che porta a casa un risultato eclatante: 130 milioni di sterline. Mai un’asta di arte moderna e contemporanea aveva realizzato tanto a Londra anche se, a dirla tutta, non ha rispettato neanche lontanamente le aspettative di 142/202 milioni. Il record di Sotheby’s arriva, infatti, a fatica, come testimoniano i tanti top lot rimasti invenduti. Tra questi Study for a Pope 1 di Francis Bacon, opera che campeggiava sulla copertina del catalogo. Venduta 10 anni fa per la cifra record di 10 milioni e rivenduta privatamente nel 2014, tramite Christie’s, per 25/35 milioni, l’opera non ha convinto il pubblico della evening sale ed è rimasta in mano al vecchio proprietario. Ancora delusioni per Gherard Richter: tre le sue opere in catalogo, di cui una invenduta e una aggiudicata al di sotto delle aspettative. Ma il mercato dell’artista tedesco tira un sospiro di sollievo con il terzo lotto in vendita: A.B Brick Tower (1987) venduto per oltre 14 milioni.
In un’asta dove di giovani se ne vedono pochi e la scena è tutta per gli artisti storicizzati guidati dai “dollari” di Andy Warhol, le star italiane hanno fatto la loro bella figura. In particolare Lucio Fontana, il cui Concetto Spaziale. Attese (1964) rosso con 10 tagli è stato acquistato da Michaela de Pury per 4.4 milioni. Per il resto le aspettative sono state rispettate tanto da Scheggi quanto da Stingel, ma anche da Boetti. Per non parlare di Piero Manzoni, il cui Achrome del 1959 doppia la stima massima è viene aggiudicato per 1.6 milioni. Unica delusione per i colori italiani: Domenico Gnoli la cui Scarpa vista da dietro (1967) in catalogo con una stima di tutto rispetto (2-3 milioni di £) è rimasta invenduta.
Scena simile nella day sale del 2 luglio dove l’arte italiana – nonostante qualche invenduto – si comporta bene quando gli artisti sono Fontana, Boetti o Castellani; riesce anche a brillare con Fausto Melotti che supera di più del doppio la stima massima posta per la sua Fantasia schematica del 1985 e Arnaldo Pomodoro. Non grandi aggiudicazioni, come era prevedibile, ma si tratta di nomi che raramente passano a Londra e il fatto che siano stati acquistati per prezzi molto più alti di quelli di partenza è certamente un risultato positivo in prospettiva futura. Dispiace solo per Francesco Clemente, presente in catalogo con due pezzi entrambi invenduti, e per Giovanni Anselmo che così bene aveva fatto a New York e che, invece, a Londra non è stato neanche preso in considerazione. I tempi non sembrano ancora maturi per gli “altri” italiani. Il testimone della nostra arte è sempre in mano a Fontana, Manzoni & Co., con buona pace delle nostre istituzioni che potrebbero fare qualcosa di più per far conoscere la nostra arte in Italia e all’estero.