… ma sempre meno da scoprire
Il Report dalle fiere di settembre a New York.
Come prima fiera d’arte negli Stati Uniti, l’Armory Show è stata a lungo considerata uno degli eventi più importanti per tastare il polso della scena e del mercato artistico americano.
Tuttavia, nell’edizione di quest’anno, nonostante la nuova direzione e l’inserimento nel network di Frieze, la fiera sembra aver perso gran parte del suo smalto, così come la sua rilevanza e internazionalità.
Quello che emerge dall’Armory conclusasi domenica scorsa sono piuttosto segnali di un progressivo esaurimento della produzione culturale americana, sempre più orientata verso la vuota emulazione o il mero decorativismo “d’arredo”, forse anche a causa dell’eccessiva saturazione dell’offerta culturale creata dalla pandemia.
Inoltre, l’assenza di grandi gallerie fa si che l’Armory sembri del tutto scollegata dal ritmo delle fiere internazionali e della concomitante fiera di Seul.
Fa riflettere il fatto che nomi come Gagosian, Pace o David Zwirner non solo non fossero presenti, ma non abbiano nemmeno inaugurato le grandi mostre di inizio stagione in coincidenza con questa “settimana dell’arte”, preferendo invece posticiparle alla settimana successiva e concentrarsi su Seul e altre sedi.
Allo stesso tempo, però, le gallerie espositrici ad Armory quest’anno hanno potuto almeno tirare un sospiro di sollievo dopo una dura estate senza vendite, riscontrando finalmente un rinnovato interesse da parte dei collezionisti americani e una più vivace attività di vendita in fiera, fin dalle prime ore di apertura.
Per molti, l’andamento di questa fiera è stato decisivo, soprattutto dopo un maggio difficile e un periodo che aveva portato diverse gallerie in città a considerare la chiusura, specialmente quelle di medie e piccole dimensioni, con almeno altre 10 già chiuse negli ultimi mesi.
La fiera d’arte ha visto una buona affluenza interessata per tutto il fine settimana, portando a ulteriori vendite rispetto a quelle già numerose del primo giorno.
Come ha commentato alla stampa Mihai Nicodim, proprietario di Nicodim: “A differenza degli anni passati, in cui la maggior parte delle vendite a nuovi collezionisti avveniva durante l’anteprima, il grosso del nostro commercio èavvenuto sabato e domenica con persone che si sono avventurate nello stand per discutere le opere più volte durante la fiera. Abbiamo piazzato opere importanti di Angeles Agrela, Isabelle Albuquerque, Nicola Samorì e Moffat Takadiwa verso la fine della fiera. Gli acquirenti non erano frenetici, ma riflessivi e ponderati, persone che apprezzano sinceramente l’arte e vogliono viverla”.
Non sono comunque mancate alcune proposte interessanti nelle sezioni emergenti “Present” e “Focus”, dedicate a mostre personali o bi-personali di artisti che lavorano sulla materialità e curata da Candice Hopkins.
Fra le proposte più interessanti nella sezione Presents di quest’anno, è stata premiata con TPC Art Finance Presents Prize la personale di dipinti dell’artista slovacca Alexandra Barth presentata dalla galleria Mrs. Offerta a prezzi compresi tra 3.500 e 10.000 dollari, la galleria ha venduto 11 opere, raggiungendo quasi il sold out entro l’ultimo giorno.
Ancora una volta tutto esaurito come ad Art Basel Miami Beach, per la personale di Spinello Projects con le opere del pittore portoricano Esaí Alfredo. Con opere offerte a prezzi decisamente ragionevoli, tra i 9.000 e i 35.000 dollari, due lavori dell’artista sono stati acquistati dalla Hort Family Foundation di New York. Altre opere sono andate al Pérez Art Museum di Miami e alla Jasteka Foundation di Jeffersonville, IN.
Lo stand di Europa ha registrato quasi il tutto esaurito: un bellissimo pastello a olio su raso di Larissa Lockshin è stato venduto per 14.000 dollari. Half Gallery ha venduto undici opere su quindici, tra cui Builder di Maud Madsen per 26.000 dollari.
Degno di nota per la sua curata e accattivante presentazione è stato lo stand della galleria Asya Geisberg nella sezione Focus, che presentava affascinanti fotoincisioni e Muecas, sculture in ceramica bianca, di Rodrigo Valenzuela, ricche di simbolismi e riferimenti culturali mesoamericani e con prezzi ragionevoli tra i 7.000 e i 9.000 dollari. Le ceramiche evocano gesti di protesta, emergendo dallo spoglio ambiente rivestito di vinile con aggeggi metallici, ricordando un laboratorio clinico o un’architettura gotica e brutalista.
L’intera presentazione dello stand voleva suggerire una riflessione sull’America Latina come culla di idee rivoluzionarie ma anche come luogo oscuro dove le idee possono trasformarsi in distopie deformate.
Presso lo stand della galleria sperimentale Murmurs, con sede a Los Angeles, si trovavano invece altri due giovani talenti che stanno ricevendo crescente riconoscimento, Roksana Pirouzmand e le intriganti sculture futuristiche di Haena Yoo: entrambe le artiste sono incluse tra i venti artisti da tenere d’occhio nel numero di quest’anno di Art In America dedicato ai nuovi talenti.
In un momento in cui il mondo dell’arte guarda sempre piu al recupero dell’arte nativa, valeva dare un’occhiata anche allo stand di Garth Greenan, il cui programma si concentra in particolare sugli artisti nativi americani. La galleria presentava le nuove sculture di Cannupa Hanska Luger della serie Future Ancestral Technologies, ciascuna del prezzo di 60.000 dollari.
Nello stand erano presenti anche vibranti opere di Emmi Whitehorse, attualmente presente alla Biennale di Venezia del 2024. Grazie a questa partecipazione, i suoi paesaggi astratti altamente simbolici e poetici hanno attirato l’interesse di molti collezionisti. Il prezzo è di 225.000 dollari e la galleria sta offrendo opere in lavorazione a causa dell’elevata richiesta.
Ronchini di Londra ha poi presentato un’interessante dialogo tra due artiste astratte britanniche, tra dopoguerra e presente, confrontando un ’assemblage pittorico e materico di Rebecca Ward (venduta per 40.000 dollari nelle prime ore a un collezionista americano) con opere di Sandra Blow, oggetto di una recente riscoperta condotta dalla galleria. Blow è stata anche la fidanzata di Alberto Burri, e si nota una certa influenza e scambio nelle opere presentate, di cui una precedentemente esposta alla Royal Academy di Londra. Il lavoro di Blow è già presente in molte collezioni museali, ma le sue opere in fiera hanno un prezzo ragionevole di 55.000 dollari. Il dialogo tra i due artisti anticipa una mostra che la galleria allestirà a Londra nei mesi successivi.
Meritevole di attenzione anche la sezione“Platform”, curata da Eugenie Tsai, che presentava opere di grandi dimensioni e installazioni site-specific in linea con il tema generale della fiera: i riverberi storici dell’arte che riecheggiano nell’ambiente circostante.
Un esempio è Marketplace, 2024 di Dominique Fung, presentato nella sezione da Jeffrey Deitch: un banco di mercato in legno riempito di oggetti antichi potenzialmente preziosi provenienti dalla Cina, come gabbie per uccelli e grilli, come riflesso di come la percezione/misconoscimento sia cambiata nel corso della pandemia verso i mercati e le merci cinesi.
Il monumentale Mirror (2024) di Sanford Biggers è una delle più grandi sculture in marmo mai realizzate dall’artista. Come parte della sua serie Chimera, Biggers ha creato un “patchwork concettuale” che fonde elementi di maschere tradizionali africane, busti europei e figure classiche per esplorare le rappresentazioni storiche del corpo in relazione ai loro miti, archetipi e dinamiche di potere.
In generale, dal report finale condiviso alla sua chiusura, sono state chiuse vendite a vari livelli, anche per importanti pezzi museali, come le cinque di un’edizione di sei installazioni video di Isaac Julien vendute da Victoria Miró tra i 350.000 e i 450.000 dollari, insieme a una serie di fotografie di Julien da 40.000 a 80.000 dollari. Il video è stato recentemente presentato alla Biennale Whitney 2024 e sia l’installazione che le fotografie sono collegate a due importanti opere in movimento dell’artista, Lessons of the Hour e Looking for Langston, attualmente in mostra al MoMA. A livello di blue chip verso il milione, Victoria Miró ha piazzato anche un dipinto di Yayoi Kusama a 800.000 dollari.
Sempre nella fascia a sei cifre, Kasmin ha piazzato diversi dipinti significativi, tra cui Apse di Robert Motherwell (1980-1984) per 825.000 dollari e The Singer Tract di Walton Ford (2023) per 750.000 dollari, insieme a opere di nuovi esordi come Sara Anstis, Jan-Ole Schiemann ed Emil Sands, vendute a prezzi compresi tra 16.000 e 35.000 dollari.
Lürdoff ha venduto un importante olio su copertina di libro di Gerhard Richter per 420.000 dollari; Tang Contemporary Art ha piazzato una fusione in bronzo di Ai Weiwei per 450.000 dollari e uno dei suoi mattoncini Lego per 140.000 – 160.000 dollari.
Sono state diverse le vendite anche a livello medio, o nel segmento degli emergenti under 10,000 dollari, come già accennato sopra. Con uno ammiccante stand colorato fra fiori e astratto Harper’s ha per esempio venduto in preview due ampi lavori di dell’artista finlandese Iria Leino, entrambi con un prezzo compreso tra 30.000 e 40.000 dollari – l’artista ha aperto negli stessi giorni una personale presso la galleria, e l’interesse è alimentato soprattutto una sua storia avvincente: ha lanciato la sua carriera prima come modella e poi ha lasciato il jet-set per ritrovare se stessa, ricollegandosi alla sua “selvaggia” creatività femminile con la pittura.
In particolare, come hanno riferito diversi galleristi, la maggior parte degli acquirenti all’Armory erano americani, soprattutto di New York. Questo fa sperare in una ripresa del mercato statunitense, nonostante i collezionisti siano ancora molto consapevoli e molto più selettivi nelle loro decisioni.
In generale, l’opinione di molti collezionisti e consulenti è che la fiera sia stata caratterizzata da un’atmosfera conservatrice, offrendo poche novità da scoprire. Anche per artisti noti o molto richiesti, c’è stata la delusione di trovare esposte opere di qualità inferiore.
Negli stessi giorni, al Battery Maritime Building di Downtown, si è svolta anche la fiera boutique e più curata Independent 20th, dedicata principalmente a scoperte dello scorso secolo o a dialoghi fra contemporaneo e storico.
Sebbene qui le trattative e le vendite siano state forse più lente, anche a causa dei prezzi e delle particolari presentazioni storiche, alla fine della giornata di sabato diversi mercanti hanno potuto registrare risultati positivi e diverse vendite, dimostrando come la qualità della presentazione e della curatela possa fare la differenza, soprattutto in questo momento del mercato in cui il collezionista è più selettivo e attento anche alla rilevanza istituzionale di ciò che acquista.
È il caso di Almine Rech, che ha presentato l’artista pioniere del movimento CoBrA, Karel Appel, con alcuni capolavori del suo periodo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, con prezzi che vanno dai 200.000 ai 550.000 dollari. La galleria ha esposto anche l’opera Personage di Karel Appel (1969) presso la Fondazione Olivia di Città del Messico nei primi giorni della fiera.
La Galeria MaPa di San Paolo sperava in un’acquisizione museale con l’artista, scrittore, attivista e politico Abdias do Nascimento, che ha trascorso gli ultimi decenni della sua vita negli Stati Uniti, ma che non èancora presente in nessuna collezione museale.
Lo stand presentava quattro dei pochissimi dipinti ancora disponibili per la vendita, poiché la maggior parte si trova già in collezioni private o museali, il che giustifica i prezzi a sei cifre, compresi tra 200.000 e 400.000 dollari.
Nel frattempo, Alison Jacques ha registrato forti vendite a collezionisti di livello museale e a importanti istituzioni, tra cui una tessitura di grandi dimensioni del 1964, valutata 400.000 dollari, insieme a una serie di collage e assemblaggi dagli anni Sessanta al 1987, con prezzi compresi tra i 200.000 e i 400.000 dollari.
Non perde mai il suo fascino anche una buona stampa o le opere su carta di Picasso, come quelle che coprivano l’intero stand della John Szoke Gallery – la galleria alla fine ha venduto due opere, tra cui La Femme à la Résille (Femme aux Cheveux verts) per 250.000 dollari e un’opera più piccola per 67.000 dollari.
Luxembourg + Co. ha venduto tre delle quattro opere di Rebecca Ward nella fascia di prezzo tra i 25.000 e i 45.000 dollari, mentre Ronchini ha venduto un’altra opera dell’artista all’Armory per 40.000 dollari.
Buoni risultati anche per le ceramiche giapponesi di Mitsukuni Misaki, Tomoyuki Hoshino e Yukiya Izumita, tutte nella fascia di prezzo compresa tra 1.800 e 8.000 dollari, e per due opere di Yoca Muta, valutate rispettivamente 7.800 e 8.000 dollari, a riprova dell’ampio spettro di interesse degli intenditori presenti. Inoltre, un artista principalmente sconosciuto negli Stati Uniti, come Filippo De Pisis, recentemente riscoperto grazie alla sua inclusione nella Biennale di Venezia, ha trovato collocazione in collezioni private statunitensi con tre opere vendute tra i 18.000 e i 30.000 dollari.
In generale, entrambe le fiere hanno visto presenze di rilievo, da curatori come Cecilia Alemanni, Larry Ossei Mensah o David Breslin a importanti collezionisti come Mera e Don Rubell, Yvonne Force Villareal, Steven Wilson, Debi Wisch, Evan Yurman, Tiffany Zabludowicz e Margot Ziegler.
Sempre negli stessi giorni in città si sono svolte anche Collectible, dedicata al design da collezione, e VOLTA, che ha aperto un nuovo capitolo sotto la direzione di Cavaliere, con nuove date e la nuova sede, Chelsea Industrial, a pochi isolati dall’Armory Show.
Anche a VOLTA, nella giornata di domenica, si sono registrate varie vendite con prezzi compresi tra i 500 e i 75.000 dollari. Il padiglione ucraino ha inoltre contribuito in modo significativo al discorso della fiera sull’arte proveniente da regioni in conflitto, attirando l’attenzione dei partecipanti e registrando forti vendite.
In conclusione, possiamo dire che, nel complesso, questa New York Art Week è stata principalmente americana e per gli americani, faticando ad attrarre non solo visitatori internazionali, ma anche espositori internazionali, che tendono a non tornare. Un calendario fieristico sempre più saturo e l’attuale sovrapposizione con Frieze Seoul hanno sicuramente contribuito a rendere queste fiere in città molto più “locali” e spesso meno “eccitanti”, salvo poche gemme e presentazioni curate.