Le opere della street art hanno beneficiato negli ultimi anni di una sostanziale revisione (o meglio, inversione) critica. Disegni, affreschi, sculture e installazioni, così come tag e firma che presentino una configurazione grafica, fino a poco tempo considerate come imbrattamenti e atti di vandalismo, sono ora infatti (a volte finalmente, si potrebbe dire) riconosciute ed apprezzate opere d’arte, esposte in musei e addirittura vendute o battute all’asta con valori sempre crescenti.
Gli stessi street artisti che venivano perseguiti in base al codice penale ora (finalmente, è il caso di dirlo) sempre più spesso beneficiano della protezione accordata dal nostro ordinamento alle opere d’arte, in primis quella tutela autoriale ai sensi della legge 22 aprile 1941 n. 633 e succ. mod. (la Legge Autore) riconosciuta a tutte le opere dell’ingegno che presentano carattere creativo e che riserva all’autore il diritto (patrimoniale) di non vedere sfruttata economicamente la propria opera senza il suo consenso, a prescindere dall’eventuale liceità o meno e/o da qualsiasi registrazione o fissazione, e gli riconosce il diritto (morale) di opporsi a qualsiasi utilizzo dell’opera che possa essere di pregiudizio al suo onore e alla sua reputazione.
Alcune particolari opere, per il particolare interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico che rivestono, possono poi essere tutelate come beni culturali, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e succ. mod. (il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) e rientrano, pertanto, nel regime di tutela e valorizzazione previsto dall’ordinamento e non possono quindi, di norma, essere spostate, rimosse e financo riprodotte e utilizzate senza il consenso del soggetto che le ha in custodia.
Le opere di street art espressamente tutelale come beni culturali sono (per il momento) ancora poche ma è il caso, ad esempio, di “Tuttomondo”, opera realizzato da Keith Haring sulla parete posteriore del convento della chiesa di S. Antonio a Pisa nel 1989, vincolata dalla Soprintendenza di Archeologia di Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Pisa e Livorno con espresso decreto del Ministero (n. 335/2013) e la più ampia tutela prevista.
È il caso, ora, dei dipinti realizzati nel centro sociale del Leoncavallo a Milano, sito in via Watteau 7 a Milano (https://leoncavallo.org/) e, in particolare, di quelli realizzati nei seminterrati.
La Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Milano ha infatti recentemente riconosciuto, con propria nota di riscontro del 9 maggio 2023, che tali murales, “sono noti al pubblico e agli esperti e sono oggetto di valorizzazione a più livelli”, sono “inclusi nel progetto di ricognizione e mappatura dei murales contemporanei effettuata a livello nazionale da Inward – Osservatorio Nazionale sulla Creatività Urbana per conto della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura” e in procinto di essere inventariati dall’Ufficio Arte negli Spazi Pubblici – inventariazione prodromica a una vera e propria catalogazione, in accordo con la Soprintendenza – e che i graffiti in questione, quali dipinti murali, “risultano sottoposti a tutela ope legis, ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 50 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, articoli che sottopongono a specifiche disposizioni di tutela perlappunto “gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli ed altri elementi decorativi di edifici, esposti o non alla pubblica vista” (così art 11) e che prescrivono per tali beni che sia “vietato, senza l’autorizzazione del soprintendente, disporre ed eseguire il distacco” (così art. 50); con la conseguenza, evidenziata dalla Soprintendenza nel provvedimento, che i murales realizzati nei seminterrati del Leoncavallo “non solo non possono essere deturpati o danneggiati, ma non possono essere staccati, e per estensione distrutti, senza l’autorizzazione della Soprintendenza“.
La nota di riscontro della Soprintendenza milanese recepisce una rinnovata attenzione e considerazione per (almeno alcune del) le opere di street art e costituisce un autorevole provvedimento che potrà, anche nel prossimo futuro, alimentare il dibattito sulla tutela dei graffiti e la valorizzazione di opere che, nate effimere, rappresentano oggi spesso un patrimonio condiviso da custodire e preservare.
Per l’immagine di coeprtina si ringraziano i content creator di Una Milanese a Parigi